

Quando si parla di impresa in Italia, si tende sempre a fare una cosa: spararla grossa. Non si ragiona mai sulla piccola azienda in crisi.
Si va in alto, si citano i numeri e le strategie di mercato delle grandi multinazionali, si cita Coca Cola, Luxottica, BMW, ma ci si dimentica di un elemento fondamentale: l’Italia è un’altra cosa e gli imprenditori alla guida di una azienda in crisi non sono manager strapagati.
È inutile parlare di come aumentare il fatturato e quadruplicare le vendite grazie alle più complesse ed elaborate strategie di mercato applicate dalle multinazionali, quando il tessuto economico ed imprenditoriale italiano è strutturato in gran parte da micro imprese.
Aziende dalle piccole dimensioni che producono o erogano un servizio, che spesso sopravvivono a fatica ai morsi della crisi.
Tra queste, se dovessi fare una graduatoria delle aziende più difficili da rendere profittevoli, i negozi sarebbero sicuramente al primo posto della classifica.
Guardando il conto economico, vengono i brividi.
Già perché un conto è vendere un prodotto o servizio online. Un conto è comprare un capannone nell’estrema periferia e mettere su la propria azienda in mezzo al nulla, in terreni dimenticati dagli uomini e da Dio, un altro è avere un negozio.
I costi fissi sono molto alti rispetto al valore della produzione e tra canoni di locazione, utenze, costi del personale, costi per la sicurezza e imposte locali gran parte del margine delle vendite scompare davanti ai tuoi occhi.
E poi parliamoci chiaro, non puoi avere un negozio in mezzo al nulla, quindi più in centro lo prendi, meglio sarà per i tuoi incassi, ma non altrettanto per le tue tasche.
In pratica ti trovi a lavorare 12 ore al giorno per cercare di ripagare l’affitto di quel locale commerciale carino nel centro di una grande città o una cittadina di provincia.
Se ci fai caso infatti, in ogni grande città la zona centrale è più che altra occupata da grandi brand, marchi che possono insomma permettersi di pagare una certa cifra, non di certo da Antonio il macellaio.
Non sto sminuendo lo sforzo che fanno gli altri imprenditori.
Anche tu, pur non essendo un negoziante, hai spese da affrontare, ma se fai una rapida ricerca sul costo a metro quadro di un negozio in centro e lo confronti con quello del tuo capannone ti renderai conto della differenza abissale di prezzo.
I commercianti sopportano più di altre categorie di imprenditori il peso della burocrazia, devono fare grossi investimenti in anticipo senza i quali non entra in cassa nemmeno un centesimo e sono sotto attacco della concorrenza su tutti i fronti.
Il negoziante che apre dall’altra parte del paese affronta ogni giorno la concorrenza spietata delle grandi catene e della GDO, l’insostenibile confronto sui prezzi dei prodotti venduti on line… i nemici del commerciante sono ovunque.
Per non parlare del fatto che in alcune regioni del Paese sono costretti a pagare le tasse occulte alla criminalità organizzata anche se, a quanto pare, negli ultimi tempi c’è crisi anche in quel settore.
Sembrano dei veri e propri martiri e non voglio fare il drammatico, ma lo sono sono molti punti di vista.
Ecco perché molti negozi vivono in uno stato di crisi aziendale e da diversi anni le saracinesche continuano ad abbassarsi e gli esercizi commerciali a scomparire.
Quello del negozio è un modello di business non efficace che rischia di portare l’ azienda in crisi
Se guardiamo al modello di business, passiamo dalla padella alla brace.
Uno degli elementi più importanti di un business model efficace è espresso dal concetto “se non lo facciamo, non lo vendiamo…”.
In pratica vuol dire che l’unico vero modo per guadagnare facendo impresa è quello di avere un prodotto o un servizio con il proprio marchio sul quale creare i margini per sostenere i costi dell’azienda e perchè no, guadagnare come un imprenditore. Solo in questo modo puoi manovrare i margini di guadagno necessari per tenere sempre sotto controllo la tua situazione economica economia aziendale.
In altre parole, se non vuoi entrare a pieno titolo nell’elenco delle aziende in crisi per poi concentrare le tue energie sul piano di risanamento aziendale
Questo molto spesso non è possibile per chi ha un negozietto di abbigliamento, o anche solo una macelleria, un’attività di elettronica, qualsiasi cosa insomma.
Puoi pensare al marketing quindi, essere uno di quelli che studia e si applica, farti un mazzo così dalla mattina alla sera, ma comunque dovrai fare i conti con il magazzino da smaltire a fine mese.
C’è però una scappatoia per uscire da questa valle di fatica inutile, che è quella di aumentare il margine sullo scontrino, piuttosto che il margine sul singolo prodotto venduto.
Il ragionamento che sta alla base di questo principio è tanto semplice quanto geniale.
Una volta che entra in negozio un potenziale cliente, non solo devi avere personale addestrato a farlo uscire solo dopo che ha comprato, ma devi anche aver preparato delle strategie di up-sell e cross-sell per far uscire il cliente con quanta più roba possibile.
Per farlo devi proporre delle offerte irresistibili, ma devi stare attento a non perdere soldi. E qui casca l’asino.
Immagina di dover applicare questo sistema nel tuo negozio.
Come fai a controllare ogni singola vendita? Come fai a capire se i tuoi dipendenti stanno vendendo di più o di meno della settimana scorsa?
In questo articolo ti racconto come abbiamo creato un sistema di controllo di gestione semplice ed efficace per mettere sotto controllo anche una piccola azienda.
Gli strumenti di controllo per salvare un’ azienda in crisi
Mi sono trovato a parlare di queste cose con una mia cliente.
Questa persona ha un esercizio commerciale in uno dei settori più complessi che io conosca (complessi in termini di portarli in utile). Gestisce una tabaccheria collegata ad una sala scommesse.
Non so se lo sai ma questo genere di attività commerciali hanno volumi d’affari enormi, ma i margini sulle vendite sono a dir poco ridicoli.
In pratica ogni vendita porta nelle tasche del negoziante pochi centesimi di euro, anche se a guardare gli estratti conto c’è da restare a bocca aperta. La mia cliente, con una tabaccheria in un piccolo paesino, genera un volume d’affari di circa 2 milioni l’anno.
Solo che i flussi di cassa reali (non gli utili) sono solo lo 0,023% del volume d’affari. Circa 50 mila euro, tanto per capirci. Si fa fatica a finanziare il marketing in questo modo. Figurarsi a guadagnare veramente.
Aveva compreso a pieno quello che le stavo dicendo, aveva anche capito come applicarlo e aveva iniziato a pensare alle diverse combinazioni che poteva offrire per aumentare il valore medio della transazione del cliente.
Ma aveva un dubbio.
“Come faccio a capire se funziona o meno? Come faccio a controllare se quelli che lavorano per me fanno quello che dovrebbero?”
Quello di cui avrebbe bisogno è un sistema di controllo di gestione molto sofisticato, magari supportato da un programmino informatico costruito ad hoc, che ti permetta di tenere monitorate tutte le variabili.
Ma parliamo di un locale commerciale composto da una tabaccheria, una sala scommesse e un bar. Con un volume d’affari importante per una piccola impresa, ma con margini talmente risicati da costringere la mia cliente a sfruttare costantemente a tappo un fido di cassa da più di 100 mila euro.
Non proprio la condizione ideale per fare un importante investimento in un costoso sistema di monitoraggio delle vendite al dettaglio, tipo quelli utilizzati da McDonald e dalle grandi catene in franchising.
Ma di quel sistema c’è assolutamente bisogno se vuoi ottenere il massimo dalle strategie di massimizzazione del guadagno sulle vendite.
Altrimenti corri il rischio di:
- Generare perdite se non hai fatto bene i conti e non sei in grado di monitorare l’andamento delle vendite nel tempo;
- Non riuscire a controllare che i tuoi dipendenti applichino le strategie che hai ideato e quindi ottieni un risultato molto più scarso di quello che potresti in realtà raggiungere.
Ecco perché ho lavorato su un modello che potesse essere utile a controllare le vendite di centinaia di prodotti come quelli di una tabaccheria, senza dover fare investimenti in tecnologia e senza dover passare le nottate ad impazzire davanti ad un complicatissimo foglio excel.
Ed è proprio di un modello come questo che avresti bisogno se ti trovi una condizione simile.
Quindi vediamo come costruirlo passo dopo passo in modo da evitare che la crisi finanziaria possa diventare parte della tua vita quotidiana.
Partiamo dalle basi.
Le variabili fondamentali di un modello di controllo di questo tipo sono il valore del singolo scontrino e il numero di persone che entrano nel locale. Quindi devi monitorarle riducendo al minimo il margine di errore.
Fin qui tutto semplice direi.
Per quanto riguarda il valore scontrino, il problema non si pone. Hai il registratore di cassa.
Il monitoraggio degli ingressi nel locale è un aspetto spesso sottovalutato dai negozianti, ma è una variabile fondamentale per calcolare le performance delle strategie di marketing e vendita.
Le persone che entrano in negozio sono l’equivalente fisico delle visite del tuo sito internet. Una variabile che da sola ha poco senso, ma è la base se vogliamo lavorare sul marketing come si deve.
Sai quante persone entrano ogni giorno nel tuo negozio?
Se la risposta è no, devi organizzarti con un “contatore automatico” che ti permetta di monitorare gli ingressi dei potenziali clienti. Non puoi affidarti alla memoria, né alla precisione della tua commessa.
Fatto questo investimento da poche centinaia di euro, sei a cavallo.
Rapportando gli indicatori dei ricavi (totale scontrini, valore medio scontrino, ecc…) con il numero di ingressi nel locale, hai l’unità di misura dalla quale partire per controllare come stanno andando le tue strategie di marketing e vendita.
Se ad esempio confronti il valore medio scontrino con il numero di ingressi riesci a capire quanto spende in media chi entra in negozio. Se invece rapporti il numero di scontrini al numero di ingressi puoi sapere quante delle persone che entrano acquistano qualcosa, in poche parole hai davanti le tue conversioni.
Bisogna cambiare prospettiva e pensare al margine sullo scontrino e non sul singolo prodotto, come dicevo poco fa.
E il calcolo in questo caso è molto semplice.
Sottrai dal totale scontrino il costo unitario di acquisto dei beni (quanto è costato a te in parole povere) per ricavare il margine e monitorarne l’andamento nel tempo, a seconda delle singole strategie di up-sell e cross-sell che decidi di implementare.
Un sistema così semplice è sufficiente?
La risposta è dipende. Quando si parla di controllo di gestione il livello di complessità che si può raggiungere è potenzialmente infinito.
Ci sono aziende strutturate in grado di monitorare il costo al minuto di un dipendente, il tempo medio di attesa, gli spostamenti provocati da una singola variabile nella strategia di vendita del negozio.
Ma i negozianti come la mia cliente, che faticano ad utilizzare i sistemi informatici e non sanno nemmeno cosa sia un foglio excel, potrebbero non voler mai arrivare a questo livello di sofisticazione.
Per molti di loro, monitorare questi indicatori però è sufficiente a cogliere tutti i benefici delle strategie di marketing adottate e per capire quando qualcosa non va, prima che sia l’azione legale di un creditore a fargli notare che stanno perdendo soldi.
“Quindi seguendo questi consigli potrò monitorare i miei conti e le cose andranno meglio?”
Dipende. Io odio rispondere dipende, posso assicurartelo, mi infastidisce profondamente non avere una buona risposta in mano da dare, niente certezze.
La verità è che per quanto io sappia esattamente che quello che comunico e trasmetto vale per TUTTI, non conosco il tuo caso specifico, c’è un fattore che può rovinare ogni cosa.
Quale?
Il tempo.
Non so a che punto sia la tua azienda, non so se i conti siano già in difficoltà, se stai già arrancando per arrivare a fine mese.
Se la sera prima di andare a dormire non fai altro che pensare a tutti i pagamenti che hai da fare probabilmente devi intervenire più urgentemente, è giusto che ti informi e studi come poterne uscire, ma la verità è che hai bisogno di un intervento più veloce, più efficace.
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È solo questione di tempismo, scegli tu se aspettare o salvare ora il futuro della tua azienda.