

“Il direttore di Banca UMBI mi ha chiamato questa mattina per dirmi che se non verso subito 10 mila euro parte con la revoca del fido bancario e la segnalazione a sofferenza”.
La sua voce tremava e dalla cornetta del telefono si riusciva a sentire l’angoscia che stava provando dopo aver ricevuto quella sgradevole telefonata, che le era suonata più come una minaccia che come una soluzione tecnica ad un problema di finanza.
D’altronde non era la prima volta che ci trovavamo ad affrontare una situazione del genere.
Quando la tua azienda sta andando nella direzione sbagliata, i soldi non entrano e non incassi il denaro necessario a fare fronte a tutti i debiti, è normale ritrovarsi ad un certo punto a doverti confrontare con la minaccia di revoca del fido bancario.
A dire il vero, non tutti i direttori utilizzano un tono minaccioso.
Ma non è così strano trovarsi dall’altra parte della scrivania un funzionario di banca particolarmente zelante, con fare sbrigativo e toni minacciosi, che ha visto un po’ troppe volte le repliche del Padrino e si relaziona con gli imprenditori come il buon vecchio Don Vito.
La revoca del fido è uno di quegli eventi che sconvolgono la vita di un imprenditore abituato da anni a contare su quelle somme prestate dalla banca.
E la sola minaccia rischia di mandare nel pallone anche le menti più lucide.
Poco importa se sono anni che il conto è sempre in rosso, il fido è utilizzato a tappo da nemmeno tu sai più quanto tempo e per poter muovere anche un solo centesimo è necessario che arrivi un bonifico dai clienti.
Non conta che di fatto, se i tuoi conti correnti sono in questo stato asfittico, stai già lavorando da tempo solo con i tuoi soldi.
La sola esistenza di un contratto di fido di cassa ti da in qualche modo sicurezza, una sicurezza che viene spazzata via quando minacciano la revoca del fido.
Ed era per questo che Erica era rimasta così colpita dalla telefonata.
La sua azienda era in crisi da molto tempo, bruciava denaro come il fuoco di un camino acceso brucia i rametti secchi, aveva accumulato debiti con le banche, con i fornitori, ed era perfino in arretrato nel pagamento degli stipendi.
Avevamo già subito degli “attacchi” dalle banche ed avevamo trovato la via d’uscita senza nemmeno troppi spargimenti di sangue.
Eravamo stati attenti a chiudere accordi sostenibili sulla base del margine medio della sua produzione.
Ma quella telefonata, come tutte le precedenti, gli era entrata nel cervello come un tarlo ed aveva scatenato in lei un miscuglio di sensazioni; dall’angoscia, alla paura, alla rassegnazione, alla rabbia…
“E se gli proponessi di fare un mutuo sugli appartamenti che ho ereditato?”
L’unica soluzione che gli era venuta in mente dopo la telefonata con il direttore, prima di chiamare il gestore che la stava aiutando da mesi a gestire i problemi finanziari della sua azienda, era quella di regalare alla banca il diritto di mandare all’asta i beni ereditati senza nemmeno aver bisogno di provare l’esistenza del credito.
“Oppure potremmo fargli causa…”
Sapeva bene che non poteva affrontare il costo di una causa con la banca. In quelle lotte tra Davide e Golia, le possibilità che il gigante crolli sono molte meno di quanto vogliano far credere gli spaccia-perizie.
Ci era già passata, aveva già buttato via i soldi per la perizia e la causa, il suo travaglio era iniziato proprio da quella maledetta causa.
Non voleva davvero fare causa alla banca.
La sua vera paura era quella di ritrovarsi a dover restituire all’improvviso quella somma e di ricascare nel baratro dal quale lentamente lo stavamo tirando fuori.
Non aveva i soldi per restituire la somma in un’unica soluzione.
Aveva solo paura delle conseguenze, come capita a tutti gli imprenditori, insomma.
“Ma come avviene la revoca del fido?”
Quando arriva la lettera di revoca del fido la banca ti chiede la restituzione dell’importo in un’unica soluzione.
La raccomandata o la PEC che ricevi riporta solo poche, glaciali parole, con le quali sei “invitato” a rimborsare il prestito entro 10, 15 giorni al massimo, e ti ricorda che secondo le regole della Banca d’Italia, se non rispetti la scadenza, potrai essere segnalato a sofferenza.
É normale avere paura.
Revoca fido: cosa fare
Qual è il modo giusto per reagire alla minaccia di revoca del fido bancario:
Il vero problema scatenato dalla revoca del fido bancario è l’impossibilità di utilizzare i soldi che arrivano sul conto corrente. Anche se non tutti gli imprenditori se ne rendono conto.
Succede più o meno questo.
Le operazioni in uscita vengono bloccate, gli addebiti automatici vengono rifiutati e perfino gli assegni vengono rimandati indietro protestati, anche se avresti la disponibilità teorica per saldare l’importo dovuto.
Non puoi più usare il conto corrente. È di questo che devi preoccuparti.
Hai emesso assegni?
Il RID del mutuo viene addebitato su quel conto?
Primo passo
Contatta i tuoi fornitori, trova il modo di pagare il mutuo manualmente, in modo da evitare il protesto di un assegno o la decadenza del beneficio del termine sugli affidamenti ipotecari.
Devi abituarti a non utilizzare quel conto corrente, né il suo saldo negativo.
La gestione ordinaria deve passare da un conto corrente attivo, in modo che tu possa continuare a far lavorare la tua azienda anche senza utilizzare il conto corrente collegato alla revoca del fido.
Tutto qui?
Assolutamente no, queste sono solo le operazioni di emergenza. Quelle necessarie a non farti chiudere bottega domani mattina. Le cose che devi fare se vuoi far sopravvivere l’azienda anche dopo aver ricevuto la lettera di revoca del fido.
Ma il debito con la banca esiste e, in qualche modo, dovrai occupartene.
Prima di decidere la strategia, però, lascia che ti spieghi quali sono gli errori che non devi assolutamente commettere per evitare che la tua situazione di difficoltà finanziaria si trasformi in una crisi senza rimedio.
Gli errori da evitare se il direttore minaccia la revoca del fido
La revoca del fido non arriva mai nel vuoto, nel senso che la minaccia non è mai fine a se stessa. L’obiettivo del direttore è ottenere la restituzione della somma che la banca ti ha prestato, nel minor tempo possibile e nel miglior modo possibile.
Il miglior modo per la banca, naturalmente.
In generale, e in particolare in questa delicata fase di revoca del fido, quando ti siedi per il tuo appuntamento in filiale dall’altra parte della scrivania non hai un amico, non hai un consulente e non hai assolutamente un consigliere.
Chi siede di fronte a te, il direttore o il funzionario di turno, ha l’unico obiettivo di trovare la strada per recuperare i soldi della banca nel minor tempo possibile e di aumentare le possibilità che questo avvenga.
Trappola # 1 – Aumentare le garanzie alla banca in cambio del piano di rientro
Uno dei primi tentativi di recupero è quello di pianificare un piano di rientro dell’esposizione in essere.
La proposta può arrivare in due modi diversi.
Se la posizione in Centrale Rischi non è ancora gravemente compromessa, il direttore può azzardare perfino la richiesta di un piccolo mutuo, un finanziamento con importo pari al saldo negativo del conto che gli permetta di saldare il debito residuo.
Di “mettere a posto il conto”, come dicono loro.
Quando accorpano più linee di credito a rientro, la chiamano operazione di consolidamento dei debiti.
Se invece non è più possibile erogare il finanziamento, ti proporrà semplicemente un piano di rientro volontario sul totale del debito. Niente sconti, niente agevolazioni, solo rate sulle quali pagherai gli interessi.
Il conto resterà bloccato ma sarai costretto a convogliare le tue entrate per saldare lo scaduto.
In entrambi i casi (soprattutto nel primo) è probabile che la banca ti proponga un’operazione che aumenta il numero dei garanti o il valore delle garanzie a suo favore. La moneta di scambio è sempre quella maledetta segnalazione a sofferenza.
Nella fase in cui ti trovi, concedere un’ipoteca, firmare una cambiale o un assegno a garanzia (sì, te lo chiedono anche le banche) o convincere qualcuno a firmare le fideiussioni a garanzia del rientro sono errori che rischiano di costarti molto caro.
Non importa che tu sia già esposto con le fideiussioni personali.
Quello che stai firmando peggiorerà la tua posizione e migliorerà quello della banca.
D’altronde, se così non fosse, che ragione avrebbe il direttore di condizionare il piano di rientro a quella ulteriore concessione?
Trappola # 2 – Accettare piani di rientro insostenibili
Uno degli errori peggiori che ho rilevato analizzando i casi dei miei clienti più in crisi è stato quello commesso dagli imprenditori che hanno tentato, da soli o aiutati da qualche professionista dilettante, di concordare dei piani di rientro insostenibili con le banche.
In pratica l’idea che sta dietro questa bislacca strategia è questa: prendo tempo, i creditori si calmano e incrocio le dita sperando di farcela.
Quando l’imprenditore da solo porta avanti le trattative, è l’ottimismo imprenditoriale ad accecare la ragionevolezza degli accordi. Quello e la pressione psicologica esercitata dalle figure di riferimento in filiale.
Se è il professionista a concordare simili rientri, la situazione è più drammatica. La ragione principale alla base di questo scivolone è che il professionista non ha analizzato o compreso le dinamiche aziendali.
D’altronde, se vai da un avvocato col decreto ingiuntivo della banca, quello pensa a preparare l’atto di difesa, mica a fare in modo che quell’atto non provochi danni alla tua azienda… e se vai dal commercialista con la cartella esattoriale, al massimo ti presenta l’istanza di rateazione, mica considera le implicazioni sulla capacità di sostenere il peso finanziario di quelle rate.
In ogni caso, a prescindere dal colpevole, il rischio che corri accettando un piano di rientro insostenibile è quello di accelerare il processo di recupero crediti.
Nulla fa scattare i segnali di allarme delle banche più di un piano di rientro non rispettato.
Trappola # 3 – Rinunciare ad investire nella crescita della tua impresa
Ho conosciuto imprenditori che, pur di rispettare il piano di rientro firmato con la banca, rinunciavano a qualsiasi opportunità di crescita della propria azienda.
Dipendenti licenziati, investimenti interrotti, perfino ordini rifiutati…
Il problema di una gestione finanziaria di questo tipo è che in questo modo l’azienda non fa altro che avvitarsi su se stessa.
Meno lavoro = Meno fatturato = Meno margini di guadagno = Meno possibilità di pagare i debiti arretrati
Non c’è modo di sfuggire a questa formula.
Le aziende in crisi hanno bisogno prima di tutto di lavorare. Tramite il lavoro è possibile risolvere la crisi finanziaria, mentre al contrario, risanare i debiti è una condizione che da sola non ti permette di aumentare i tuoi margini di guadagno.
Cosa puoi davvero fare per affrontare la minaccia di revoca del fido bancario?
La soluzione è una… quella di convogliare le risorse economiche rimaste per portare nuovo lavoro in azienda e negoziare con le banche accordi che ti permettano di risparmiare sul debito da restituire.
Per migliorare l’equilibrio finanziario della tua azienda ed evitare che la revoca del fido dio cassa possano farti estinguere come un dinosauro, devi concentrarti sul tuo lavoro e nello stesso tempo ottenere dalle tue banche il massimo sconto possibile sul debito residuo.
È l’unica strada per far fronte al debito che si è accumulato a causa dei problemi del passato.
Abbandona la ricerca di un nuovo fido, liberati del vincolo imposto dalle banche e riprendi in mano le redini della tua azienda ripensando alla parte commerciale.
In questo modo riuscirai ad innescare il corretto meccanismo di gestione finanziaria dell’impresa fatto da vendita-incasso-pagamento che ti permetterà di renderla finanziariamente solida e eliminare per sempre i rischi ai quali stai andando in contro fino a questo momento.
So che non è facile, niente può essere lasciato al caso.
Questo è sempre uno degli interventi più delicati che mettiamo in pratica in ogni azienda. La verità è che vorrei darti dei dati più precisi, ma dipende dal tuo specifico caso.
Non conosco i tuoi problemi in particolare, ma quello che posso dirti è che aspettare che qualcosa si risolva NON è la strategia giusta in NESSUN caso.
Per darti più informazioni avrei bisogno di entrare nel dettaglio del tuo Business Plan per farti DAVVERO comprendere ciò che serve, per riuscire a capire come hai impostato tu i tuoi rapporti di fornitura, non lo posso sapere, lascio a te questo compito.
Per questo il mio percorso con ogni imprenditore che vuole salvare la sua azienda inizia sempre con un’analisi preliminare in cui si raccolgono tutti i materiali necessari a capire quale sia lo stato di salute dell’azienda e sopratutto cosa potrebbe succederle da un momento all’altro se continui sulla strada che stai intraprendendo.
Questo è quello che potremmo fare anche per te, definire e analizzare le tue linee di credito, il tuo fatturato, il tuo rapporto con in fornitori per far sì che tu sappia come e da dove iniziare per salvare il tuo business.
Con più di 1700 casi gestiti e circa 300 imprenditori in crisi seguiti quotidianamente (in media), siamo lo staff tecnico che i nostri clienti utilizzano per liberare la loro azienda dai debiti a partire proprio da quella prima valutazione.
Quello di cui avrebbe bisogno anche la tua azienda, adesso, prima che sia troppo tardi.
Pensi sia troppo tardi? Oppure troppo presto?
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