

Qualche giorno fa ho partecipato ad una videoconferenza per discutere delle strategie da adottare durante questo periodo di lockdown nella gestione dell’azienda di una nostra Assistita.
In connessione remota, ognuno da casa propria, c’eravamo io, il Gestore che coordina il progetto di risanamento, il commercialista che segue l’azienda da 17 anni e la famiglia degli imprenditori al completo.
Due generazioni in realtà, perché è un’azienda aperta da più di 40 anni, ma i nonni non partecipano più attivamente nell’attività di famiglia.
L’oggetto della riunione sono stati i problemi finanziari causati dalla chiusura forzata, le difficoltà a coprire le spese fisse e le misure da adottare per ridurre al minimo il rischio di fallimento.
Sul piatto c’erano operai da tutelare, artigiani da pagare, fornitori da saldare e un’azienda storica da salvare…
È un’operazione di risanamento aziendale molto complicata, in cui ci sono tantissimi interessi in ballo e la riserva di liquidità è ancora scarsa, perché il progetto di ristrutturazione finanziaria è iniziato da pochi mesi.
Diciamo che il virus è stato la ciliegina sulla torta delle difficoltà finanziarie.
La situazione era inverosimile.
Persone adulte, normalmente abituate a gestire un’azienda con 70 operai ed impiegati, da oltre 40 anni sul campo, erano in pieno stato confusionale perché il professionista di fiducia aveva iniziato a contestare, con sintetici, disinteressati e poco rassicuranti “aspettiamo e vediamo” le proposte messe sul piatto.
Ci ho messo un po’ a capire perché stesse tenendo quell’atteggiamento.
Rispondendo alle sue obiezioni, mi sono reso conto che non sapeva nulla dell’attività sviluppata dentro quell’azienda e che aveva chiesto di partecipare all’incontro solo per difendere la sua posizione privilegiata e cercare di non perdere il cliente.
Immaginati la scena.
Su un lato dello schermo un professionista gagliardo e battagliero, sulla cinquantina, pronto a difendere il lavoro fatto nei 17 anni in cui si era occupato dei bilanci e delle dichiarazioni, che goffamente cercava di capire come far funzionare la webcam senza inquadrare solo la fronte.
Dall’altra parte degli specialisti in situazioni di crisi aziendale, visibilmente più giovani, abituati a lavorare in smartworking e a gestire il lavoro in perfetta efficienza anche senza risiedere nello stesso comune dei propri clienti, che avevano fatto aprire gli occhi alla famiglia di imprenditori sui pericoli, i problemi e i rischi derivanti da quello che era stato fatto in quel momento.
Non sono qui per sottolineare l’inadeguatezza di questo professionista nel proporre soluzioni alla situazione d’emergenza, perché questo cataclisma sanitario era imprevedibile per chiunque e affrontarlo è estremamente complicato anche per chi, come noi, lo vive tutti i giorni vestendo la duplice casacca di imprenditore e di consulente al servizio degli imprenditori in difficoltà.
A tutto però c’è un limite.
Oltre all’ostruzionismo e ai commenti che manifestavano la sua impreparazione, ha tirato fuori la vera perla quando ha proposto ad un’azienda sull’orlo di una crisi di liquidità di investire i pochi soldi disponibili per pagare gli F24 in scadenza alla metà del mese.
La priorità, secondo lui, era quella di risparmiare due spiccioli su eventuali sanzioni per il ritardo del versamento (che poi sono state comunque evitate grazie al decreto)?!
Mi piange il cuore a sapere che, la fuori, migliaia di poveri imprenditori vengono “seguiti” così, soprattutto in momenti di profonda crisi economica.
Permettimi di chiarire la mia posizione.
Sono assolutamente convinto che le tasse siano da pagare, ci mancherebbe altro, ma se non hai soldi a sufficienza per pagare tutto devi assegnare una priorità ai costi da sostenere, analizzando la situazione in termini di costo-beneficio.
Prima si da priorità alle spese necessarie a generare fatturato e garantire la continuità aziendale anche in lockdown, poi ci si impegna a pagare quelli potenzialmente più rischiosi e garantiti e poi, a seguire, tutti gli altri (chiaramente rispettando i privilegi).
Lo schema sinteticamente è questo.
Vengono prima i pagamenti dei beni e dei servizi essenziali per far funzionare il business e poi quelli non fondamentali.
Se mi stai seguendo e condividi quello che scrivo, sono sicuro che non sei il tipo di persona che scappare dai propri creditori, né tantomeno quello che vuole evitare le tasse da pagare: assisto solo imprenditori di questo tipo.
Ma per poter pagare tutto quello che c’è da pagare devi agire in maniera strategica, altrimenti corri il rischio di non poter pagare tutto, nonostante la tua buona volontà.
Quindi ora siediti e inizia ad analizzare in maniera lucida tutti i tuoi debiti e le tue scadenze e a definire il tuo piano di tesoreria.
Non so se lo sai, ma nella gestione delle crisi aziendali uno dei nostro protocolli prevede la realizzazione di un piano di tesoreria a 13 settimane, un’analisi minuziosa di quello che l’azienda deve incassare e pagare nei successivi 90 giorni.
Si tratta di una procedura tipica nelle operazioni di turnaround management.
L’analisi dei flussi di cassa previsti è fondamentale per riuscire ad anticipare tutti quegli interventi necessari a risolvere le problematiche di liquidità che rischiano di compromettere in maniera non rimediabile la continuità aziendale.
Una volta aver misurato lo squilibrio tra le entrate e le uscite, però, bisogna intervenire.
Se la liquidità non basta bisogna negoziare i debiti e stabilire un piano di pagamenti basato sulle priorità, sulle conseguenze che possono derivare qualora i piani continuino a saltare e tu non possa pagare e sulla possibilità di trovare delle soluzioni alternative.
Puoi farlo da solo, oppure puoi chiedere ad uno dei professionisti del mio network di farlo insieme a te, seguendo questi passaggi.
I 3 step per definire la priorità nei pagamenti
Prima di iniziare a descrivere questi 3 step, lasciami fare una premessa.
So bene che in questa situazione eccezionale molte attività sono state completamente bloccate dalle disposizioni governative, ma il ragionamento non cambia, che tu sia aperto, stia lavorando a mezzo servizio o sia completamente chiuso.
Che tu abbia la copertura finanziaria per andare avanti una settimana, un mese, un trimestre o un intero anno poco importa: devi comunque seguire questa sequenza tecnica nella definizione delle tue priorità di spesa.
Quindi andiamo avanti.
1) Parti dalle spese essenziali per continuare a fatturare
Uno degli interventi tipici che gli imprenditori fanno quando avvertono i primi segnali di difficoltà è quello di tagliare le spese ritenute inutili o meno urgenti, le spese che si possono rimandare, insomma.
E fin qui, tutto bene.
Il problema è che il concetto di spese rimandabili è molto soggettivo, quindi ognuno di noi assegna ai costi una priorità tutta sua o stabilità sulla base di suggerimenti esterni spesso inadeguati.
C’è chi, quindi, da priorità alle spese bancarie, chi al mutuo del capannone, chi alle tasse da pagare… ognuno ha la sua scala personale di priorità.
In realtà però, nel ridurre le spese occorre seguire una logica specifica.
Nei bilanci delle aziende in crisi conclamata le prime voci di spesa ad essere state tagliate brutalmente dall’imprenditore sono quelle per gli investimenti in marketing e pubblicità, le spese per la formazione del personale e gli incentivi per la forza vendita.
Questo approccio è autolesionista.
La tendenza a ridurre gli investimenti necessari a generare fatturato provoca, nel tempo, la progressione delle iniziali difficoltà finanziarie verso la crisi più nera.
Il criterio giusto per selezionare le spese prioritarie è questo: mi serve a fare più fatturato?
Se la risposta è SI, è una spesa molto importante.
Se NO, puoi anche spostarla nel mucchio dei costi da tagliare.
Dal punto di vista imprenditoriale, ha molto più valore la spesa per l’acquisto di una pagina pubblicitaria piuttosto che il pagamento della prossima rata del leasing sul capannone.
“Ma allora perché tutti pagano la rata e tagliano le spese promozionali?”
La risposta è semplice: perché è facile farlo.
2) Separa i costi per gli acquisti da fornitori sostituibili e non sostituibili
Il secondo criterio di definizione delle priorità di spesa è il criterio della sostituibilità.
In pratica devi capire se con il denaro che devi spendere stai acquistando qualcosa (un bene, un servizio o altro) che puoi facilmente trovare sul mercato oppure quella spesa serve a garantirti la fornitura di un elemento non sostituibile per la tua produzione.
Attento però.
Devi essere obiettivo nella valutazione.
Una delle procedure di gestione della tesoreria che adottiamo già a partire dalle prime fasi del percorso di riequilibrio finanziario che facciamo con i nostri Assistiti è la definizione delle forniture sostituibili e di quelle insostituibili.
Esattamente quello che sto chiedendo di fare a te.
Beh, non ci crederai, ma spesso mi capita di trovare tra i fornitori non sostituibili quelli che vendono prodotti per ufficio, il corriere per le spedizioni, il fornitore di servizi di assistenza tecnica per le stampanti ecc.
La valutazione deve essere fatta a partire da una ricerca di mercato sulle opzioni e, più in profondità, sulle alternative in caso di forza maggiore.
Prova a farti questa domanda: se il fornitore dovesse fallire domani mattina, come potrei continuare a produrre e vedere ai miei clienti?
La logica è quella di rintracciare tutte quelle spese che sono veramente essenziali per il fatturato e che servono acquistare qualcosa di unico, che altrimenti non potrei avere a disposizione per aumentare il volume d’affari o per ridurre i costi di gestione dell’azienda.
Perché le aziende guadagnano in due modi: aumentando le entrate o riducendo le uscite.
Ma ridurre le uscite, magari abbattendo l’indebitamento complessivo attraverso un’operazione di saldo e stralcio, è notevolmente più semplice e può essere delegato, ad esempio, ad aziende come la mia.
3) Tieni in considerazione l’ordine dei privilegi stabilito dalla legge e le garanzie rilasciate
Questo criterio serve a farti rispettare la legge, a capire cosa perderesti nel caso in cui i problemi peggiorassero e a dare il giusto peso ai debiti garantiti, tenendo comunque in considerazione gli elementi evidenziati nel punto 1) e nel punto 2).
La legge, infatti, impone un certo grado di priorità nel pagamento dei debiti che solitamente è contrario a quello seguito istintivamente dagli imprenditori, ma che deve essere preso sempre più in considerazione man mano che da semplice mancanza di liquidità ti ritrovi invischiato in una vera e propria crisi.
D’altro canto le fideiussioni personali, le garanzie di firma, gli assegni post datati e le cambiali sono alcune delle formule più utilizzate per garantire debiti e pagamenti, ma la loro importanza resta comunque marginare se paragonata al rischio di non fatturare più un centesimo.
Mi spiego meglio con un esempio tratto da un caso che sto seguendo.
Uno dei miei assistiti ha una società immobiliare finanziata con mutui ipotecari e una serie di affidamenti temporanei, ha un patrimonio personale rilevante e diversi appartamenti da vendere.
Il consulente dilettante (ex direttore di banca) che ha avuto la fortuna di entrare nelle grazie dell’imprenditore prima di noi ha pensato bene di spingere la vendita dei beni più facili da liquidare, estinguendo i mutui ipotecari.
Peccato che, per quanto importanti, fossero solo un terzo del debito complessivo (garantito dalle firme dell’imprenditore e dei suoi famigliari) e che gli immobili rimasti in pancia all’azienda siano senza mercato.
Oggi la sua attività non ha più alcuna possibilità di incassare denaro, lui ha sprecato quello ricavato per coprire i debiti sbagliati ed oggi è sull’orlo del fallimento, che si trascinerà dietro i suoi beni personali e quelli dei garanti.
Ecco perché le garanzie sono importantissime da tenere in considerazione, ma sempre in funzione dell’importanza della spesa per migliorare il fatturato e della valutazione sulla sostituibilità del fornitore (che in questo caso era un fornitore di denaro, la banca).
Non ti nascondo che fare queste valutazioni strategiche è molto complicato ed è per questo che è uno degli elementi cardine del lavoro che facciamo sui nostri Assistiti.
Ed è un’attività che stiamo continuando a fare in questi giorni, nonostante il virus.
In queste settimane, infatti, il mio network professionale resta pienamente operativo e a disposizione degli imprenditori, per assistere chi dovessero aver bisogno di un supporto per superare questa fase di transizione.
Continuiamo a lavorare per fornire indicazioni utili agli imprenditori in difficoltà e per garantire al maggior numero di imprese possibili di superare questo difficile momento per la salute e l’economia.
Perché la mia missione (im)possibile di divulgare le informazioni necessarie agli imprenditori per creare aziende finanziariamente solide e ad aiutare le imprese in difficoltà a tirarsi fuori dalle secche di una potenziale crisi finanziaria, in questo periodo è ancora più importante del solito.
I nostri clienti sono già in contattato con il loro Gestori di riferimento per valutare la fattibilità delle strategie presentate, mentre gli imprenditori iscritti alla nostra newsletter o al Gruppo Facebook possono richiedere assistenza gratuita fissando un appuntamento per una consulenza strategica.
Non ci dovremo incontrare.
Operiamo in smart-working da sempre, i nostri consulenti lavorano dalle loro residenze e dai loro studi privati in giro per il mondo da anni, siamo attrezzati per seguirvi a distanza attraverso call telefoniche, videoconferenze, comunicazioni elettroniche e procedure specifiche.
In bocca al lupo a tutti.
Noi ci siamo.
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