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I problemi provocati dalla mancanza di liquidità aziendale sembrano cascare dal cielo come fulmini a ciel sereno nella tua vita da imprenditore, ma la verità è che non arrivano mai all’improvviso.
Normalmente nascono perché sulla gestione finanziaria dell’azienda si creano sempre dei grossi malintesi su chi deve fare cosa e quando tra l’imprenditore, i suoi collaboratori e i professionisti che li assistono.
In alcuni casi la gestione della liquidità aziendale non viene presa in considerazione come attività fondamentale, persino vitale nella gestione generale dell’impresa, in altri viene considerato un compito estremamente difficile e si dà per scontato che debba essere il commercialista ad occuparsene.
In molti altri casi ancora, la gestione della liquidità viene completamente improvvisata da parte dell’imprenditore stesso o dei consulenti che lo affiancano che si limitano solo a elaborare degli insignificanti report periodici, senza però strutturare un sistema di gestione finanziaria solido o monitorare i dati con cadenza frequente.
Il risultato sono le migliaia di aziende in crisi finanziaria per mancanza di liquidità di cui ogni giorno leggiamo sui giornali.
Tra queste, quella di un imprenditore che ho conosciuto diversi anni fa, Salvatore, titolare di un’azienda orefa che fatturava cifre a sei zeri, che ha conosciuto molto da vicino le conseguenze di una gestione sbagliata della liquidità aziendale, pagandone lo scotto sia a livello aziendale che personale.
A pochi anni dalla pensione si era ritrovato faccia a faccia con il peggiore incubo che potesse immaginare di vivere: lo spettro del fallimento per la sua amata azienda.
Un’impresa tirata su insieme a sua moglie Monica sul finire degli anni Sessanta, specializzata in semilavorati in oro e argento da destinare alla produzione di gioielli da parte delle maggiori case orafe, che nel giro di pochi anni aveva raggiunto livelli di crescita molto elevati.
La struttura contava infatti ben 47 dipendenti solo nei laboratori, oltre a 21 impiegati nel settore vendita.
La sua vera forza risiedeva nelle abilità della rete vendita, che intesseva relazioni durature con orefici, riparatori di orologi antiquari e gioiellerie esclusive, a cui riservavano la loro linea di gioielli finiti, un progetto che li aveva visti impegnati negli ultimi 15 anni di attività accanto alla produzione di semilavorati.
Un’attività insomma che negli anni d’oro aveva permesso loro di fatturare cifre che si aggiravano sui 8 – 10 Milioni di Euro (rapportati alle vecchie lire di allora).
Un idillio che col tempo si è dissolto sempre di più.
La chiusura di diverse oreficerie e gioiellerie di riferimento per l’azienda, il lancio sul mercato di linee commerciali da parte dei colossi della gioielleria, sia nazionale che internazionale, la crisi che ha colpito le famiglie medio-borghesi, la difficoltà a reperire artigiani appassionati e competenti, hanno portato Salvatore a fare i conti con il capitolo più buio della sua storia imprenditoriale.
Ma i veri problemi non erano stati causati tanto dalle condizioni economiche esterne all’azienda sulle quali, come sai meglio di me, è del tutto impossibile avere il controllo.
La mancanza di liquidità ha origini interne o esterne all’azienda?
Le cause che avevano trasformato il suo gioiello manifatturiero in un’azienda in crisi di liquidità fino a condurla sull’orlo del fallimento erano state altre e tutte legate agli errori nella gestione della liquidità che Salvatore aveva in maniera inconsapevole.
Sin dall’inizio aveva demandato la gestione della liquidità aziendale al suo commercialista di fiducia e alla sua impiegata amministrativa.
Con l’aiuto del direttore della sua banca principale, un vecchio compagno di scuola di Salvatore, queste persone si erano occupati della gestione della liquidità dell’azienda e delle sue esigenze finanziarie negli anni del boom, quando l’imprenditore e sua moglie erano impegnati nello sviluppo commerciale e nella produzione.
Un’organizzazione che aveva retto per i primi 20 anni, quando tutto sommato l’economia girava bene e non c’erano grossi problemi di liquidità.
La mancanza di liquidità sufficiente ha iniziato a diventare un problema quando il mercato ha iniziato a contrarsi, insieme alla possibilità per le PMI di accedere al credito bancario.
Le commesse diminuivano, gli incassi anche, le spese rimanevano sempre molto alte, Salvatore sentiva sempre più la necessità di ricorrere ai finanziamenti per far fronte alla mancanza di liquidità operativa, bussando alle porte delle banche che lo avevano “supportato” negli anni della crescita.
Fino a quando qualcosa si è inceppato.
Gli ultimi appuntamenti fissati con i direttori erano stati freddi, frettolosi e poco proficui. Aveva visto quegli uomini che conosceva da anni più rigidi, più esigenti, più sfuggenti.
Non gli avrebbero concesso più altro credito perché il deliberante aveva dato parere sfavorevole, dicevano.
Aveva resistito, una porta chiusa dietro l’altra, fino a quando era scoppiato per una crisi di nervi: una settimana di ricovero ospedaliero in preda a frequenti attacchi di panico.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato il rifiuto dell’ultima richiesta di mutuo e la comunicazione di rientro di tutti gli affidamenti concessi da parte della sua banca principale.
L’istituto di credito che lo aveva sostenuto fin dalla nascita della sua azienda riteneva che il progetto di Salvatore non fosse più sostenibile e che i suoi numeri non bastavano più a garantire le somme che lui utilizzava da tempo.
Una doccia fredda che aveva messo l’imprenditore con le spalle al muro, perché non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo.
Il suo commercialista di fiducia gli aveva suggerito di tirare la cinghia, ridimensionare l’azienda e pensare a tagliare i costi superflui. Venditori, spese di marketing e promozione, erano queste le spese che il suo commercialista gli aveva suggerito di eliminare, in modo da recuperare liquidità per pagare le banche.
“Ti portano via via troppi soldi, alla fine gli ordini sono diminuiti, perché spendere tanto?eDimezza le spese promozionali, almeno finché la ruota non inizierà a girare nuovamente e allora potrai pensare a rilanciarti“.
Ma fare l’imprenditore non vuol dire sedersi al tavolo della roulette e affidarsi alla fortuna, mentre altri giocano al posto tuo.
Gestire un’azienda vuol dire avere il controllo di tutto, anche e soprattutto dei propri conti e dei flussi di cassa.
Aspetto che Salvatore aveva sempre, completamente ignorato.
Così è iniziato il suo lento e inesorabile declino, con una rete vendita ridotta all’osso, una campagna promozionale indebolita, costi di gestione elevatissimi e clienti che fuggivano senza onorare le ultime fatture.
Le conseguenze della mancanza di liquidità sulla vita di un imprenditore
Anche lui non era più l’imprenditore e l’uomo di prima. Sembrava aver completamente perso lo smalto, non si dedicava più alle creazioni che tanto lo appassionavano.
Passava le sue giornate in laboratorio, aveva preso le distanze dall’azienda e dal mondo.
A seguire la gestione dell’azienda, ormai, era quasi completamente sua moglie, che si recava ogni mattina presto in azienda per dedicarsi ai problemi di liquiditàche Salvatore aveva abbandonato e a coordinare la squadra di venditori e artigiani rimasti, in tutto 15 unità rispetto alle 68 dei tempi d’oro.
Lei non aveva mai visto di buon occhio il commercialsitaa cui suo marito si era affidato, era convinta che fossero lui la causa dei suoi problemi, ma Salvatore le aveva sempre detto di tenersi fuori da questo argomento, che lui conoscevano bene il suo mestiere, che era un amico d’infanzia e tutto quello che accadeva era solo colpa di questa maledetta crisi economica.
Ma il loro rapporto si era incrinato e scricchiolava ad ogni passo, come l’azienda e l’intera vita di Salvatore.
I litigi erano costanti, lei lo riprendeva continuamente, lo richiamava all’ordine, a trovare una soluzione o quanto meno a dedicarsi all’azienda che avevano messo su insieme.
Ma lui era diventato un uomo burbero, trascurato, isolato.
Quando non si aggirava tra i corridoi dei laboratori come uno zombie, trascorreva il tempo allo sporting club a cui era iscritto, prima improvvisando partite di tennis con i ragazzini di turno, poi al bar a offrire da bere per i match regolarmente persi.
Il suo spirito un tempo intraprendente e battagliero si era spento per lasciar posto a un profondo senso di fallimento e vergogna.
Non poteva tollerare più i litigi con sua moglie, che lo guardava con compassione dopo il ricovero in ospedale, quando aveva creduto di perderlo davvero.
Sembrava che le sue orecchie sanguinassero ogni volta che lei gli riversava addosso tutta la sua frustrazione. Ormai non tornava più neanche a casa a dormire, preferiva rifugiarsi nel suo ufficio, dove aveva allestito appositamente il suo divano letto, che prontamente rimetteva a posto al mattino presto prima che arrivassero i dipendenti.
In realtà non riusciva a reggere neanche più il loro sguardo, sentiva addosso tutta la loro delusione, la perdita del rispetto che per anni avevano nutrito nei suoi confronti, la gratitudine si era trasformata in celata e silenziosa accusa per aver mandato a casa tante persone e aver lasciato a piedi altrettante famiglie.
Ma in infondo era lui che non riusciva a perdonarsi per questo, i sensi di colpa lo stavano divorando, la sua incapacità di riprendere il controllo dell’azienda che lui tanto aveva voluto insieme a sua moglie gli aveva prosciugato ogni forza e ogni motivazione, e più pensante diventava il fardello della sconfitta, più Salvatore si chiudeva in se stesso, tenendo lontano chiunque tentasse di scalfire questa coltre di negatività di cui si era circondato.
Questa è stata la storia che mi aveva raccontato sua moglie, quando gli eventi erano precipitati a tal punto da diventare ingestibili per chiunque.
Ad aggravare una situazione già di per sé disastrosa, infatti, avevano contribuito le richieste di risarcimento da parte dei dipendenti licenziati mesi prima. Alla maggior parte di loro non erano stati versati i contributi negli ultimi anni di attività e, tre dipendenti di laboratorio erano ancora in attesa che il TFR venisse liquidato, dopo 8 mesi dal licenziamento.
Dinanzi a questa tempesta che si stava per abbattere sulla loro nave già piena di falle, Monica non ci ha visto più, si è attivata per cercare nuovi professionisti, che potessero tirare fuori Salvatore e lei da questo disastro.
Dopo diverse ricerche effettuate anche su internet e aver letto approfonditamente i miei materiali e ogni singola newsletter per un mese e mezzo, ci ha contattati per una consulenza e per tentare di salvare il salvabile.
“Il nostro commercialista ci ha suggerito di dichiarare fallimento, di chiudere baracca e mettere tutti i nostri beni in liquidazione, ma io non posso accettare una fine del genere, non prima di un ultimo tentativo“.
Quando abbiamo messo mano sui bilanci e tutti i conti dell’azienda di Salvatore e Monica sono venute a galla tutte le crepe derivanti dalla totale assenza di una gestione finanziaria razionale e sensata.
La superficialità e ingenuità di Salvatore, unita alla scarsa competenza in materia del suo professionista e alla loro gestione dei conti e dei costi troppo disinvolta, avevano prosciugato i risparmi e gli investimenti di una vita intera col rischio di portare l’azienda e la famiglia sul lastrico a causa della mancanza di liquidità.
La carenza di un sistema di controllo di gestione finanziaria può portare ad una mancanza di liquidità
Contrariamente a ciò che pensava Salvatore e molti imprenditori come lui, la gestione finanziaria dell’azienda non spetta al commercialista di turno.
Loro, normalmente, sbrigano le questioni burocratiche e fiscali e non quelle prettamente finanziarie, a meno che tu non gli conferisca un preciso mandato e lui non abbia delle specifiche competenze e comprovate esperienze per svolgere al meglio questo delicato compito.
Quello che era successo all’azienda di Salvatore e Monica derivava proprio da questo malinteso.
Anche se loro ritenevano fosse il professionista ad occuparsi della gestione della liquidità aziendale, in realtà nessuno si era mai fatto carico di costruire e aggiornare un sistema di controllo di gestione finanziaria per tenere sott’occhiole performance e la tesoreria.
Salvatore aveva dato per scontato che fosse il suo commercialista a farlo, ma non era così.
Se avesse avuto questo compito e lo avesse effettivamente eseguito, si sarebbero resi conto molto prima della crisi di liquidità che il margine di profitto sui prodotti venduti era praticamente nullo e che sosteneva costi di gran lunga superiori rispetto alla media di mercato, per semplici servizi quali pulizia degli ambienti, le utenze telefoniche, le stesse parcelle dei consulenti.
La totale assenza di controllo di gestione aveva generato una vera e propria crisi di liquidità di cui Salvatore non si era veramente reso conto e che il commercialista aveva ritenuto fisiologica rispetto al periodo storico che vivevano, suggerendogli, peraltro, di adottare le soluzioni comunemente implementate dalla maggior parte degli imprenditori italiani:
- taglio delle spese a settori strategici per lo sviluppo aziendale,
- riduzione della rete vendita e degli investimenti promozionali,
- eccessivo ricorso a esposizioni bancarie.
I nodi sono arrivati al pettine solo quando la situazione è divenuta insostenibile e sono iniziati a piovere richieste di rientro da parte delle banche e atti legali da parte dei dipendenti.
Gli 8 segnali di pericolo che puoi rilevare grazie a un buon controllo di gestione finanziaria e che ti permettono di prevenire la crisi aziendale
L’approccio da seguire nelle aziende in crisi di liquidità non è molto diverso da quello utilizzato dai medici nei confronti di un paziente malato, che, prima di arrivare allo stadio terminale, manifesta tutta una serie di sintomi utili ai dottori per identificare la malattia, le cause, lo stato di avanzamento, la gravità e le terapie migliori per riportare il paziente in buona salute.
La gestione finanziaria aziendale funziona allo stesso modo.
Esistono dei segnali di pericolo che puoi cogliere monitorando i flussi di cassa, le performance aziendali e incrociando i dati, in modo da comprendere se è in corso una crisi o si tratta solo di problemi temporanei.
Quando questi si manifestano in modo isolato, senza un monitoraggio regolare e pianificato, infatti, vengono interpretati come secondari e trascurati in attesa che si risolvano da soli.
Si tratta, invece, di campanelli di allarme che, se captati per tempo, possono consentirti di prevenire le conseguenze più disastrose.
Ecco quali sono.
#1 Frequenti difficoltà nel pagamento puntuale dei fornitori
Si verifica quando non riesci ad onorare le fatture che ti presentano i tuoi fornitori entro la scadenza assegnata.
Ciò normalmente avviene quando il ciclo di cassa è sbagliato, quando cioè si pagano i fornitori prima di incassare i soldi dai clienti o quando i margini di profitto delle vendite sono bassi, se non inferiori a zero, come nel caso di Salvatore.
Senza rendertene conto finisci per accumulare debiti con loro, che diventano sempre più gravi quanto più strategici per la tua azienda sono i fornitori verso cui si accumulano, esattamente come gli effetti che questi possono avere sulle tue finanze.
#2 Mancanza di fondi necessari a pagare le scadenze fiscali ordinarie
Si verifica quando non riesci a versare tutte le tasse oppure rimani indietro con il pagamento dei contributi dei tuoi dipendenti, come è successo per Salvatore.
Chiaro che se si tratta di una situazione temporanea, causata magari da un ritardo occasionale nel pagamento da parte di un cliente, allora può essere gestito come un problema ordinario.
Qualora invece fosse strutturale, potrebbe essere sintomo di una carenza di liquidità dovuta al fatto che nel calcolo dei prezzi non consideri le imposte che devi sostenere.
In questi casi l’azienda non genera abbastanza liquidità per essere profittevole o la struttura dei costi non è efficiente come dovrebbe.
Potrebbe anche accadere che l’organico aziendale sia troppo sviluppato rispetto al volume di affari che l’azienda è in grado di generare, in questo caso il problema non è legato solo alla liquidità aziendale, ma si estende all’intero modello di business adottato.
#3 Viaggiare sempre al limite massimo dei fidi bancari
Che nella pratica si traduce nell’utilizzo pressoché totale dei fidi bancari e dei castelletti.
Sono situazioni che non giocano a tuo favore, perché in questo modo vieni segnalato negativamente da parte della banca in Centrale Rischi con conseguenze poco piacevoli per te, che spaziano dal peggioramento delle condizioni di accesso al credito, fino alla sua negazione o alle comunicazioni di revoca di quelli già aperti.
Anche utilizzare a tappo questo tipo di finanziamenti è un segnale da non sottovalutare, perché col tempo ti espone alla crisi aziendale. In questa circostanza ti ritrovi, infatti, a lavorare sempre con i tuoi soldi, con la differenza che tutti i margini di guadagno vengono erosi dai costi bancari.
Le cause all’origine del problema possono dipendere da una carente attenzione sulle previsioni di cassa e alla totale assenza di controllo sulle entrate e le uscite.
#4 Le banche rifiutano di anticiparti le Ricevute Bancarie o i Salvo Buon Fine
Se alla base del rifiuto c’è un cliente che si dimostra insolvente e poco affidabile, allora sarebbe il caso che tu riveda gli accordi con lui, valutando anche la possibilità di non servirlo più.
Se, oltre a questo invece, riscontri altri problemi di liquidità, come quelli che ti ho appena elencato, allora risulterai tu inaffidabile agli occhi della banca, perché non ti reputa in grado di onorare determinati accordi.
#5 Incapacità di pagarti regolarmente il tuo compenso
Se lavori e ti impegni nella tua azienda, allora sei un fattore produttivo esattamente come ogni tuo dipendente, collaboratore, macchinario, materia prima, eccetera.
Non riuscire a pagarti lo stipendio e non guadagnare dal lavoro che fai è un segnale estremamente negativo per la tua azienda, perché vuol dire che non produci denaro a sufficienza per remunerare tutti i fattori produttivi della tua impresa.
Senza tener conto del fatto che col tempo potresti perdere la motivazione e veder crescere i tuoi livelli di frustrazione proprio perché il lavoro non ti rende come dovrebbe.
#6 Necessità di preparare bilanci “abbelliti” per la tua banca
Siamo onesti, si tratta di una pratica molto diffusa tra gli imprenditori, i professionisti e consulenti a cui si rivolgono e i mediatori poco avvezzi alle pratiche bancarie. Anzi, lo è da sempre.
Ora, però, questo escamotage è abbastanza inutile, perché le banche riescono ad attingere informazioni sulle condizioni finanziarie della tua aziende anche da fonti diverse dal tuo bilancio di esercizio, smascherando prima ancora che tu te ne accorga tutti i tuoi tentativi di nascondere la polvere sotto al tappeto.
Oltre che inutile, poi, è estremamente pericoloso perché si tratta di una pratica legalmente perseguibile.
Molto meglio tenerne conto invece per sondare le cause alla base dei tuoi problemi finanziari.
#7 Prendi le decisioni finanziarie “a vista”
Si verifica quando ti ritrovi a prendere decisioni importanti di natura finanziaria relative alla tua azienda semplicemente seguendo il tuo istinto o la convenienza fiscale del momento, quando invece dovrebbero essere frutto di ragionamento, previsioni e pianificazione.
Le decisioni finanziarie, soprattutto se relative agli investimenti, vanno prese invece in base alla loro redditività, convenienza e sostenibilità.
Una problematica, quella della mancanza di pianificazione, dettata certamente dall’assenza di monitoraggio della tua struttura finanziaria, che si traduce nell’impossibilità di prevedere i flussi di cassa e prendere così decisioni razionali.
#8 Assenza di risorse per effettuare nuovi investimenti
E non mi sto riferendo solo agli investimenti in macchinari, ma innanzitutto in marketing, settore vendite, formazione, consulenze, per far crescere e migliorare la tua azienda.
Ricorderai senz’altro il caso di Salvatore che in tempi di crisi non ci ha pensato due volte a tagliare proprio le spese relative a questi settori cruciali per il suo sviluppo, accelerando inevitabilmente la fase di declino.
Le aziende sane, al contrario, producono liquidità a sufficienza proprio per finanziare questi investimenti e favorire così la crescita della propria attività.
Come affrontare al meglio i segnali di pericolo per prevenire la mancanza di liquidità aziendale
Prendere coscienza dei segnali di rischio che la tua azienda ti manda ti offre un margine di manovra che non potresti neanche pensare di avere se continuassi a portare avanti la tua azienda come hai sempre fatto, improvvisando ogni tipo di decisione di ordine finanziario.
Ti basti solo pensare che in Italia il 92% delle aziende che chiudono a causa di una crisi aziendale:
- non hanno allestito un sistema di controllo di gestione finanziario strutturato in azienda;
- non monitorano le performance aziendali;
- non controllano i dati economici e patrimoniali in maniera continuativa.
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