

Lo scorso venerdì ho incontrato uno dei miei clienti, un imprenditore del settore del mobile che ha riposto in me l’ultima speranza per salvare dal fallimento il sogno imprenditoriale a cui sta lavorando da quando aveva 16 anni.
Marco oggi di anni ne ha 65 ed ha vissuto da protagonista ogni ciclo economico che l’Italia ha attraversato. La sua azienda ha vissuto periodi buoni e periodi meno buoni, anni eccezionali ed anni drammatici.
Ma non aveva mai conosciuto una fase come questa.
Le aziende del suo settore sono state letteralmente decimate negli ultimi nove anni, come ha più volte evidenziato Federlegno nei report annuali sull’andamento del mercato, nei quali il numero di fallimenti registrati è in costante aumento.
Da quando è scoppiata la crisi, infatti, la maggior parte dei mobilifici ha chiuso i battenti e ancora oggi il comparto dell’arredamento sta attraversando un periodo di grande depressione.
I clienti hanno meno denaro da spendere e sono cambiate le loro abitudini di spesa.
La maggior parte di essi, quelli che compravano mobili di media fattezza, ha orientato le proprie preferenze verso i prodotti di fascia bassa, che sono monopolio di alcuni grandi gruppi nazionali e internazionali.
La qualità delle produzioni, la cura dei dettagli, la ricercatezza dei materiali non sono più fattori che guidano le preferenze dei clienti, che sono invece influenzare dal prezzo o, in alcune nicchie specifiche, dal marchio.
Come dicevo, tutte le aziende del comparto arredamento hanno subito un notevole calo del fatturato, ma non tutti gli imprenditori si sono arresi al manifestarsi dei primi segnali di crisi.
Gli imprenditori come Marco, quelli che hanno sempre creduto nella loro capacità di reinventarsi, nei primi anni della crisi hanno investito i risparmi accumulati per aprirsi altre strade e portare oltre confine i loro prodotti.
Così alcune aziende sono sopravvissute alla prima ondata di crisi esportando i prodotti nelle nazioni in via di sviluppo, dove un numero sempre maggiore di “nuovi ricchi” era disposto a pagare il prezzo per i prodotti di qualità realizzati in Italia.
Marco era uno di questi.
Perché falliscono i primi tentativi di salvare l’azienda dal fallimento, anche quando tutto sembra che stia andando per il verso giusto
Quando nel 2010 la sua azienda era andata in crisi la prima volta, aveva provato a venderla ad un investitore che gli era stato presentato dal suo commercialista di fiducia. L’accordo prevedeva la cessione tramite affitto d’azienda con patto di riscatto alla fine del periodo di locazione.
In pratica questo soggetto sarebbe diventato, da subito, il legittimo utilizzatore dell’azienda di Marco, sfruttando le attrezzature, gli operai, i clienti, le competenze e i brevetti, ma l’avrebbe pagata un po’ per volta.
A Marco sarebbe rimasta la proprietà e i debiti da pagare, che sulla carta avrebbe rimborsato grazie ai canoni di affitto incassati dall’affittuario.
Solo che, come capita spesso in questi casi, chi aveva preso in affitto l’azienda non l’aveva pagata e Marco era rimasto con un pugno di mosche, con i debiti da pagare e l’amaro in bocca per essere stato “truffato”.
Aveva fatto di tutto per riprendersela e di fatto aveva dovuto pagarla come se non fosse già stata sua, ma ci era riuscito ed aveva messo in atto il suo progetto di rilancio dopo aver sventato una istanza di fallimento.
Con la valigia piena di cataloghi era partito alla volta dei Paesi dell’Est per conquistare nuovi mercati e c’era anche riuscito. Russia, Ukraina e Polonia erano diventati i suoi nuovi mercati di sbocco.
Le linee erano piaciute, gli ordini erano ripartiti e la fabbrica era tornata in produzione, coinvolgendo anche molti artigiani del circondario. Quello che i giornalisti chiamano indotto.
Per qualche anno molte delle aziende che esportavano in questi Paesi hanno fatto fronte alla carenza di ordini dal mercato domestico con quelli provenienti dai clienti stranieri.
Con un’economia in crescita e migliaia di persone pronte a comprare italiano, le nazioni dell’ex unione sovietica erano il mercato di sbocco naturale per le aziende artigiane di mezza Italia.
Fino a quando non c’è stato l’embargo che ha tagliato loro le ali.
Ma gli imprenditori come Marco sono persone che non si arrendono all’idea di finire fallito.
Perché non puoi salvare l’azienda dal fallimento semplicemente investendo i tuoi risparmi
Negli ultimi due anni per rimediare al crollo del fatturato provocato dalla crisi Russa, Marco ha investito in azienda molti soldi. Ogni sei mesi 50… 60… 80 mila euro dei suoi risparmi sono stati investiti in azienda.
Per pagare i fornitori, coprire le perdite e continuare a tenere attiva la fabbrica.
Soldi bruciati più velocemente di un foglio di carta in un camino, denaro letteralmente ridotto in cenere senza nessuna utilità per salvare l’azienda dal fallimento.
Si, aveva coperto i buchi, ma cos’altro?
Aveva solo rimandato il peggio.
Statisticamente, quasi il 90% delle aziende mostra segnali di insolvenza tre anni, prima di finire su un binario morto portando i libri in tribunale per la dichiarazione di fallimento.
Incredibile vero?
Questo è il dato emerso da una recente indagine sulle procedure fallimentari degli ultimi 10 anni.
In pratica 9 aziende su 10 resistono circa tre anni da quando si manifestano i primi segnali di crisi aziendale prima che l’imprenditore, esausto e privo di forze, sia costretto ad arrendersi all’idea di portare i libri in tribunale.
Tre anni pieni di dita incrociate, nella speranza che le vendite ripartano, tre anni di inutili tentativi di trovare una soluzione per continuare a lavorare con i fornitori migliori, tre anni fatti di incontri con i direttori di banca.
Passano solo mille giorni dal momento in cui si iniziano a manifestare i primi segnali di crisi finanziaria perché l’imprenditore si arrenda. Ma sono i tre anni più lunghi della vita della tua azienda.
Marco non è rimasto con le mani in mano.
Ha concentrato tutte le sue energie, i suoi sforzi, per creare una nuova collezione. Ho visto le foto, è veramente bellissima.
Solo che i soldi spesi per creare il campionario non sono bastati a completare la linea ed oggi, a distanza di due anni e con più di duecentomila euro investiti, il magazzino della sua azienda è pieno di linee incomplete che non riuscirà a vendere.
Ma nemmeno a produrre.
Non ha le risorse per completare i cataloghi, ma soprattutto, per gli investimenti in marketing e vendite necessari ad acquisire nuovi clienti.
Ecco perché, quando è venuto da me, Marco è scoppiato in lacrime.
Con il suo commercialista si è parlato di come chiudere l’azienda senza farla fallire, delle contromisure da adottare per rimediare al fatto che solo sei mesi fa Marco, la moglie e la figlia, erano stati “costretti” a firmare dei piani di rientro con le banche garantiti dalle loro firme.
Abbiamo tirato fuori gli scheletri dall’armadio e guardato alla situazione in maniera cruda e distaccata, ma non senza il rimpianto per gli errori fatti e che potevano essere evitati.
Solo che non è quello che Marco sperava.
Ecco un piccolo trucco per cogliere i segnali di crisi e salvare l’azienda dal fallimento
Muoversi per tempo, adottando le contromisure corrette, è vitale per la sopravvivenza dell’impresa, ed è l’unico modo per tutelare l’imprenditore e la sua famiglia, i dipendenti, i fornitori e perfino le banche dalla procedura fallimentare.
Sono ormai dieci anni che lo ripeto in tutti i modi possibili.
Il momento in cui ti accorgi che la crisi é iniziata, le azioni che fai perché l’azienda vada avanti, la capacità di ridurre al minimo gli errori di gestione che ti portano a sprecare le ultime risorse aziendali (e magari a commettere anche qualche reato fallimentare) sono elementi fondamentali nel determinare il successo o il fallimento della ristrutturazione finanziaria della tua azienda.
Se vuoi salvare l’azienda dal fallimento, devi muoverti per tempo, non appena ti rendi conto dei primi segnali della crisi.
“Ma quali sono questi segnali di crisi e come fare a determinarli?”
Ci sono essenzialmente due strade dalle quali partire.
Quella empirica e quella basata sui dati di bilancio.
Partiamo da quella sperimentale.
Ti puoi rendere conto che la tua azienda sta prendendo la strada della crisi, semplicemente guardando al saldo dei tuoi conti correnti.
Una crisi finanziaria, infatti, ha un impatto evidente nei conti aziendali e nel modo in cui questi vengono utilizzati. Il modo migliore per rendersi conto di quello che sta succedendo alla tua azienda è quindi quello di analizzare l’andamento storico delle tue linee di credito.
Un’azienda completamente finanziata con le linee di credito a breve, che utilizza sempre fino al massimo possibile i fidi di cassa, che non ha soldi a meno che non riesca ad anticipare una nuova fattura e che non riesce a pagare i propri debiti con lo Stato è su un sentiero pericoloso.
A meno che non ci sia una pianificazione sull’utilizzo di alcune leve, questi sono segnali evidenti che qualcosa non sta funzionando come dovrebbe.
Molti imprenditori si fanno forza dicendo che va così per tutti. Mal comune, mezzo gaudio, dicono. Solo che non è così.
Per una serie di ragioni che non sto qui a spiegare, il fatto che vada male per tutti non servirà a far stare meglio te, anzi. I creditori diventano più aggressivi, le azioni di recupero del credito sono più rapide e gli interventi per salvare l’azienda dal fallimento molto più difficili da realizzare.
Ti basti pensare, ad esempio, che per poter incassare i crediti garantiti da ipoteca, i mutui per intenderci, le banche si sono organizzate creando una propria rete di agenzie immobiliari attraverso le quali vendono gli immobili dei loro clienti in crisi.
In questo modo la procedura di riscossione diventa sempre più rapida e il tuo tempo per reagire e salvare l’azienda dal fallimento, sempre più difficile.
Quindi, ricapitolando: fidi utilizzati a tappo, rate pagate in ritardo (o quasi) e anticipi necessari come l’ossigeno.
Anche senza guardare un solo numero del tuo bilancio, questi sono segnali di crisi che devi cogliere immediatamente, se vuoi trovare una soluzione.
Ma mettiamo il caso che tu abbia anche un bel bilancio da controllare e un commercialista che ti da una mano a farlo.
Quali sono i segnali di crisi più evidenti che puoi ricavare dal bilancio?
Per avere un quadro dettagliato dei segnali di crisi sarebbe necessaria un’analisi di bilancio, che preveda una riclassificazione delle voci utilizzate per depositare il fascicolo in Camera di Commercio e che metta in evidenza la capacità di generare cassa positiva.
Potresti chiederlo al tuo commercialista, ma non è un lavoro che tutti sono disposti a fare. Soprattutto se, magari, dato che sei in crisi non lo paghi da un po’ di tempo.
Partiamo quindi dal presupposto che nessuno ti analizzi il bilancio.
Cosa devi guardare?
I debiti, il magazzino e i crediti verso i clienti.
Individua queste voci, analizzale comparandole con gli anni trascorsi e verifica il loro andamento. In maniera iper semplificata, se stanno aumentando, la tua azienda potrebbe essere sulla via che porta al fallimento.
“Ma se i crediti aumentano, sto andando bene!”
Ehm, si beh, insomma. Nella maggior parte dei casi, un aumento nei crediti è sintomatico del fatto che, pur di vendere, stai concedendo ai tuoi clienti delle condizioni di pagamento insostenibili per te.
Come salvare l’azienda dal fallimento, prima che sia troppo tardi?
Marco ha lasciato il mio ufficio carico di speranze.
Dopo aver chiuso la telefonata con il commercialista abbiamo scavato più a fondo, siamo andati più in nel dettaglio ed abbiamo stabilito una strategia per liberare l’azienda dai debiti e rilanciarla rispettando i vincoli imposti dalla legge fallimentare.
Marco investirà una piccola somma di denaro per completare la linea e contattare i rivenditori, preparando i cataloghi e quanto necessario per far ripartire le vendite.
Riprenderà in mano la sua valigia e tornerà a fare quello che sa fare meglio.
Vendere i suoi prodotti.
Avrà il tempo per farlo perché, nel frattempo, a casa, saremo noi, insieme a sua figlia, ad occuparci dei problemi che lo hanno tenuto inchiodato alla scrivania negli ultimi due anni.
La gestione professionale dei debiti aziendali fatta con il Metodo Di Domenico Debiti™ ti permette di delegare gli impegni che assorbono la maggior parte della tua giornata ad un team di consulenti specializzati nel trattare le problematiche di liquidità delle aziende come la tua.
Una volta affidato l’incarico vengono valutate le condizioni di partenza e si individuano le aree dalle quali poter ricavare la liquidità che ti serve per ripartire.
Quello che abbiamo fatto con Marco, il protagonista di questa storia, possiamo farlo anche con te e la tua azienda.
Il mio Metodo si basa sull’autofinanziamento, cioè sulla capacità dell’azienda di generare gli incassi necessari per finanziare il proprio sviluppo.
Ma per farlo bisogna gestire le uscite, negoziare i debiti e chiudere gli accordi che servono ad eliminare gli ostacoli che vedi oggi sul tuo cammino: i debiti che devi pagare.
Ed è questo che fanno i professionisti specializzati che lavorano con me.
Parlano con i clienti per decidere come muovere ogni centesimo, negoziano con i fornitori le condizioni per far non interrompere i rapporti commerciali, chiudono accordi transattivi con le banche, per evitare che aggrediscano i beni aziendali e quelli dell’imprenditori.
Tutto il giorno, tutti i giorni.
Con circa 1700 casi gestiti e circa 300 imprenditori in crisi seguiti quotidianamente (in media), siamo lo staff tecnico che i nostri clienti utilizzano per liberare la loro azienda dai debiti.
Quello di cui avrebbe bisogno anche la tua azienda, adesso, prima che sia troppo tardi.
Ma perché il Metodo Di Domenico Debiti™ funzioni anche per te, bisogna capire appunto, se siamo ancora nelle condizioni per intervenire a risolvere i tuoi problemi di indebitamento.
Puoi richiedere una CONSULENZA GRATUITA personalizzata con uno specialista, in grado di aiutarti a capire la direzione da prendere e di spiegarti come noi risolviamo queste problematiche applicando il Metodo Di Domenico Debiti™.
Durante il colloquio potrai scoprire quali soluzioni specifiche possono risolvere il tuo problema e anche se è possibile aiutarti tramite il nostro Metodo.
Prenota ORA una CONSULENZA GRATUITA personalizzata per scoprire se sei ancora in tempo per poter salvare tutto quello che hai costruito con fatica.
Ad maiora
Giuseppe