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Non c’erano procedure a casa mia quand’ero piccolo.
Mia madre lavorava tutto il giorno, spesso fino a tardi, e in quelle occasioni io dovevo improvvisarmi maestro, cuoco e giullare per far arrivare a fine giornata me e mio fratello piccolo.
Non avevo davvero il tempo per le emozioni. Dovevo crescere e dovevo farlo in fretta, mantenendo una certa lucidità.
A 10 anni avevo imparato a gestire mio fratello e a preparare da mangiare per due. Cose basiche, tipo latte e cereali, merendine di varia natura e altre cose che, più avanti, mi hanno fatto diventare uno sportivo “obbligato” diciamo.
Deve essere per questo che ho sempre odiato l’improvvisazione. E la odio tutt’ora.
Sono fastidiosamente schematico, leggo e studio qualsiasi cosa stimoli un minimo il mio interesse, mi informo programmo tutto con minuzia e, sebbene questo tratto di me rappresenti motivo di scherno da parte di alcuni miei amici (vi vedo che sorridete), è in realtà anche ciò che mi rende bravo in quello che faccio.
Problema —> Soluzione.
Obiettivo —> Procedura per raggiungerlo.
Voglio arrivare qui —> Mi occorrono 10 passi —> Li compio —> Trovo un ostacolo —> Lo supero —> Obiettivo raggiunto.
Troppo facile? Troppo razionale?
Eppure il mio cervello ragiona in questo modo.
Non credo esista qualcosa che non si possa imparare, qualcosa che non si possa programmare.
Questa mia (eccessiva) lucidità mi porta a saper sbrogliare anche le situazioni più ostiche e ingarbugliate.
Quelle che sembrano “senza speranza”.
Perché, lascia che te lo dica, la maggior parte dei problemi che sembrano senza soluzione, sono in realtà problemi affrontati con una eccessiva emotività.
La gestione della liquidità aziendale non è un “gioco” per tutti
Mi capita ogni giorno di incontrare imprenditori dotati di un’intelligenza mostruosa, e di tantissime altre qualità che ammiro e che stimo, ma molto spesso gli manca la lucidità, la razionalità necessaria per affrontare le situazioni difficili.
Lo so, non è semplice. Ecco perché, se proprio non riesci a staccarti emotivamente dalla situazione e ad avere una visione chiara del problema, allora ti presto la mia di razionalità (oltre che le mie competenze).
In pratica, metto in affitto la mia razionalità!
Proprio come ho fatto con Anna, produttrice di pelletteria per borse e abbigliamento, con un giro di affari piuttosto importante.
Partendo da zero è riuscita a costruirsi una fortuna tutta da sola e a guadagnarsi la fiducia dei suoi clienti.
Solo nell’ultimo anno ha fatturato 7 milioni di euro.
Nonostante i suoi prezzi fossero piuttosto elevati, l’affidabilità e la qualità dei materiali che forniva le consentivano di piazzare i prodotti con una buona dose di successo.
In particolare, nei 10 anni precedenti, era riuscita a stringere accordi di esclusiva con case d’alta moda, che le avevano permesso di fare il salto di qualità e raggiungere un giro d’affari così importante.
Un’azienda che, a guardarla dall’esterno, andava a gonfie vele.
Eppure quando ho conosciuto Anna aveva un’aria tutt’altro che serena e soddisfatta.
Ad essere franco era molto preoccupata, scura in volto, quasi trascurata. Fumava parecchio e aveva il viso segnato da profonde occhiaie.
Solo successivamente mi ha confessato di essere caduta in depressione in seguito a un evento che l’ha segnata dal punto di vista lavorativo.
Uno dei suoi clienti più grossi, alla scadenza del contratto, le aveva comunicato la rinuncia al rinnovo, perché aveva preferito stringere accordi con un suo concorrente che gli aveva proposto condizioni più vantaggiose a parità di qualità.
Era il 15 dicembre, poche settimane prima di Natale.
Una doccia fredda per Anna e di lì a breve anche per la sua famiglia. Da allora infatti i nervi avevano iniziato a cederle, aveva ripreso a fumare, aveva anche preso diversi chili in più, non riusciva più a curare se stessa e i suoi cari come prima.
Passava giornate e nottate a lavoro, senza riuscire a far quadrare i conti.
Un atteggiamento che le è costato, nei mesi, la separazione dal marito e l’ostilità dei figli per la sua costante irascibilità e noncuranza.
D’altronde, l’episodio era stato a dir poco spiazzante e aveva messo in ginocchio la sua impresa, portandola sull’orlo della crisi dopo 30 anni di sacrifici e successi.
Strano, vero?
Un solo cliente, fra tanti, che ha la capacità di mettere KO un’azienda. E dire che gli fatturava “appena” 150.000 euro al mese.
Eccola, un’altra imprenditrice di successo, tenace e brillante, che davanti alla mancanza di liquidità per autofinanziare la sua azienda è rimasta totalmente paralizzata dalla paura di muoversi.
Eppure a me e al mio team sono bastate poche ore di conversazione in videoconferenza per intuire subito il problema.
Anche se Anna continuava a ripetere e a fossilizzarsi su questo singolo episodio, non riusciva a mettere a fuoco la questione principale: il costante ed “eccessivo” utilizzo di linee di credito temporanee.
In due parole, la sua struttura finanziaria si reggeva quasi del tutto sugli anticipi fatture, che erano soggetti a rinnovo trimestrale.
Chiaro, dunque, che la perdita anche solo di un cliente, per quanto grosso, stesse mandando al collasso l’intera azienda.
La mancanza di liquidità aziendale: un male che affligge 9 imprese su 10
Il livello a cui era arrivata Anna era sì esasperato dalla rinuncia del cliente di punta, ma il problema non era certo questo.
L’evento è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, trasformando la mancanza di lucidità della mia cliente in un vero e proprio stato di panico, ansia e confusione.
Il vero problema però era a monte e generato proprio dalla linea di finanziamento che lei aveva scelto pensando fosse la più conveniente, non faceva altro che assorbire liquidità dalla sua cassa aziendale.
Gli anticipi su fatture, infatti sono linee di credito temporaneo che la banca concede agli imprenditori a titolo di acconti da saldare alla ricezione delle fatture da parte del cliente.
In altre parole l’istituto di credito anticipa all’impresa buona parte del denaro che lo stesso imprenditore restituirà poi, con l’incasso della fattura emessa.
Una forma di finanziamento che consente all’imprenditore di recuperare la liquidità necessaria a finanziare l’acquisto dei bene per soddisfare gli ordini dei clienti.
Tutto sommato una forma di finanziamento innocua, con tassi d’interesse molto bassi e apparentemente più conveniente rispetto ad altri strumenti.
Peccato che il ricorso troppo disinvolto agli anticipi su fatture rappresenti un vero e proprio costo per l’azienda, di gran lunga superiore rispetto a quello che si pensa.
Anche Anna era convinta della sua convenienza e funzionalità, salvo poi farle scoprire che il vero problema era proprio questo e non la perdita del grosso cliente.
I costi occulti degli anticipi fatture che drenano la liquidità aziendale
Molti imprenditori pensano che gli anticipi fatture, come le altre linee di credito autoliquidanti, non siano veri e propri finanziamenti da parte delle banche e tendono a sottostimare sia i costi sia i rischi a queste connessi.
Quando scelgono un anticipo su fatture, infatti, prendono in considerazione solo il tasso di interesse sul denaro anticipato. Una quota molto conveniente, che di solito si attesta sull’1% oltre il tasso Euribor e tende a rimanere bassa soprattutto se il cliente è puntuale e l’imprenditore può restituire la somma ottenuta entro i termini dell’accordo.
Diversamente, trattandosi di una linea di credito, come tutte le altre ti espone al rischio di segnalazioni negative da parte della banca con relativo peggioramento del rating, ogni volta che subisci un insoluto.
Alla banca, infatti, non interessa che l’inadempienza dipenda dal tuo cliente e attribuisce a te le conseguenze di questa mancanza.
Ma i tassi di interesse e le segnalazioni sono solo la punta dell’iceberg rispetto a tutte le altre voci che compongono la spesa legata a questo strumento finanziario, quasi sempre totalmente trascurate.
Di fatto i costi legati a questa forma di finanziamento bancario non riguardano solo il tasso di interesse applicato sui giorni di utilizzo della linea, ma anche quello che la banca ti fa pagare per metterti a disposizione questo tipo di affidamento.
Ne sono un esempio: le spese delle operazioni che fai sul portafoglio e quelle legate alla necessità di pagare un’assicurazione crediti o, ancora, il Consorzio Garanzia o persino il Medio Credito Centrale.
Anna infatti, solo 10 giorni prima della disdetta contrattuale da parte del cliente, aveva sborsato 30.000 euro al consorzio di garanzia, proprio per il rinnovo della garanzia sugli anticipi delle fatture.
Una spesa che lei non aveva minimamente preso in considerazione come legata direttamente al conto anticipi, ma come una normale spesa per un servizio da acquistare.
Una leggerezza commessa da Anna, come da molti altri imprenditori che ho conosciuto e che come lei avevano completamente sottovalutato il peso di questo costo.
Un aspetto di cui la mia cliente non avrebbe mai potuto rendersi conto da sola, non avendo il tempo materiale per dedicarsi all’analisi di questi aspetti e per valutare con lucidità e distacco le scelte più opportune.
Una situazione che, purtroppo, neanche un professionista di fiducia, come un avvocato, avrebbe potuto gestire con atteggiamento distaccato, disinteressato e razionale.
Ammesso infatti che avesse individuato la fonte del problema, gli anticipi su fatture, Anna avrebbe imputato la reale spesa solo al tasso di interesse. Magari incoraggiata anche dal suo avvocato che l’avrebbe convinta ad attaccare causa contro banca, per usura.
Quello che invece abbiamo fatto per Anna è stato rivedere la struttura finanziaria, utilizzando i costi delle linee di credito come sconti sui pagamenti anticipati da proporre agli altri clienti.
Abbiamo messo a confronto tutte le spese che Anna sosteneva per usufruire dei suoi conti anticipi con la possibilità di offrire uno sconto di pari valore (o inferiore) ai clienti, per incoraggiarli a pagare in anticipo.
Una leva commerciale che Anna non aveva considerato, ritenendo invece che l’anticipo di denaro da parte della banca fosse molto più certo e vantaggioso rispetto a un incentivo da proporre ai suoi clienti.
Scelta che, se effettuata prima, magari non avrebbe condotto alla perdita del cliente e allo shock causato da questo episodio su di lei, la sua impresa e la sua famiglia.
Riuscendo a muovere in questa direzione, Anna, col tempo ha ripreso il controllo della gestione della liquidità aziendale ed è riuscita ad alleggerire il ricorso agli anticipi sulle fatture, ottenendo pagamenti diretti dai clienti, seppur scontati, ma in anticipo sulla consegna degli ordini.
Il Metodo Di Domenico™: una procedura collaudata per scoprire e risolvere i problemi che determinano la mancanza di liquidità aziendale
Il risultato raggiunto nel caso di Anna non sarebbe stato possibile senza l’applicazione di una procedura studiata, testata e collaudata nel corso della mia esperienza.
Un approccio che non lascia nulla al caso e ai tentativi ed è ben lontano dai “metodi tradizionali” che molti professionisti mettono in campo per tentare di risolvere i problemi di liquidità aziendale.
Si tratta di uno schema di azioni che nasce dal mio modo di essere, dalla mia fissazione per la gestione razionale e a step dei problemi, dove ogni passo e ogni azione porta a un risultato e prepara il terreno per quello successivo.
Tutto è calcolato prima.
Io e il mio team passiamo al setaccio ogni singolo aspetto della struttura finanziaria dei nostri clienti e quando proponiamo le strategie di risanamento e le azioni da compiere, lo facciamo dopo aver considerato ogni rischio e contromossa da adottare per raggiungere il risultato che noi, insieme all’imprenditore, ci siamo prefissati.
Solo così riusciamo a portare a termine con successo le trattative, che siano con la banca o con i clienti, come nel caso di Anna.
Facendo riferimento sempre al suo caso, bisogna considerare anche il fatto che la leva degli sconti non può essere applicata a tutti in maniera indiscriminata, ma solo a quelli che ci avrebbero garantito il maggior potere di trattativa, consentendo all’impresa di rientrare nei costi prima ancora di dover pagare i fornitori.
Solo generando un equilibrio tra le entrate e le uscite, è possibile liberare la cassa dal ricorso frequente a strumenti di credito, che siano temporanei o a lungo termine ed evitare una crisi di liquidità aziendale.
Questa è stata la procedura che abbiamo seguito nel suo caso:
Analisi —> Individuazione del problema —> proposta e condivisione della strategia di risanamento —> Trattativa con i clienti —> Svincolo dalla linea di credito temporanea —> Maggiore liquidità di cassa.
E questa è solo una delle tante procedure che normalmente seguo e che ho raccolto sotto il nome di Metodo Di Domenico™, l’unico metodo scientifico applicato su 1879 casi aziendali di successo, nei più disparati settori produttivi.
Un metodo che mi guida nell’applicazione di specifici principi, che consentono all’imprenditore di sfruttare le soluzioni più performanti e adatte ai suoi problemi e a me di rimanere lucido e applicarle con altrettanta razionalità.
La mancanza di lucidità che orienta molte delle scelte imprenditoriali dei miei clienti, infatti, non deve necessariamente manifestarsi con attacchi di panico e disordine nel ricostruire la propria struttura finanziaria, come nel caso di Anna.
Spesso, anzi nella maggior parte dei casi, dipende dalla mancanza di tempo e conoscenze necessarie a prendere in considerazione tutti gli aspetti che generano la mancanza di liquidità aziendale, soffermandoti solo su quelli più ovvi e che sei abituato a considerare.
Per questa ragione è importante discutere dei problemi di liquidità con un team di professionisti che abbia una visione a 360° della situazione, che sia esperto e in grado di fare i conteggi utili a recuperarla dall’interno, tagliando costi non necessari e liberandoti dai debiti nei confronti delle banche o di altri creditori.
Ma, in tutta onestà, riconosco anche che non tutte le situazioni sono sanabili.
Al di là di Anna e di molti altre imprese risanate con successo, si sono verificati anche casi per cui non c’era nulla da fare se non chiudere. Uno soluzione prospettata sin dall’inizio agli imprenditori che versavano in situazioni troppo delicate, per cui non c’era via d’uscita.
Un’altra azione che certo richiede profonda razionalità e anche una certa dose di onestà.
E detto tra noi, sono una persona molto onesta, che ama le cause difficili ma non tollera di perdere, per cui te lo dico chiaramente: se non c’è nulla che possiamo fare, perché la tua situazione è troppo grave, non ti chiederò un centesimo.
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