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La richiesta di rientro del fido bancario è una di quelle mazzate che arrivano agli imprenditori tra capo e collo, mentre sono presi a lottare con le difficoltà di tutti i giorni. Non ci sono grossi segnali che preannunciano la catastrofe.
Al massimo puoi ricevere una comunicazione informale dal direttore della filiale, con una mail che ti preannuncia la decisione del deliberante di ridurti l’affidamento. Ma molto più spesso il preavviso è verbale.
“Ma possono farlo?”
Certo, perché la richiesta di rientro del fido non è una revoca del fido, ma un accordo bonario che ti viene proposto, per non dire imposto. Solo se non accetti, partono le comunicazioni ufficiali.
Fatto sta che arriva all’improvviso, mentre sei lì che combatti con i clienti per incassare le tue fatture, litighi con i fornitori perché consegnino in tempo quello che ti serve, cerchi il modo per evitare le sanzioni che lo Stato vuole appiopparti perché hai dimenticato di pagare un F24 e lotti con un sindacalista che sta cercando di contestare quel licenziamento per giusta causa.
Mentre lotti contro i problemi di tutti i giorni, insomma, arriva la banca a mettere la ciliegina sulla torta.
Rientro fido, case study
È successo ad esempio ad un imprenditore che è divenuto mio cliente da poco e che lavora in un settore molto particolare, quello dell’elettronica di consumo.
“Che ci sarà di strano nell’elettronica?”
Devo ammettere che mi sono fatto la stessa domanda quando sono iniziati ad arrivare i primi clienti da questo comparto e abbiamo iniziato a studiare lo scenario competitivo.
In pratica il settore è in declino da anni e la marginalità delle aziende che distribuiscono i prodotti è talmente risicata da portare alla creazione di imprese giganti dalle fondamenta d’argilla.
Sono in seria difficoltà perfino le multinazionali come Mediaword e le grandi catene di distribuzione nazionali come Trony ad esempio, che stanno provando a restare in piedi eliminando i centri di distribuzione meno profittevoli.
Nel corso degli anni il comparto ha subito profondi cambiamenti a causa dell’ingresso nel mercato di forze competitive esterne che lo hanno modificato completamente, riducendo al minimo i margini di guadagno.
Come è capitato a tanti settori.
Lo sviluppo degli e-commerce e dei servizi di logistica correlati alla distribuzione diretta ha permesso alle case produttrici di vendere direttamente all’utente finale, infliggendo un duro colpo alla catena di distribuzione.
Come se non bastasse, l’accesso alle informazioni ha permesso ai clienti di comparare immediatamente il prezzo dei prodotti, scatenando una guerra basata sul singolo euro risparmiato
Oggi i margini dei distributori sono talmente risicati da non concedere spazi per commettere errori e tutti gli operatori sono lanciati in una corsa verso la crescita del fatturato per evitare la chiusura.
Servono volumi d’affari enormi per riuscire a coprire i costi fissi delle strutture ed è per questa ragione che i negozi di elettronica hanno perso slancio e i titolari delle piccole imprese hanno iniziato a fare i conti con i centesimi ed a lottare per far avvicinare i tempi di incasso e di pagamento.
Molti di questi imprenditori però, non avendo capitali né potere contrattuale con i fornitori, hanno poggiato la propria sopravvivenza su uno strumento di credito molto diffuso: l’anticipo fatture.
Oreste, il mio cliente, lavorava utilizzando fino al limite tutte le linee di credito che era riuscito ad ottenere, e dopo anni di gestione finanziaria scorretta ha ricevuto quella maledetta email dal direttore della sua banca.
Richiesta di rientro del fido, i fattori determinanti
Vuoi sapere quando le banche ti presenteranno la richiesta di rientro del fido bancario? Ecco i fattori scatenanti.
Quando un’azienda inizia ad avere problemi di marginalità sulle vendite, si arriva al punto in cui i ricavi si riducono fino a non essere più sufficienti a coprire i costi fissi.
Capita sempre e prima che tu te ne renda conto, ti ritrovi ad accumulare debiti verso le banche, il fisco, i fornitori e i dipendenti. Non necessariamente in questo ordine.
L’azienda produce un flusso di cassa negativo, che in termini più semplici vuol dire che per ogni vendita perdi dei soldi. Di conseguenza fai sempre più ricorso al debito finanziario.
É normale perché se sei un piccolo imprenditore, non hai a disposizione altre fonti di finanziamento esterne e non ci sono azionisti che possono buttare dentro soldi all’infinito.
Dicevamo che accumuli debiti ma, almeno nella prima fase della crisi, quando ancora le linee di credito non sono completamente sfruttate, è solo il debito nei confronti delle banche a crescere fino al massimo possibile.
Inizi ad utilizzare sempre di più le linee di credito che hai ottenuto ed a chiederne di nuove, per aumentare la quantità di denaro disponibile a coprire le perdite operative.
In poco tempo ti ritrovi, quasi senza accorgertene, ad utilizzare in maniera pressoché totale i fidi di cassa o le linee autoliquidanti, fino ad arrivare al punto da non essere più in grado di spendere anche poche migliaia di euro senza prima aver anticipato una fattura o un ordine.
Questa è la condizione nella quale si trova la maggior parte degli imprenditori, ma non è normale.
In realtà la tua azienda, come tutte le imprese che sono diventate mie clienti, vive in una condizione di tensione finanziaria che dura fino a quando la banca ti permette di farlo.
Il tempo che passa tra il raggiungimento di questo stato e la revoca del fido bancario cambia da impresa ad impresa, da banca a banca, da filale a filiale.
Quello che succede comunque senza che tu lo sappia è che ad ogni segnalazione di fine mese, ad ogni revisione annuale e ogni volta che chiedi di modificare qualcosa nel tuo rapporto con la banca, la tua linea di credito viene valutata e il punteggio della tua azienda cambia.
E se continui a lavorare con le linee di credito in tensione, il rating non fa altro che precipitare verso il basso. Fino all’arrivo dei guai…
Perché arriva la richiesta di rientro del fido bancario
Basta poco a provocare forti scossoni negativi nel tuo merito creditizio.
Una fattura insoluta o un periodo prolungato nel quale il fido non viene movimentato, ad esempio, sono condizioni sufficienti perché il tuo rating peggiori.
E quando il punteggio raggiunge la soglia d’allarme, sul monitor del computer del direttore della tua banca compare un segnale d’allarme che fa scattare la procedura per il rientro del fido bancario.
La procedura per rientro del fido
Nella maggior parte delle banche la procedura è simile a questa: il direttore invita il cliente ad un incontro durante il quale chiede spiegazioni sull’andamento dell’azienda. Al termine dell’incontro il funzionario comunica che l’organo deliberante della banca ha imposto un rientro dell’esposizione e che bisogna capire come farlo.
Di solito, viene proposto un piano di rientro del fido, un chirografario o un ipotecario. Dipende dalla situazione e dalla politica di recupero del credito applicata dalla banca.
In ogni caso, questo è il modo in cui avviene la richiesta di rientro del fido bancario.
“Si, ma a me non succederà, è tutto tranquillo…”
Quello che molti imprenditori ignorano è che non sempre il rientro del fido bancario viene richiesto quando la crisi aziendale è conclamata e quasi mai, nella prima fase della procedura di recupero, la banca procede ad una revoca formale dell’affidamento.
Senza voler scendere nel tecnico, ti basti sapere che la tua linea viene messa nello status di “rientro volontario”, anche se di volontario non c’è nulla.
Questo è quello che è successo ad Oreste l’anno prima che la situazione finanziaria della sua azienda diventasse insostenibile.
Il direttore della banca con cui lavorava lo convocò in filiale dicendogli che doveva parlargli e che ci sarebbe stato anche il suo capo-area.
All’appuntamento fu travolto da una serie di domande e affermazioni che lo rintontirono e portarono alla temuta richiesta di firmare un piano di rientro che, nel giro di 12 mesi, lo avrebbe portato a estinguere il debito.
Oreste è un imprenditore onesto e da uomo corretto acconsentì a firmare il piano proposto per restituire quello che aveva avuto in prestito. Firmò l’accordo, la dichiarazione di accettazione del debito e il cambialone a garanzia che avevano già preparato per lui.
Senza pensarci due volte e senza ragionare su quelle che sarebbero state le conseguenze per la sua azienda.
Come tutti gli imprenditori che ho conosciuto.
Firma del piano di rientro, gli errori degli imprenditori
L’errore che tutti gli imprenditori commettono quando la banca gli propone il rientro del fido bancario:
L’appuntamento in filiale, quello nel quale ti viene comunicata la volontà della banca di rientrare del fido, è una delle esperienze più stressanti che un imprenditore possa vivere nell’ambito del rapporto tra la banca e l’impresa.
Ti fanno sentire in colpa, ti gettano addosso l’aura del fallimento e ti fanno venire in mente scenari talmente catastrofici da mandarti in confusione. La banca dice rientro e tu pensi ai carabinieri che ti sbattono fuori di casa.
Ma loro sono buoni e quindi ti propongono una soluzione che permetterebbe di evitare tutto quello che fino a due minuti prima hanno minacciato. Viene quasi istintivo accettare la proposta, a qualsiasi condizione e senza pensare troppo alle conseguenze. Ecco perché molti ci cascano.
Quello che devi tenere a mente quando la tua banca ti propone un piano di rientro del fido bancario è che l’istituto di credito è in una posizione opposta alla tua.
In quel momento è un nemico che ha tutto l’interesse a conquistare tutto ciò che è possibile. Senza badare a quello che è meglio per te.
Fermati un attimo a riflettere.
Da un lato c’è una banca che vuole rientrare nel più breve tempo possibile, di tutto l’importo possibile e con la maggior probabilità di successo possibile. Anche a discapito degli altri creditori con una strategia che potremmo definire “morte tua, vita mia”.
Dall’altro ci sei tu, che avresti bisogno della maggior dilazione possibile, anzi che quasi avresti bisogno di altra liquidità e non certo della chiusura rapida di una delle tue linee di credito.
In questo scenario di interessi contrapposti, non puoi lasciare che sia il funzionario della banca a suggerirti la soluzione migliore per te. Semplicemente perché non lo farà.
Firmare il piano di rientro del fido bancario senza aver fatto bene i conti e senza aver programmato le altre contromisure da applicare per evitarlo rischia di mettere in seria difficoltà la tua azienda, soprattutto se i margini di guadagno sulle vendite sono risicati come nel caso di Oreste.
Un piano di rientro dell’affidamento vincolante e sovra garantito è la goccia che compromette il delicato equilibrio finanziario che sei riuscito a mantenere con fatica e per tanto tempo.
Se fino ad oggi ci sei riuscito, dopo la firma non riuscirai a farcela.
Oreste si era trovato pagare una rata di rientro che assorbiva buona parte del suo margine mensile e per pagarla aveva rinunciato anche al suo compenso. La scarsa liquidità generata da un business a basso margine veniva completamente assorbita dal rientro.
“Ma come avevano fatto a convincerlo allora?”
In base alle mie ricerche, agli appuntamenti in filiale sotto mentite spoglie e ai racconti dei miei clienti imprenditori, vieni quasi sempre convinto a firmare questi piani di rientro capestri quando ti sventolano davanti lo spauracchio della sofferenza bancaria.
Molti imprenditori, infatti, non ne conoscono veramente i termini e le implicazioni ma sanno che è da evitare fino a quando è possibile.
Vero, ma non verissimo.
Sofferenza bancaria: cos’è
La sofferenza bancaria è semplicemente uno status tecnico che viene attribuito dalla banca a quelle aziende che non sono più nelle condizioni di utilizzare le linee di credito alle condizioni contrattuali.
Ma se ti fermi un attimo a riflettere, ti rendi conto che anche il piano di rientro del fido bancario è una modalità che non rientra tra le normali condizioni dei contratti di affidamento. Quindi nella sostanza sei in sofferenza.
“Si, ma se mi mettono in sofferenza le altre banche non mi daranno credito perché vedono la centrale rischi”
Oreste ha accettato il piano di rientro spaventato dall’idea di essere messo in sofferenza e di non poter più accedere al credito bancario. Uscito dalla filiale è corso in un’altra banca per cercare di sostituire l’affidamento messo a rientro.
E solo quando è andato a bussare alle altre porte ha capito di aver sbagliato.
Nonostante non ci fosse la segnalazione di sofferenza, infatti, tutti gli istituti di credito hanno rifiutato la richiesta a causa dell’andamento della sua Centrale Rischi.
La sofferenza è uno status che rende evidente lo stato di crisi, ma nella concessione delle linee di credito le banche guardano comunque all’andamentale che, per le aziende che possono essere messe in sofferenza, è per forza di cose negativo.
Piano di rientro del fido non sostenibile, le conseguenze
Quali sono i problemi causati da un piano di rientro del fido bancario inadeguato alla capacità finanziaria della tua azienda?
Il problema principale del piano di rientro forzato imposto dalla banca è stato quello di bloccare lo sviluppo dell’azienda. Oreste non aveva i soldi necessari per acquistare tutta la merce di cui avrebbe avuto bisogno e per questo perdeva opportunità di guadagno.
Ma non solo, nei mesi più bui, quelli nei quali non fatturava abbastanza da coprire nemmeno le spese essenziali, erano i suoi figli, la sua famiglia a pagarne il conto. Oreste sperava che comportandosi bene con la banca, lei si sarebbe comportata bene con lui.
Ben presto scoprì che non sarebbe stato così.
La scelta di metterti a rientro non nasce dal capriccio del direttore, né da un’iniziativa del capo-area. Parte da un’analisi delle condizioni di concessione del credito in base alla quale la banca stabilisce che non rispetti determinati parametri, simili per tutte le banche.
Impossibilità di accedere al credito
Ecco perché mentre stai affrontando un sanguinoso piano di rientro non riesci ad accedere al credito.
Come se non bastasse, il salasso provocato da piani di rientro insostenibili non fanno altro che peggiorare i parametri finanziari, economici ed andamentali della tua azienda generando un effetto negativo che si propaga non solo alle altre banche, ma anche nel tempo.
In altre parole, quando vai a chiedere aiuto ad altre banche queste ti valuteranno con parametri simili a quelli utilizzati dalla banca che ti ha messo a rientro e giungono alla stessa conclusione.
Mancanza di liquidità
In più, rispettando il piano sottrai alla tua azienda risorse importanti e inevitabilmente devi rinunciare a fare investimenti utili ad aumentare il fatturato e migliorare i numeri del tuo bilancio e il saldo dei tuoi conti correnti.
Questo effetto ha una durata prolungata nel tempo e per questo devi essere pronto a mandare avanti la tua azienda anche senza il supporto delle banche per un periodo non inferiore ai 3 anni, durante i quali non puoi che lavorare sui tuoi flussi di cassa operativi, cioè su quelli derivanti dalla tua attività produttiva.
Richiesta del piano di rientro, cosa devi fare
Ecco quello che dovresti fare quando la tua banca ti propone un piano di rientro del fido bancario:
Oreste avrebbe dovuto prendere tempo.
Le decisioni prese d’istinto, quando si tratta dei soldi della tua azienda, non sono mai quelle giuste.
Bisognava preparare un piano previsionale dei flussi di cassa per stabilire se fosse stato possibile continuare a lavorare nonostante l’assorbimento di liquidità. Solo dopo avrebbe potuto accettare il piano o negoziare condizioni differenti.
“Io ci ho provato, ma la banca ha rifiutato la mia proposta”
Questo è abbastanza normale, ma la soluzione non è firmare alle condizioni che ti stanno imponendo. In caso di rifiuto da parte dell’intermediario, bisogna ragionare su una strategia per portare allo stralcio il debito con la banca.
E nel frattempo occorre lavorare sull’azienda per creare le condizioni di autofinanziarla e quindi di riuscire ad impostare un ciclo di cassa positivo dato da vendita-incasso-pagamento.
“Si ma come si fa?”
Pensa a come sarebbe bello avere una persona che, al posto tuo, lavora per riportare in equilibrio finanziario la tua azienda quando ancora si può fare, aggiornandoti costantemente su quello che è stato fatto e quello che c’è da fare, mentre tratta per conto tuo con i fornitori, le banche, i dipendenti e chiunque ti distragga dal tuo obiettivo principale.
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