

Quando sono uscito dall’università ero un ragazzino supponente, convinto di aver capito tutto del mondo. Pensavo davvero che i miei studi, quello che sapevo, l’essere riuscito ad andarmene da casa e conquistare Milano mi avessero reso superiore agli altri.
Non so esattamente in che senso… superiore a chi? Superiore per cosa? Fatto sta che quello era il modo in cui mi sentivo, mentre gonfiavo il petto inorgoglito per la laurea appena ottenuta.
Se mi avessi sentito parlare in quel momento probabilmente mi avresti tirato un pugno o, se sei una persona pacifica, mi avresti perlomeno insultato. Lo stesso lo farei ora come ora.
Ma perdonami, avevo 23 anni e non sapevo davvero nulla di come si sta al mondo.
Ho iniziato a lavorare da subito in una grande azienda, quattro mesi prima della laurea, e tra noi colleghi, provenienti tutti dallo stesso ambiente universitario, non mancavano mai le prese in giro nei confronti di chi pensavamo non fosse alla nostra altezza.
Ci prendevamo gioco di quelli che non capiva il nostro linguaggio da addetti ai lavori e di chi ci guardava perplesso, non appena utilizzavamo qualche parola un po’ più tecnica.
Non ero simpatico. Lo so.
Circondavo ogni cosa che usciva dalla mia bocca con paroloni, numeri, statistiche e chi se ne frega se chi avevo davanti non capiva. Tanto quello che contava era sfoggiare la mia conoscenza e fatturare quante più ore possibile.
I clienti non capivano? Poco importava. Se non capivano, non meritavano di farlo.
Questo era il tipo di persona che ero.
Probabilmente non merito la tua comprensione, non la sto chiedendo in realtà, ma voglio solo dirti una cosa: ho smesso.
Detto così sembra che mi facessi di una qualche droga, di una qualche sostanza stupefacente e in un certo senso è così. Ero come drogato da quell’illusione, che mi impediva di vedere la realtà dei fatti.
Qual era questa realtà?
Che io ero uno stupido idiota borioso con una laurea, che non mi rendeva niente di speciale e la capacità di fare due più due a mente non mi rendeva così utile al mondo. In fondo chiunque poteva studiarsi un libro. Niente di incredibile insomma.
Quando l’ho capito?
Quando mi hanno schiaffato in faccia la realtà dei fatti qualche anno dopo.
Se mi segui da qualche tempo hai già letto questa storia infinite volte, ma è davvero il passaggio chiave per capire, perché non sono più l’uomo di una volta, quindi eccola di nuovo qui.
Prima però so già che ti stai chiedendo una cosa…
“Ma a me della tua vita cosa me ne frega?”
Hai anche ragione, non sono così interessante. Tuttavia tutto quello che ti sto raccontando non parla esattamente di me, ma di tutto quello che c’è qui intorno, delle persone che rischi di trovare sul tuo cammino, di come rischi di affidarti a professionisti che hanno come unica idea quella di spillarti un po’ di soldi e si sentono anche in diritto di farlo.
Tu d’altronde se non capisci quello che ti dicono, è colpa tua.
Tornando un attimo a noi.
Quando ho conosciuto Valeriano ero quel borioso ragazzino lì, ma non ero proprio senza cuore dai. Quindi, quando parlando lui mi ha chiesto aiuto, nonostante pensassi che fosse colpa sua, nonostante non lo reputassi un genio, ho capito.
Non so come sia successo, ma parlando con lui sono ritornati fuori tutti i valori che mia madre ha cercato di insegnarmi e trasmettermi mentre mi cresceva da sola.
Quindi l’ho aiutato. Ho aiutato con tutti gli strumenti a mia disposizione quel piccolo imprenditore, che non era affatto un idiota come pensavo, ma anzi una persona estremamente in gamba, super competente nel suo settore, ma ignaro dei meccanismi che regolano la finanza d’azienda.
Ed è lì che ho capito qualcosa di fondamentale: ero un coglione.
Tutto questo mi è tornato in mente l’altro giorno, quando ho ricevuto la risposta a una mail che ho inviato e ho sentito in quella mail il mio stesso tono presuntuoso, la mia stessa convinzione, la stessa idea che sorreggeva me:
“Se non sanno queste cose, forse non dovevano nemmeno aprirla quell’azienda”
Più precisamente recitava così:
“…veramente può esistere un imprenditore che non conosca cosa sia la CRIF e debba impararlo dal suo blog? Be’ allora non è il mondo crudele e lo Stato vessatore a ridurre queste persone in miseria, ma solo la loro ignoranza e il loro pressappochismo…”
Capisco questo punto di vista o almeno, lo capiva quello stupido ragazzino che ero anni fa, ma capisco che sia difficile spiegare a qualcuno che non tocca con mano ogni giorno della sua vita cosa significa fare impresa in Italia, tutto quello che un imprenditore DEVE sapere.
Lo capisco perché è il punto di vista di un accademico, un professore universitario, uno di quelli che fa convegni e conferenze, che la realtà del mondo la conosce solo filtrata dai manuali.
Appartiene a quella categoria di persone che non si è mai sporcata le mani, che resta nelle sue stanze dorate a pontificare.
Ero anche io uno di loro fino ad una decina di anni fa.
Tu come me, sei di certo un esperto nel tuo settore, sai tutto quello che c’è da sapere sul tuo prodotto o servizio, te ne occupi nei dettagli, lo conosci in ogni sua parte, MA non puoi sapere tutto.
In questo mondo dove ogni cosa è diventata più difficile, ogni aspetto del mondo lo si conosce più profondamente ed è diventato più complesso, NON puoi sapere tutto.
Perché quindi io so certe cose e tu no? Sono superiore a te? Sono più bravo?
NO, semplicemente occuparmi di finanza aziendale è il mio servizio.
Le piccole aziende, le loro crisi, gli imprenditori con le mani nella malta, i capannoni in periferia, le filiali di provincia, gli uffici contenziosi delle banche sono il mio mondo.
Tutto questo non può saperlo chi sta a chilometri luce dal mondo delle imprese con il quale lavoro io tutti i giorni, non può saperlo chi non vede la passione degli imprenditori che dentro la loro azienda mettono ogni cosa e anche di più.
Non può nemmeno concepirlo chi pensa cose come “mai chiederei una consulenza ad una persona che si esprime in un cattivo italiano!”.
Questo non conta nel mio mondo, quello in cui devo correre nell’azienda agricola di Paolo perché un ufficiale giudiziario vuole mettere i sigilli alla sua stalla o devo accompagnare Laura a firmare il suo accordo in filiale perché il direttore la mette in soggezione.
Se nel mondo professionale sfoggiare un vocabolario degno di un laureato è ciò che importa, ecco forse si sta sbagliando tutto.
Perché io sinceramente non avrei problemi ad affidare la mia salute a un cardiologo che sbaglia un congiuntivo MA che è il più competente in circolazione e mi ha spiegato chiaramente quello che andrà a fare una volta aperta la mia cassa toracica.
Sarei invece terrorizzato al pensiero di entrare in sala operatoria completamente ignaro di ciò che mi sta succedendo, perché il medico piuttosto che farmi capire si è preoccupato di sfoggiare la sua conoscenza dell’anatomia umana con termini incomprensibili.
Ecco quello sarebbe un problema.
E questo è il problema anche nel mio campo. Ogni settore ha i suoi tecnicismi e anche io purtroppo ancora oggi mi faccio sfuggire qualche termine altisonante. Ma sto cercando di rimediare
L’obiettivo non è mostrarsi bravi a dire due parole difficili. L’obiettivo, almeno il mio, è assicurarmi che chi ho davanti sappia cosa sta succedendo, sia consapevole delle azioni che stiamo portando avanti e delle conseguenze per la sua attività.
Questo è il mio scopo.
Ed è questo quello che spiego agli avvocati che vengono a lavorare per me… Non sai quanto è faticoso fargli capire che devono abbandonare il linguaggio dei tribunali quando sono in contatto con gli imprenditori.
Cose come far capire che sono un Bocconiano, andare in giro con il petto gonfio per l’importante e prestigiosa scuola che ho frequentato, beh non mi interessa. Ho lasciato quei sentimenti a 10 anni fa, li ho sepolti lì, quel giorno al bar, quando ho deciso di aiutare Valeriano.
È grazie a questa convinzione, all’idea di essere dalla parte giusta, quella degli imprenditori, che mi faccio scivolare addosso affermazioni come:
“E poi che ne direbbe di migliorare l’italiano della sua comunicazione?”
Mi fa sorridere una frase del genere, ma mi fa anche un po’ ribrezzo, perché è un insulto nemmeno velato alla fatica che faccio ogni giorno per rendere chiari concetti che non lo sono affatto, nemmeno per gli esperti a volte.
E no, non devo semplificare perché “i clienti sono tutti trogloditi delle valli alpine o della bassa padana” (cito testualmente).
Lo devo fare, perché gli strumenti di finanza aziendale, che tanto servono agli imprenditori, sono su libri universitari, pensati per i teorici, gli studiosi o al massimo gli studenti, gente che in ogni caso ci passa ore su quei testi.
Ma non sono direttamente applicabili, se non premasticati e divulgati nel modo giusto.
Di certo non hai il tempo di metterti a studiare tutto visto che nelle ore che i professori passano a studiare dietro le loro scrivanie tu devi mandare avanti la tua azienda, chiamare i fornitori, parlare con i tuoi dipendenti e fare tutto ciò che serve, perché l’azienda vada dove deve andare.
Ma perché è così importante che tu capisca questi concetti?
Perché troppo spesso ti ritrovi vittima di persone che non hanno nessun interesse a farti davvero capire quello che succede.
Troppo spesso gli addetti delle finanziarie o i funzionari di banca ti aggrediscono sommergendoti di concetti complicati e indecifrabili. Troppo spesso esci da quei posti senza aver capito una sola parola.
E la stessa cosa ti succede quando vai in uno studio professionale.
Ed è questo che ti porta a firmare fogli criptici, accordi capestri e condizioni assurde. Sono le spiegazioni non date, le parole complicate che ti spingono ad accettare quelle clausole che ti porteranno a fallire.
Non è la tua ignoranza, non il “pressappochismo”, è L’IDEA che la conoscenza non vada divulgata, che nulla possa essere spiegato, che non si possa illustrare con parole semplici.
Perché se non usi i termini tecnici non sei del mestiere, non sei uno bravo, devi per forza essere incomprensibile, nella tua aurea di sapere supremo per essere bravo.
Mi dispiace, ma se quello che cerchi è qualcuno del genere, puoi anche non leggere mai più una parola di quelle che scrivo.
Se pensi ancora che la proprietà di linguaggio e sfoggiare paroloni sia necessario a fare il tuo mestiere…
Se non ti fidi delle mie parole, perché sono semplici e comprensibili, se non mi reputi una persona che non sa qualcosa degna di impararlo, se non pensi che quello che leggi non ti dia gli strumenti per colmare le lacune che per un motivo o per un altro ti trovi ad avere…
…ecco noi non siamo fatti della stessa pasta, semplicemente.
Puoi rivolgerti a qualcun altro, non è un problema.
Io ho smesso di essere quel ragazzino borioso, ho smesso di giudicare chi ha conoscenze diverse dalle mie.
Ho iniziato a pensare che come io non so assolutamente coltivare un campo, gestire un negozio di vestiti, riparare tubature, produrre macchinari per industria, allo stesso modo tu non sai come gestire la struttura finanziaria della tua azienda.
Non è una colpa, MA può essere davvero letale per la tua azienda.
Per questo nella prima consulenza con me o i miei ragazzi, nessuno ti parlerà di massimi sistemi, nessuno ti rincoglionirò a furia di tecnicismi, no. Quello che faremo è dirti esattamente come stanno le cose, forse un po’ troppo direttamente per i tuoi gusti. Ma la schietta onestà e le mie conoscenze tecniche sono tutto quello che mi è rimasto degli anni giovanili.
Non tutti possono lavorare con me, lo so e non mi interessa che sia così, mi interessa aiutare con il mio lavoro chi è disposto a capire, affidarsi a me e avermi al suo fianco mentre sistemiamo l’azienda e la prepariamo al futuro che ha sempre meritato.
Se questo è il tuo caso, se questo è quello che vuoi fare e se ti rendi conto che la tua azienda ha bisogno di quell’aiuto, che tu per ovvi motivi non puoi darle, prenota ora la tua CONSULENZA GRATUITA cliccando sull’immagine qui sotto per capire con me qual è la direzione giusta da prendere.