

Se hai un debito la cosa giusta da fare è ripagarlo, giusto? E se non hai subito i soldi per farlo, puoi sempre fare un piano di rientro, no trovi?
La risposta giusta è dipende. Ma prima di prendermi per un truffatore, lascia che ti spieghi cosa intendo.
Conosco bene gli imprenditori con cui lavoro, so come ragionano e mi piace il loro modo di pensare. Condividiamo gli stessi valori di base e questo mi permette di individuare quei tratti comuni che si ripresentano in ogni persona con cui mi trovo a lavorare.
Sono uomini e donne in gamba, che hanno ereditato un’intera azienda o che l’hanno costruita mattone dopo mattone, con ogni briciola di energia che avevano in corpo, consapevoli della responsabilità che si sarebbero portati sulle spalle, il peso del benessere delle famiglie che dipendono da loro.
Gli imprenditori che seguono il mio Metodo sono persone che danno un peso specifico importante alla “parola data”, alla stretta di mano ed al rispetto degli impegni presi.
Sono imprenditori che non vogliono lasciare indietro nessuno, vogliono solo avere la possibilità di pagare i debiti in base alle loro reali possibilità. E se questo vuol dire anche risparmiare qualcosina, ben venga, ma l’importante è continuare a lavorare.
Se fai parte di questa categoria, però, devi sapere una cosa importante.
La tua onestà e il tuo senso dell’onore, se non indirizzati correttamente, possono mettere in grave pericolo la tua azienda.
In questo articolo voglio spiegarti perché a volte NON devi affrettarti a firmare quel maledetto piano di rientro e cosa rischi se decidi di dare retta solo al tuo senso del dovere.
E lo farò raccontandoti un caso pratico, un caso in cui l’orgoglio misto a quel fastidioso senso di vergogna per le difficoltà in cui era finita l’azienda ha portato l’imprenditore, fomentato da un direttore di banca in grado di manipolarlo, a fare delle scelte che gli sarebbero potute costare il futuro.
I rischi nascosti dietro un piano di rientro con la banca e perché dovresti rifiutarti di firmare quell’accordo
Prima di proseguire, è necessario fare una precisazione fondamentale.
Esistono due modi diversi di interpretare quello che sta succedendo nel mondo delle piccole e medie imprese.
Esiste il mondo numero 1, quello immaginario, dove non c’è mai stata la crisi del 2008, i ristoranti sono pieni e gli imprenditori sono ricchi polli da spremere per pagare il reddito di cittadinanza.
É il mondo nel quale le banche non hanno mai cambiato la politica di concessione del credito. Quello in cui il direttore è un tuo amico, che crede nel tuo progetto (ma soprattutto che lo capisce sulla base di un quarto d’ora di conversazione) e mette una buona parola per te con l’ufficio crediti.
Un mondo nel quale le 390 aziende che falliscono ogni giorno sono tutte guidate da imprenditori incapaci, che hanno tutte le colpe del mondo e non sono rimasti vittime dei tranelli preparati dai creditori più scorretti.
E poi c’è il mondo numero 2.
Un mondo difficile in cui tu fai azienda combattendo contro tutto e contro tutti, dal risveglio fino al momento in cui ti addormenti, stremato, dopo 16 ore di lavoro.
Un mondo nel quale se tu non pensi alla tua azienda, nessuno interverrà al posto tuo per salvarla e in cui devi essere preparato ad affrontare ogni ostacolo ed a ripararti dai colpi che banche, finanziarie e creditori ti sferreranno tutti i giorni.
In questo articolo faremo finta di vivere entrambi nel secondo.
Ed in particolare, ti spiegherò nel dettaglio quanto è pericoloso per te firmare un piano di rientro senza prima aver fatto bene i tuoi conti e quali sono le valutazioni che devi fare prima di accettare o meno quello che la banca ti propone.
Ma perché quello che leggi ti sia veramente utile, è necessario tu sia convinto al 100% di vivere nel mondo numero 2.
Anche perché se continui a pensare che la banca sia sempre dalla tua parte e che non ci sia nulla di fazioso in quello che il direttore ti dice, che non stia facendo gli interessi della banca e che tu non hai bisogno di difenderti, ma anzi, devi riporre in lui tutta la tua fiducia, ecco, quello che imparerai non avrà alcuna utilità.
Ora che siamo d’accordo su questo punto, lascia che ti racconti la storia di Nicola.
Nicola è un imprenditore molto in gamba che lavora in un settore iper-competitivo, quello dell’abbigliamento. La sua azienda disegna e commercializza una linea a marchio proprio molto apprezzata dal pubblico.
La sua azienda è cresciuta per anni e, come molte aziende costrette a pagare i fornitori prima di incassare dai propri clienti, è stata completamente finanziata tramite l’anticipo delle fatture e delle ricevute bancarie.
Con una struttura finanziaria inadeguata a sostenere lo sviluppo, l’impresa aveva sempre viaggiato con linee di credito strautilizzate, ben oltre le soglie raccomandabili. Ma nel complesso, la situazione era in equilibrio.
Poi l’anno della grande tragedia.
Una collezione sbagliata, degli errori nelle previsioni di vendita, l’accumulo di debiti verso i fornitori ed infine… il disastro.
Per pagare le scadenze più urgenti, Nicola aveva anticipato le fatture emesse ad alcuni clienti esteri che avevano contestato l’intera produzione. Non avrebbero pagato, di sicuro non lo avrebbero fatto se non dopo una lunga e sanguinosa causa legale internazionale.
Nicola lo sapeva, ma aveva bisogno dei soldi ed era con le spalle al muro.
Alla naturale scadenza delle fatture, le aveva prorogate facendo finta di niente. Ma rimandare il problema non aveva risolto la situazione, quei soldi non erano rientrati come per magia e, alla fine, era arrivata la tanto temuta telefonata del direttore.
Convocazione urgente, il capoarea aveva notato la tensione sulle linee di credito e voleva fare “quattro chiacchiere”.
Quando era entrato in filiale, da solo, accompagnato solo dal suo senso di colpa e dalla paura di essere scoperto, in imbarazzo per i ritardi accumulati, un impiegato lo aveva fatto accomodare nella sala riunioni, dove il direttore lo stava aspettando, seduto alla destra del suo responsabile, che sedeva a capotavola.
Dopo la presentazione, lo scambio di saluti e i convenevoli di rito, erano arrivati subito al nocciolo della questione…
…con gentilezza, come se non fosse una loro decisione, ma il concetto era chiaro: Nicola doveva rientrare dell’intera esposizione, in fretta, entro la fine dell’anno, altrimenti non restava che procedere con la messa a sofferenza…
Il tono dispiaciuto, l’aria di chi proprio non avrebbe voluto, l’aura di chi ispira fiducia per tradizione più che per competenze erano stati elementi sufficienti per convincere Nicola che quella fosse l’unica strada possibile…
E così, come migliaia di imprenditori che vivono ogni giorno una situazione simile, Nicola aveva chiuso gli occhi e mandando giù un boccone amaro, aveva firmato, sperando in un cambiamento delle sue condizioni economiche, sperando che qualcosa nella sua impresa si smuovesse e gli consentisse di pagare le rate stabilite dalla banca.
Solo che non era andata come sperava e, come succede quasi sempre, si era ritrovato in pochissimo tempo:
- in ritardo sulle rate successive alla prima, senza liquidità per prestar fede all’accordo stipulato e con il rischio di andare incontro a conseguenze catastrofiche, dovute alla garanzie che la banca gli aveva strappato;
- a drenare ogni centesimo dei suoi incassi delle sue casse per pagare l’accordo con la banca, bloccando i pagamenti dei dipendenti, dei fornitori, e del fisco;
- con la produzione bloccata e senza fornitori disposti a fargli credito ed a consegnargli la merce da inviare ai suoi clienti.
Il vero rischio che corri firmando un accordo che non puoi rispettare
Quel piano di rientro firmato senza fare bene i conti, gli aveva bloccato l’attività di produzione e fermato le vendite, ma questa non era nemmeno la cosa più grave scatenata dalla firma di quel maledetto accordo.
Firmando i documenti preparati dalla banca aveva firmato una accettazione incondizionata del debito. Aveva, cioè, certificato l’esistenza del credito, chiudendo per sempre le porte a qualsiasi forma di contestazione sugli importi dovuti.
Questo vuol dire che, nel caso non fosse riuscito a pagare, la banca non avrebbe più dovuto dimostrare il suo credito con un normale decreto ingiuntivo, perchè avrebbe ottenuto direttamente gli effetti dell’atto di precetto.
Ma non solo.
La firma del piano di rientro aveva spostato l’attenzione della banca dal credito in tensione al rispetto dell’accordo ed il nominativo di Nicola era stato inserito tra quelli da monitorare con attenzione, balzando in cima alla classifica dei clienti non graditi.
Un solo sbaglio e sarebbe partita la corsa al recupero del credito, senza possibilità di appello.
Come se non bastasse, la firma dell’accordo aveva imposto alla banca di segnalare la posizione in Centrale Rischi come ristrutturata.
Quella segnalazione lo aveva marchiato come un soggetto da monitorare in tutto il sistema bancario e, aveva scatenato comunque la corsa alla revoca degli affidamenti.
D’altronde, se una banca ti considera a rischio, perchè non dovrebbero farlo le altre?
Quando Nicola si era reso conto, lettera dopo lettera, che le banche stavano bonariamente tirando i remi in barca, aveva alzato quel maledetto telefono.
“Non so perché l’ho fatto, ma non vedevo nessuna soluzione se non quella di acconsentire alle richieste della banca”
Questo aveva risposto a chi gli aveva chiesto come mai aveva firmato quel maledetto piano di rientro.
Ecco perché non sei costretto ad accettare il piano di rientro proposto dalla banca
Anche se tu hai un debito e la banca è il tuo creditore, questo non significa che tu non abbia la minima possibilità di trattare. Non significa che tu non abbia delle leve da utilizzare nella vostra trattativa per strappare condizioni migliori.
Le armi in mano alle banche sono sempre le stesse:
- minaccia di segnalazioni in Centrale Rischi;
- utilizzo di tecnicismi incomprensibili che non fanno altro che confonderti le idee;
- attacco sul senso di vergogna che ti pervade.
È una formula semplice, ma funziona nel 100% dei casi, le consente di farti firmare l’accordo, che è più una condanna a morte che una soluzione per la tua crisi di liquidità.
Questo è quello che un cliente ha ottenuto affidandosi a noi, uno sconto del 74% e delle condizioni di pagamento realistiche che era in grado di affrontare e che non gli sarebbero costate il suo futuro.
Perché ti ho messo quest’immagine? Perchè voglio vantarmi dei miei risultati? Perchè voglio dirti di affidarti a me?
NO.
Perché per me è fondamentale tu capisca che
Non devi accettare a prescindere ciò che ti dice la banca: hai un’alternativa, che è quella di negoziare fino a quando la soluzione non diventa sostenibile per te.
Qual è la differenza fra me e te? Perché io ottengo risultati incredibili per i miei clienti, mentre tu finisci ad accettare tutto ciò che ti viene proposto mettendo i ginocchio le casse aziendali?
Semplice.
È il mio lavoro. Il tuo lavoro è fare l’imprenditore nel tuo campo di specializzazione, non trattare con la banca. Il mio invece è proprio andare lì, sapendo esattamente cosa, come e perché posso chiedere.
Il motivo per cui ti ho mostrato quest’immagine è proprio farti capire che non sei costretto ad accettare le condizioni della banca, di certo è quello che vogliono farti credere, ma i fatti dimostrano il contrario.
Quello che devi fare dunque è (esattamente come faccio io per i clienti che si rivolgono a me):
- metterti alla scrivania, prendere tutte le tue scritture contabili e fare un bilancio completo, che includa tutte le entrate e le uscite della tua azienda e non trascuri nessuna voce;
- sulla base del documento che hai appena redatto, devi elaborare un bilancio previsionale realistico, che tenga in considerazione l’andamento della tua azienda nel tempo, prevedendo con la maggiore precisione possibile cosa succederà alla tua azienda fra 3-6-12 mesi;
- a questo punto, numeri alla mano, devi stabilire quale sarebbe un piano di rientro realistico sulla base degli impregni presti, che consenta alla tua azienda di sopravvivere, tenendo in considerazione anche le esigenze della banca e quelle degli altri creditori.
Poi devi iniziare a negoziare.
Perchè non basta dimostrare con i numeri che quel piano di rientro non è sostenibile. Non basta spiegare che la soluzione che stai proponendo è l’unica che ti permette di pagare e che, in caso contrario, nessuno prenderà un solo centesimo.
Devi strappare in trattativa quel Sì che ti permetterà di continuare a lavorare senza rimetterci tutto.
“Ok, ma precisamente come posso spiegarglielo?”
Se leggi i miei articoli dall’inizio alla fine, acquisti il mio libro Aziende che si Finanziano da sole, che trovi QUI https://aziendechesifinanzianodasole.com/libro/, dove spiego passo passo come trovare la liquidità che ti serve anche nei momenti peggiori e come trattare con banche e creditori in generale, hai la strada spianata.
Certo, richiederà tempo, dovrai studiare e applicare le lezioni imparate, il tempo è il tuo bene più prezioso, lo so, ma ce la farai.
Te lo devo dire, però: non sarà facile e non sono certo la tua azienda possa aspettare.
Io non so come sia messa la tua azienda, quale sia la tua particolare condizione, che rischi corri, che posizioni scoperte hai, che punti di forza potresti usare in una trattativa con la banca.
Per i casi come il tuo, in cui ogni minuto è fondamentale io consiglio sempre di avvalersi di un team di esperti, che non fa altro dalla mattina alla sera e che è in grado di intervenire con precisione e velocità.
Con più di 1816 casi gestiti e circa 300 imprenditori in crisi seguiti quotidianamente (in media), il mio staff viene utilizzato dai clienti per liberare la loro azienda dai debiti, iniziando con una valutazione iniziale del rischio e più in generale della tua situazione in azienda.
Questo primo passo, questa analisi iniziale è fondamentale per poter lavorare con il massimo dell’efficienza, per non accettare piani di rientro a caso e non sperperare le poche liquidità ripartendole a caso fra i creditori.
Rientra tutto nel Metodo Di Domenico Debiti™, e perché funzioni anche per te, liberandoti dal debito, bisogna capire appunto, se siamo nelle condizioni per intervenire a risolvere i tuoi problemi di indebitamento.
Sono una persona molto onesta, amo le cause difficili, non tollero di perdere, quindi te lo dico chiaramente: se non c’è nulla che possiamo fare, perché la tua situazione è troppo grave, non ti chiederò un centesimo.
Per capirlo, per sapere esattamente a che punto si trova la tua azienda, abbiamo messo a punto una specifica procedura che ci permette di approfondire nel dettaglio la situazione della tua azienda e il livello di rischio al quale sei esposto, la Consulenza Strategica StratExit™.
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