

Ci sono degli “errori” fissati nel cervello di ogni imprenditore, errori che tutti commettono quando usano i fidi bancari, errori commessi a prescindere dal settore di appartenenza e dagli anni di esperienza, che dopo qualche tempo portano alla revoca del fido.
Sono azioni impresse nella quotidianità, atti che inizi a compiere nel momento in cui ti accordano il primo fido in banca, che alla lunga entrano nella tua routine e smettono di essere “manovre straordinarie”, ma diventano vere e proprie consuetudini.
Dietro ad alcune di queste normali azioni si celano degli errori gravissimi che rischiano di minare alla base il tuo sogno imprenditoriale e di portare alla revoca brutale del fido.
Ma prima di addentrarmi nel dettaglio in questo tema, prima di svelarti le azioni che compi e che ti stanno accompagnando verso la revoca del contratto di affidamento bancario, ci tengo a fare una precisazione.
Non esiste un manuale dell’imprenditore e non esiste un corso nel quale imparare a fare questo mestiere. Non esiste un’università, un sistema, un modo preciso… Ci sono una serie di strategie per far funzionare i singoli reparti dell’azienda che devono essere testate e adattate.
Se ci pensi è anche un po’ strano.
Ci sono corsi che ti insegnano a fare più o meno qualsiasi lavoro, che servono a formare i tuoi dipendenti insomma, ingegneri, architetti, avvocati, medici, tutti hanno una professione ben definita da un foglio di carta che dice chiaramente che possono fare quel mestiere.
Non esiste invece nulla del genere per te che fai impresa e che sei una parte sostanziale del tessuto economico del Paese in cui lavori. Nessuno che ti insegni quello che puoi o non puoi fare con le tue linee di credito.
Dunque se commetti questi errori non devi sentirti in colpa, o pensare di aver sbagliato tutto, non è di certo questo il mio scopo.
L’obiettivo qui infatti è quello di cancellare quei problemi, smettere di sentirsi in colpa e risollevare la tua azienda.
Su questo devi concentrarti.
Dopo questa piccola premessa possiamo iniziare.
Ecco come avviene la revoca del fido bancario e quali sono i segnali premonitori che devi saper cogliere
Molti imprenditori utilizzano gli affidamenti bancari in maniera scorretta e questa modalità li conduce, con il passare del tempo, alla revoca del fido.
Lo fai tu, lo faceva tuo padre e lo faceva tuo nonno prima di lui… agiscono in questo modo tutti gli imprenditori che ti circondano ed è per questo che nessuno considera realmente un errore determinati comportamenti, almeno fino a quando non arriva la revoca del fido bancario.
“Ma di cosa stai parlando?”
Ci sto per arrivare, ma prima devo spiegarti come funziona il fido bancario nella maniera più semplice possibile.
Quando ti concede un affidamento bancario il tuo istituto di credito destina alla tua azienda una parte dei soldi che ha raccolto dai risparmiatori o dai prestiti ottenuti dalla Banca Centrale Europea.
Lo scopo è quello di maturare interessi sulle somme che tu effettivamente utilizzi, interessi che costituiscono una parte dei ricavi della banca.
Tu puoi utilizzare secondo le tue esigenze il fido bancario e alla banca conviene che tu lo faccia, ma c’è un problema. Per ogni affidamento bancario la banca è costretta a mettere da parte una certa somma di denaro che non può né investire, né utilizzare.
Questa somma aumenta man mano che il tuo rating si abbassa e la tua rischiosità cresce.
Il fido di cassa è una forma tecnica di finanziamento che nasce per coprire esigenze temporanee di liquidità. Questo vuol dire che la banca si aspetta che tu utilizzi una porzione sempre diversa di fido, a seconda dell’andamento delle tue vendite.
Il saldo non dovrebbe, in buona sostanza, mai essere costante.
I soldi messi a disposizione dalla banca dovrebbero servire a colmare brevi periodi di mancanza di liquidità, a pagare le materie prime necessarie a consegnare il prodotto, a coprire il gap tra i giorni di incasso e quelli di pagamento.
Questo in teoria.
Vediamo però in pratica come funziona un fido bancario.
Nel corso della vita della tua impresa nasce, ad un certo punto, l’esigenza di fare un acquisto più importante del normale. Non hai i soldi per finanziarlo o comunque non vuoi mettere i tuoi risparmi in azienda.
Decidi quindi di chiedere un prestito alla banca.
L’istituto di credito che non ti conosce, o ti conosce poco, valuta la tua azienda rischiosa, ma decide di puntare qualcosa su di te e di concederti un affidamento bancario e di chiederti magari qualche “firmetta a garanzia”.
Anche se la tua richiesta era quella di un finanziamento, anche se sai che quei soldi non rientreranno nel giro di un mese o due, li prendi lo stesso credendo che alla fine dovrai pagare solo un po’ di interessi in più.
Solo che non è così.
Fai l’acquisto, il saldo del tuo conto diventa improvvisamente negativo e da lì inizia una vita imprenditoriale fatta di interessi, commissioni, incassi attesi con ansia per poter effettuare anche un solo pagamento e, in generale, tanti problemi in più.
Il fido di cassa viene utilizzato a tappo e mantenuto a livelli di massimo utilizzo per la maggior parte del tempo. Gli interessi maturano, le commissioni si moltiplicano e quell’acquisto fatto utilizzando il fido diventa molto, troppo, incredibilmente costoso.
Al punto da provocare un disastro.
L’utilizzo continuativo del fido bancario non solo è un segnale fortissimo di crisi aziendale, un’avvisaglia per la banca del fatto che qualcosa non sta andando nel verso giusto, ma si tratta di una vera e propria bomba ad orologeria nelle tue mani.
Ho trattato l’argomento in un precedente articolo che puoi consultare, cliccando qui.
Lì trovi la soluzione per capire se il tuo fido di cassa è destinato a rovinarti.
In questo articolo invece voglio puntare l’attenzione su quello che accade dopo, quando la banca revoca le tue linee di credito e ti sbatte la porta in faccia.
“Ma cosa significa revocare?”
La revoca della prima linea di credito è uno di quei momenti della vita aziendale che non ti dimentichi facilmente. La prima tessera di un domino che inizia a crollare sotto i tuoi occhi e che ti costringe, volente o nolente, a fare i conti con la realtà.
Le banche non solo ti chiudono le porte in faccia, ma ti voltano anche le spalle dopo averlo fatto per essere sicure di non tornare indietro.
Di solito lo fanno mandandoti una raccomandata nella quale ti intimano a saldare il tuo debito entro un certo numero di giorni e ti avvisano che, se non lo fai, provvederanno a rendere pubblica la cosa attraverso il meccanismo della segnalazione a sofferenza.
Ed è qui che inizi a sentirti in colpa, a domandarti perché, ma se arrivi a quel punto è già troppo tardi. O forse no.
Cosa succede alla tua azienda quando arriva la revoca del fido e quali sono le soluzioni che devi valutare per non rischiare le azioni legali della banca
Non voglio soffermarmi su ciò che potevi o non potevi fare. Non ha senso pensarci se hai già ricevuto la lettera di revoca del fido bancario.
Con i rimorsi non si salva la tua azienda.
La revoca degli affidamenti bancari è un evento che sancisce la fine (o quasi) delle tue relazioni col sistema creditizio. Almeno di quelle che hai conosciuto fino a quel momento.
Perché quando la banca ti revoca gli affidamenti bancari e ti chiede di firmare il piano di rientro fido bancario, non solo ti manda la revoca del fido, ma lo comunica all’intero sistema, sancendo l’inizio della fine.
Il rientro fido a rate è solo una modalità tecnica di recupero che la banca adopera per aumentare le probabilità di successo del rientro.
Una volta che un’informazione del genere è inviata al sistema, sei come marchiato a fuoco e ogni volta che entri in una banca ci entri con quel marchio stampato in faccia.
Questo è il motivo per il quale fatichi a ottenere finanziamenti, la ragione per la quale non riesci a ottenere i soldi che ti servirebbero per finanziare quel progetto che potrebbe davvero cambiare la direzione della tua impresa.
La segnalazione della revoca del fido, infatti, si propaga come un virus in tutti i sistemi informatici delle banche con cui lavori e ogni volta che entri in una filiale, l’operatore che inserisce i tuoi dati vede comparire sul computer il segnale di pericolo.
Non sei più un cliente “gradito” delle banche e devi imparare a convivere con questo nuovo status.
Non importa se fino al mese prima hai sempre pagato puntale, non conta a nulla quello che è successo fino a ieri, se non hai mai mancato una data, una scadenza, ormai non importa più.
Ciò che invece interessa loro è che ad oggi TU non sei un buon cliente e nessuno ti vorrà prestare un euro.
Chi ti dice il contrario, mente.
Nella maggior parte dei casi non ti viene concesso nemmeno più il lusso di aprire un banale conto corrente attivo anche se ti daranno la possibilità di continuare ad utilizzare quelli che hai già.
Una delle domande che mi vengono fatte più spesso dagli imprenditori è questa.
“Ma che interesse ha la banca a non farmi più lavorare, visto che se non lavoro non posso restituire i soldi che mi ha prestato?”
Le ragioni che spingono la banca ad una mossa del genere sono legate alle questioni tecniche di cui ti ho parlato prima.
Il comitato crediti (il famoso deliberante) ha stabilito che la tua azienda è insolvente e non ci sono ragionevoli probabilità che tu ripaghi i tuoi debiti.
La banca è costretta ad accantonare tutta la cifra che ti ha prestato, nel rispetto delle regole del sistema bancario. Quindi, se hai un affidamento bancario da 50 mila euro, la banca deve bloccare altri 50 mila euro del suo patrimonio.
L’unico modo che ha per sbloccare questi soldi è avviare le procedure di recupero e portarle avanti fino alla fine.
Dove la fine consiste nel salvare il salvabile e mettere a perdita la somma residua.
Quindi no, non ti lasceranno stare.
Non si dimenticheranno di te e non ti concederanno condizioni di favore. L’obiettivo non è quello di recuperare la somma, ma quella di sbloccare il patrimonio accantonato e registrare in bilancio il credito fiscale derivante dalla perdita.
Si scatenerà una corsa al pignoramento finalizzata ad arrivare per primi alla fine del percorso fatto da decreto-precetto-pignoramento.
Chiunque cercherà di avere la sua fetta di torta.
“Ma tanto io non ho niente…”
In realtà poco importa. Mi sono trovato spesso a confrontarmi con imprenditori che come te credevano che avendo poco o nulla, la banca non avesse interesse a mandare avanti gli avvocati perché le conveniva aspettare.
E non ti nascondo di aver visto il terrore nei loro occhi quando gli ho spiegato che, anche se fossero stati nullatenenti, la banca avrebbe comunque ottenuto un vantaggio nel portare avanti, fino alla fine, le procedure esecutive.
L’arrivo dell’ufficiale giudiziario, i sigilli posti su quel vecchio furgone e sull’impianto di produzione, danneggiano te ma permettono al tuo creditore di risparmiare sulle tasse da pagare.
Quindi, anche se non hai nulla, la banca pignorerà il nulla per poter beneficiare del risparmio di imposta derivante dal passaggio a perdita del credito che vanta nei tuoi confronti.
Quali sono gli errori da non commettere quando ti arriva la lettera di revoca del fido bancario e perché non dovresti saldare subito anche se non hai i soldi per pagare tutto
Elencare gli errori commessi dagli imprenditori in questa fase sarebbe impossibile.
In generale sono tutti sbagli legati al cercare di far qualcosa per convincere la banca a ritrattare, a ritirare la propria denuncia ed a confermare il proprio appoggio all’azienda.
Tutti tentativi inutili. La banca non cambierà idea.
Un vecchio proverbio dice che quando si chiude una porta, si apre un portone.
E vale anche nei rapporti con le banche.
I crediti posti in sofferenza sono quelli sui quali si possono ottenere gli sconti maggiori sugli importi da restituire, se sai giocarti nel modo giusto le carte che hai in mano.
Aspettare che sia la banca a fare il primo passo o presentare proposte prive di senso non ti aiuterà, ma se avrai la fortuna di farti assistere da un professionista capace di negoziare con le banche accordi transattivi in condizioni critiche beh… la tua azienda può sopravvivere e finanziare, con i soldi risparmiati, anche i progetti futuri.
Certo non so come sia messa la tua azienda, quale sia la tua particolare condizione, che rischi corri, che posizioni scoperte hai, che punti di forza potresti usare in una trattativa con la banca.
Insomma, non conosco ancora i tuoi problemi in particolare, ma quello che posso dirti è che aspettare che qualcosa si risolva NON è la strategia giusta in NESSUN caso.
Per darti più informazioni avrei bisogno di entrare nel dettaglio della tua attività per farti davvero comprendere ciò che serve.
Per questo il mio percorso con ogni imprenditore che vuole salvare la sua azienda inizia sempre con un’analisi preliminare in cui si raccolgono tutti i materiali necessari a capire quale sia lo stato di salute dell’azienda e sopratutto cosa potrebbe succederle da un momento all’altro se continui sulla strada che stai intraprendendo.
Questo è quello che potremmo fare anche per te, definire e analizzare le tue linee di credito, il tuo fatturato, il tuo rapporto con in fornitori per far sì che tu sappia come e da dove iniziare per salvare il tuo business.
Con più di 1700 casi gestiti e circa 300 imprenditori in crisi seguiti quotidianamente (in media), siamo lo staff tecnico che i nostri clienti utilizzano per liberare la loro azienda dai debiti a partire proprio da quella prima valutazione.
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