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Ogni volta che Giovanni degustava il suo vino preferito chiudeva gli occhi per un attimo e si dimenticava dei problemi nella gestione aziendale e degli errori di pianificazione finanziaria.
Amava farsi avvolgere dalle sue note calde ed essere coccolato dal suo profumo prima ancora di portare il calice alla bocca.
Gli ricordava quello che gli aveva sempre detto suo nonno “un vino, quando è buono, riesci a identificarlo dall’odore prima ancora di avvicinare il bicchiere al naso”.
Sapeva come distinguerlo, riusciva a riconoscere ogni aroma di quel delizioso nettare color rubino, sapeva come accostarlo a ogni piatto e amava spiegarlo anche a sua moglie, che ogni volta lo ascoltava ammirata come al primo appuntamento.
Non aveva mai perso neanche una delle serate organizzate dall’Associazione sommelier regionale, né un solo sabato a cena nel locale del suo più caro amico, che ogni volta riservava alla coppia l’etichetta migliore.
Viveva ogni giorno della settimana in attesa del week-end, dei momenti che avrebbe trascorso con la sua metà tra i piaceri della tavola e il relax, prima della visita domenicale alla loro villa al mare e del pranzo di famiglia.
D’altronde si lavora per vivere e non si vive per lavorare.
E ogni volta che Giovanni sedeva a tavola con tutta la famiglia riunita (il che accadeva solo di domenica) si sentiva grato e realizzato, perché sapeva di aver lavorato sodo tutta la settimana, per anni, proprio per non far mancare nulla a sé e ai suoi cari.
Era un momento sacro che cancellava ogni preoccupazione per la gestione finanziaria aziendale.
Ogni loro sorriso, abbraccio, ogni istante trascorso con loro in allegria e spensieratezza gli restituiva l’idea di aver fatto il suo dovere ed essersi meritato ogni minuto di riposo e di bella vita che amava condurre.
Era così che si sentiva Giovanni quando il suo calzaturificio andava a gonfie vele e le sue scarpe da donna, realizzate a mano dai suoi dipendenti, facevano il giro del mondo.
La pelle, il camoscio, insieme al vino e al buon cibo erano le sue passioni, esattamente come quelle di suo nonno, da cui aveva ereditato l’azienda e lo stile di vita.
Gli aveva insegnato a muovere i primi passi tra i corridoi dell’azienda esattamente come nella vita.
Gli aveva allacciato il grembiule intorno alla vita e messo la spugna in mano quando aveva solo 6 anni, per fargli provare a lucidare alcune delle scarpe che lavorava.
Conducendolo per mano gli aveva insegnato le basi delle tecniche di lavorazione, presentato ogni singolo operaio della fabbrica, come distinguere una scarpa rifinita bene da una rifinita male, come scegliere i materiali, riconoscere la qualità della pelle e del camoscio solo attraverso tatto e il loro caratteristico odore che rimane impresso sui prodotti anche dopo anni.
Tra quei corridoi si sentiva a casa, conosceva tutti e tutti lo avevano visto crescere.
Quando è toccato a lui prendere il comando, lo rispettavano, lavoravano bene insieme perché sapevano che aveva preso tutto da suo nonno e anche lui sarebbe stato un’ottima guida per tutti.
Non riusciva a concepire un modo diverso di vivere se non quello che proprio lui gli aveva insegnato “lavora duro, sii onesto, goditi la vita, non trascurare mai la tua famiglia e sarai un uomo felice“.
Giovanni era un uomo felice, gratificato, realizzato… fino a 10 anni fa.
Poi la sua azienda, come molte altre, ha subito gli attacchi della crisi e della concorrenza spietata dei Paesi dell’Est.
Riuscire a mantenere sul mercato, a prezzi concorrenziali, scarpe d’eccellenza come quelle realizzate da Giovanni, accanto a modelli non molto diversi nell’aspetto ma con una qualità di gran lunga inferiore, era dura.
Per non parlare dei costi di manifattura. Per un’azienda come la sua, costruita da zero e sviluppata negli anni solo in Italia, erano insostenibili rispetto alla produzione a basso costo dei concorrenti, che avevano ben pensato di delocalizzare i laboratori verso Paesi in cui la manodopera costava meno della metà.
Un prezzo che Giovanni pensava di poter sostenere nel tempo, grazie alla qualità dei suoi prodotti e alla stima guadagnata sul mercato, negli anni.
Una previsione errata che aveva portato la sua azienda a una crisi lenta e profonda, fino al punto in cui l’unica soluzione sembrava essere l’interruzione dell’attività.
Gli anni floridi erano passati. L’azienda che si ritrovava tra le mani era completamente diversa da quella lasciata da suo nonno e anche la sua vita, che tanto amava, stava prendendo una piega diversa. Decisamente più amara e più pregna di preoccupazione e frustrazioni.
Quali rischi corri se non ti occupi della pianificazione finanziaria aziendale
L’impresa di Giovani non ha subito immediatamente gli effetti della crisi che stava per esplodere, come capita spesso ad aziende solide e ben affermate sul loro mercato.
Il declino era iniziato lentamente, quasi senza alcun sintomo, dando l’illusione che si trattasse solo di problemi isolati risolvibili, magari, con qualche nuova linea di credito bancaria a coprire i problemi nella gestione finanziaria aziendale
I primi cenni di cedimento sono arrivati con il calo del fatturato. Un aspetto che Giovanni aveva quasi del tutto sottovalutato considerato che buona parte della sua liquidità derivava proprio dai mutui bancari che, peraltro, era riuscito a pagare sempre regolarmente.
A rendersene conto prima di lui, invece, era stata la sua rete commerciale.
Buona parte dei suoi venditori, forse proprio perché a contatto diretto col mercato, avevano fiutato i venti contrari e avevano levato via le tende uno dopo l’altro rendendo la gestione aziendale sempre più complicata.
Perfino i collaboratori storici, quelli che lavoravano in azienda dai tempi di suo nonno, avevano deciso di abbandonare la nave, per non perdere gli ultimi anni di carriera.
Così erano andati via quasi tutti, molti dei quali portando con se anche una grossa fetta di clienti con cui avevano instaurato rapporti storici.
Gli unici a rimanere erano stati tre venditori in pensione di buon cuore, che avevano mantenuto la posizione un po’ per tenersi occupati, un po’ perché ormai non avevano nulla da perdere. In fondo stavano dando una mano all’impresa che aveva dato loro lavoro per quasi 40 anni.
La stessa sorte era toccata più o meno a tutti i dipendenti della produzione.
Quando Giovanni aveva preso finalmente coscienza che i soldi iniziavano a scarseggiare ha fatto quello che fanno in molti: aprire nuove linee di credito per tener testa alle spese di gestione e, d’altra parte, contenere i costi riducendo provvigioni e stipendi.
Debiti su debiti e taglio delle spese produttive, insomma, senza alcuna strategia di pianificazione finanziaria investimenti.
Solo una lenta azione di contenimento delle spese di gestione aziendale che non aveva fatto altro che indebolire la sua azienda.
Perdendo il vigore della forza vendita, senza una strategia di marketing appropriata, infatti, era molto difficile ritagliarsi lo spazio necessario. Soprattutto se ad aggravare la situazione si era aggiunta la perdita dei pochi contatti conquistati con gli agenti plurimandatari che di tanto in tanto gli giravano qualche ordine, andati via anche loro in seguito alla riduzione drastica delle provvigioni.
Ciò che stava facendo Giovanni era semplicemente rimanere a guardare, mentre la sua azienda si sgretolava giorno dopo giorno.
Utilizzava le linee di credito per portare avanti le spese correnti, pagare i dipendenti, i contributi, le utenze, le poche forniture indispensabili alla sopravvivenza e le tasse.
Ma l’aria di crisi aveva messo in allarme anche le banche, costringendolo a rientrare non appena avevano intuito che la situazione economica stava peggiorando.
Tutte le esposizioni erano state accorpate in un unico mutuo già esistente, che Giovanni era costretto a onorare ad ogni scadenza, pena la perdita di parte dei magazzini e della villa al mare, ipotecati a titolo di garanzia per i nuovi finanziamenti.
L’unico aspetto su cui Giovanni poteva ancora intervenire era il taglio del personale, tra l’altro ormai superfluo.
Con il rallentamento della produzione, a molti di loro erano già stati ridotti stipendi e orari di lavoro. Giovanni non ancora se la sentiva di licenziare nessuno, alcuni erano operai storici, li conosceva fin da bambino, gli altri erano giovani e avevano messo su famiglia da poco. Metterli alla porta era troppo doloroso per lui, ma alla fine è toccata anche a loro.
A mandare avanti la baracca erano rimasti solo lui, i tre venditori, il contabile storico, cinque operai e il commercialista di fiducia che si occupava degli aspetti burocratici e fiscali.
Quando Giovanni mi ha contatto per una consulenza la sua azienda era messa così e la sua vita ancora peggio.
“Leggo la delusione negli occhi di mia moglie e dei miei figli ogni volta che passano in azienda a salutarmi, ormai vivo praticamente lì, dal mattino presto fino alla sera tardi. È questa la cosa che mi fa più male, aver deluso tutte le persone a cui tenevo, dalla mia famiglia ai miei collaboratori”.
Nessuno lo aveva abbandonato, come spesso mi capita di ascoltare da altri miei clienti, lasciati dalle mogli e ignorati dai figli.
Aveva ancora la sua famiglia accanto, ma i sensi di colpa per aver mandato quasi a gambe per aria il calzaturificio di suo nonno e non poter più concedere a se e ai suoi cari il tenore di vita dei tempi d’oro lo stavano lacerando.
Decisamente ora viveva per lavorare e non riusciva più a lavorare per vivere.
La pianificazione finanziaria e fiscale come via d’uscita dalla crisi
Quando abbiamo iniziato ad analizzare tutti i dati relativi alla struttura finanziaria dell’impresa di Giovanni, dai bilanci, alle fatture, senza tralasciare buste paga e bollette, ci siamo resi conto immediatamente di una grave lacuna che aveva caratterizzato la sua gestione fino a quel momento: la totale assenza di pianificazione finanziaria aziendale.
Nessuno fino a quel momento aveva anche solo messo in conto di verificare l’andamento delle entrate e delle uscite di cassa per monitorare la tenuta dell’equilibrio finanziario.
Nemmeno un minimo di controllo sulla gestione finanziaria aziendale.
Lui stesso ha ammesso di non essersi reso subito conto che il calo di fatturato avrebbe rappresentato un problema insormontabile.
Al di là dei bilanci e delle dichiarazioni periodiche, né il contabile storico e neanche il commercialista di fiducia si erano preoccupati di predisporre un sistema di controllo finanziario della gestione aziendale.
Trascurare la gestione finanziaria dell’azienda è un errore molto grave, che la maggior parte degli imprenditori e dei loro consulenti commettono, semplicemente perché ne sottovalutano l’utilità.
Elaborare una pianificazione finanziaria all’inizio di ogni nuovo anno fiscale, vuol dire fissare obiettivi ben precisi, sia in termini di fatturato che economico-finanziari, e monitorarne gli scostamenti mese dopo mese.
Questo approccio avrebbe consentito a Giovani di avere il controllo su quello che stava succedendo, registrare i sintomi della crisi con largo anticipo ed elaborare le strategie migliori per evitarla.
Così facendo, infatti, si possono tenere d’occhio l’andamento dei flussi di cassa e anticipare eventuali periodi di carenza di liquidità o ancora definire una chiara strategia dei tempi di incasso e dei pagamenti, negoziando con clienti e fornitori.
Ciò che porta molti imprenditori al declino e alla chiusura delle loro aziende è proprio una innata pigrizia verso un lavoro di pianificazione e monitoraggio costanti, preferendo invece rivolgersi agli istituti di credito come panacea per tutti i mali.
Basta ricordare che Giovanni ha aperto linee di credito solo per gestire le sue spese correnti, quando la liquidità iniziava a scarseggiare.
Sarebbe stato sufficiente iniziare a leggere le carte.
La pianificazione finanziaria applicata attraverso il Metodo Di Domenico Debiti™ per generare liquidità senza ricorrere a nuove linee di credito
Osservando in profondità tutti i dati relativi ai flussi di cassa di Giovanni, ci siamo resi conto che gli spazi di manovra finanziaria necessari a recuperare quel margine di liquidità, che avrebbe permesso alla sua azienda di fare un passo avanti ed evitare la chiusura, erano davvero risicati.
Rete vendita e settore produttivo ridotti al minimo, rapporti con i fornitori esigui, situazione bancaria ai limiti del sopportabile e tasse pagate regolarmente.
Praticamente la sua azienda quasi non esisteva più.
Per risollevare le sorti del calzaturificio di Giovanni abbiamo predisposto un sistema di pianificazione finanziaria che ci ha permesso in prima battuta di rilevare i problemi e gli errori commessi e di iniziare a programmare i pagamenti delle sue prossime uscite , in modo da ricavare quella liquidità necessaria ad avviare il processo di “svincolo” dalle banche.
Non solo.
Abbiamo seguito la sua gestione finanziaria per il primo anno, istruendo il contabile e il commercialista sui dati da monitorare e aggiornare ogni mese, in modo da pianificare le uscite e accelerare le entrate negoziando pagamenti anticipati ai clienti.
Monitorando i flussi di cassa è stato molto più semplice per loro predisporre un budget con obiettivi chiari e misurati sulla base delle loro forze, senza fare il passo più lungo della gamba, in modo da adattare le strategie commerciali e i piani finanziari di volta in volta.
Questo lavoro costante e meticoloso ha consentito a Giovanni di ridurre le linee di credito dell’80% in 15 mesi e generare liquidità sufficiente ad aprire una nuova linea produttiva rivolta a un target più giovane e meno esigente, così da innescare un ciclo di cassa virtuoso e rafforzare la sua struttura finanziaria anche attraverso azioni di marketing e vendita mirate.
Alla fine del nostro intervento sull’azienda di Giovanni siamo riusciti a:
- ripristinare l’equilibrio finanziario, libero dai debiti e da tutti i costi e gli oneri a questi connessi,
- stimolare la crescita generale dell’azienda grazie alla nuova linea produttiva che gli ha consentito di recuperare il denaro necessario a rifinanziare anche quella tradizionale,
- proteggere il patrimonio personale dalle garanzie bancarie,
- ottenere pagamenti anticipati dai clienti,
Tutti risultati raggiunti applicando i principi del Metodo Di Domenico™, l’unico metodo scientifico per la risoluzione dei problemi finanziari delle piccole e medie imprese.
Un Metodo testato su più di 1.879 casi reali e in 79 settori differenti.
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