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L’azienda di Anna è una tipica realtà imprenditoriale nata negli anni più floridi per l’economia del Paese, una di quelle imprese artigiane che hanno contribuito ad affermare l’eccellenza del Made in Italy nel mondo e che, per come la vedo io, non dovrebbe mai subire una crisi aziendale.
Una maglieria di dimensioni medio-piccole (27 dipendenti e due titolari, ma erano 350 quando i grandi marchi della moda stavano muovendo i primi passi), nata dal laboratorio del nonno ed evolutasi in 70 anni di storia, grazie al contributo di tre generazioni di proprietari.
Un connubio di artigianalità, tradizione, ricerca e tecnologia che hanno permesso l’accumulo di un know-how dal valore inestimabile.
Migliaia di disegni, modelli, libri tematici provenienti da tutto il mondo, centinaia di soluzioni di lavorazioni e punti, antichi telai a mano ancora operativi affiancati da sofisticati macchinari di ultima generazione e un servizio di prototipia interno sempre attivo per la lavorazione dei filati più pregiati: cashmere, sete, lane, lini, cotoni e viscosa….
Negli anni l’azienda è diventata un punto di riferimento nella fornitura di campionature, prototipi, capi e accessori per i più prestigiosi marchi d’alta moda, come anche per gli stilisti emergenti, diventando di fatto punto di riferimento del settore, grazie alla qualità del lavoro e al passaparola.
I clienti per anni hanno continuato a “cascare nel capannone”, a bussare alla porta senza un briciolo di attività promozionale.
Una realtà che ha fatto e continua a fare scuola, grazie allo sviluppo del prodotto, delle tecnologie e dei materiali portato avanti dalla sorella di Anna, che segue la parte produttiva dell’azienda ed è costantemente impegnata nella formazione delle nuove generazioni che vogliono apprendere e ispirarsi ai loro processi di lavorazione.
Una meravigliosa storia di famiglia e d’impresa con tutto il potenziale e le risorse per andare avanti, stroncata però dai cambiamenti di mercato e delle condizioni del credito bancario, che hanno reso l’azienda sempre più debole, fino a portarla sull’orlo del baratro.
La stessa crisi che colpisce ogni anno migliaia di imprese italiane di eccellenza, fatte di tradizione e valori genuini tramandati di generazione in generazione, aveva inferto anche a loro un duro colpo, al punto da portare l’imprenditrice a credere di avere come unica prospettiva la chiusura dell’attività.
Quando ho conosciuto Anna, più avvezza alle questioni amministrative che alla produzione, la situazione era molto complessa e delicata e lei era molto prevenuta e piena di timori.
Seppur il maglificio consentisse loro di fatturare in media tra 1.500.000 euro e 1.700.000 euro, c’erano gravi problemi di liquidità.
Il fatturato era completamente fuori controllo, veniva bruciato denaro costantemente e l’azienda era letteralmente legata a doppio filo con le banche.
Il buon nome e la solidità dell’impresa, insieme alla tipologia di business e alle scelte amministrative fatte negli anni, avevano infatti condotto i titolari a instaurare rapporti stretti con le banche, a basare la propria struttura sull’utilizzo di ogni genere di linea di credito (prestiti, anticipi e fidi di cassa) garantite fideiussioni che, inevitabilmente, avevano generato un rapporto di assoluta sudditanza con le banche, oltre che esporre interamente il loro patrimonio personale.
In poche parole la situazione era davvero preoccupante, ma non impossibile.
Gli errori di gestione che ti spingono verso una crisi aziendale
Le situazioni drammatiche che sfociano nello scoppio di una crisi aziendale, costringendo belle imprese a chiudere i battenti dopo anni di duro lavoro e sacrifici, non sono sempre ed esclusivamente riconducibili alla crisi economica generale, alle scelte di Governo o al sistema che non funziona.
Indubbiamente le Istituzioni non aiutano, anzi spesso sono proprio la miccia che fa esplodere i problemi, i Sistema è anti-impresa e sono ormai anni che i consumi non ripartono.
Ma quello che fa la differenza è il modo in cui i problemi vengono gestiti quando si presentano.
In altri termini è la gestione dell’azienda e della sua struttura finanziaria che fa la differenza quando insorgono problemi causato dal Sistema.
Molti imprenditori, inclusi quelli che hanno fatto la storia del Made in Italy come Anna e la sua famiglia, commettono due errori principali:
- seguire la strada più semplice dal punto di vista finanziario, che conduce inevitabilmente all’apertura di quante più linee di credito bancarie è possibile,
- scegliere i consulenti a cui affidarsi in base a rapporti di fiducia e di vicinanza invece che ricercare le competenze professionali realmente funzionali a una efficiente gestione finanziaria dell’impresa o alla risoluzione di determinati problemi.
Sono gli errori commessi anche da Anna e sua sorella.
L’azienda era stata affiancata per anni da un controller, un amico di famiglia con una laurea in economia e la capacità di usare un foglio excel che seguiva la gestione finanziaria aziendale, ed un commercialista che si occupava degli aspetti amministrativi e burocratici, presentato da un amico imprenditore.
Come spesso capita, sia uno che l’altro hanno portato avanti per anni azioni conservative, ma non dell’impresa, del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione, scoraggiando qualunque forma di cambiamento ed evoluzione che, quantomeno, sollevasse l’azienda e le titolari dai rischi a cui si sono esposte nel tempo.
Mi spiego meglio.
Il maglificio di Anna era costituito sotto forma di società di persone, con inevitabile esposizione del patrimonio personale delle titolari in caso di problemi finanziari dell’azienda.
Un patrimonio non di poco conto, nel caso specifico, che oltre all’azienda includeva una bellissima villa storica di pregio ricevuta in eredità dal nonno.
Come certamente saprai, quella delle società di persone non è la forma giuridica ideale per tutelare le proprietà personali degli imprenditori.
Ma i consulenti storici dell’azienda non si erano preoccupati di risolvere il problema.
Commettendo un grave errore.
La consistenza patrimoniale della famiglia avrebbe fatto gola anche al creditore più distratto e di creditori che avrebbero voluto mettere le mani su quell’immobile ce ne erano davvero molti, considerata la situazione in cui era finita l’azienda.
Ma gli errori non si limitavano a questo.
Il controller che aveva affiancato Anna per ben 8 anni, facendo visita agli uffici aziendali una volta a settimana per analizzare dati e produrre report, aveva anche allestito un sistema di preventivazione completamente errato.
Il sistema di calcolo prezzi da lui ideato, infatti, aveva portato alla vendita sottocosto dei capi, che venivano venduti ad un prezzo unitario inferiore al costo di produzione.
In altri termini, avevano venduto in perdita costante per anni senza accorgersene, contribuendo a distruggere valore man mano che passavano le stagioni.
Anche il commercialista aveva fornito il suo “prezioso” contributo all’azienda supportando strategicamente l’espletamento di alcune operazioni societarie ed amministrative che avevano provocato numerosi danni in termini di imposte da versare e relative sanzioni.
La società chiudeva ormai bilanci costantemente in negativo, puntualmente ritoccati ad arte per agevolare l’ottenimento delle linee di credito a cui Anna ricorreva di frequente.
Questa opzione è sempre quella preferita da tutti gli imprenditori e ancor più dai loro consulenti, proprio per la facilità di esecuzione.
Servono soldi?
Perché riorganizzare tutta la struttura finanziaria aziendale per ricavarli dall’interno quando ci si può comodamente rivolgere alle banche per richiedere chirografari a breve termine, anticipi su fatture o fidi?
Anna aveva agito esattamente in questo modo, fino ad arrivare al punto in cui non riusciva neanche a immaginare la vita della sua azienda indipendentemente dalle banche.
Aveva paura di svincolarsi da loro, per quanto stretti e viscerali erano diventati i legami che aveva instaurato con i vari istituti di credito che, invece, le stavano succhiando liquidità peggio di un vampiro attaccato al collo.
Una gestione così poteva condurre solo a effetti devastanti, persino su un’azienda solida e affermata come il maglificio di Anna che, ahimè, aveva ottenuto solo:
- la totale perdita di controllo sui margini di vendita;
- il massimo indebitamento possibile con le banche.
Ecco come una cattiva gestione finanziaria può influire su tutti gli aspetti della tua azienda e della tua vita
Gli effetti di una mala gestione, se trascurati e perpetrati nel tempo senza preoccuparsi di realizzare cambiamenti o innovazioni in termini di procedure e comportamenti finanziari, possono ripercuotersi su tutti gli ambiti dell’azienda e, nei casi più estremi, anche sulla vita degli imprenditori stessi.
Il maglificio di Anna e sua sorella non faceva eccezione in questo senso.
Quando Anna ci ha trovati attraverso una sponsorizzata su Facebook non si è rivolta subito a noi.
Era talmente provata dalla situazione in cui versava la sua azienda e sfiduciata per l’“aiuto” dei suoi consulenti, che non nutriva alcuna fiducia nelle proposte di supporto e consulenza, soprattutto se arrivate da internet.
Ha impiegato sei mesi prima di contattarci per una prima analisi, tempo impiegato a studiarci a fondo, magari in cerca di un cavillo che le facesse credere di trovarsi di fronte agli ennesimi “scappati di casa”, consulenti improvvisati che fino a ieri vendevano mutui, corsi online o coach motivazionali e oggi si sono riscoperti risanatori aziendali.
E invece non ha trovato nulla che potesse confermare i suoi timori nei nostri confronti.
Peccato fossero però trascorsi sei mesi, che non hanno certo contribuito a migliorare la difficile situazione che si stava trascinando ormai da tempo.
Scoraggiata e sfiduciata Anna si era rivolta a noi come tentativo estremo prima della chiusura dell’attività.
Era molto giù di morale perché sapeva bene che in ballo non c’era solo la perdita delle ricchezze accumulate dalla sua famiglia, ma ogni goccia di sudore spesa da suo nonno e suo padre, prima di lei e sua sorella, per guadagnarsi fiducia e stima da parte dei grandi nomi della moda mondiale.
C’erano valori, conoscenze, ricerca, sperimentazione, decenni di duro lavoro, sacrifici, tutta la sua storia era lì, come quella della sua famiglia, appesa a un filo che la separava dal pignoramento, se solo uno dei suoi creditori si fosse deciso a muovere un passo in questa direzione.
Gli elementi che lasciano presagire una crisi aziendale
Quando abbiamo passato al setaccio i dati aziendali utili a valutare le possibili strategie di risanamento, ho compreso il perché di tanta ansia e tanto scoraggiamento.
Gli effetti della cattiva gestione degli ultimi anni aveva pervaso molti aspetti della sua azienda e della sua vita.
Gli ordini avevano subito un vero e proprio crollo, come d’altronde anche i margini sul fatturato e non c’erano le condizioni per far ripartire il tutto rapidamente.
Non esisteva una rete commerciale strutturata, ma le richieste arrivavano solo grazie al passaparola e al buon nome che l’azienda aveva costruito nel corso del tempo.
Il ricorso incontrollato a prestiti e anticipi sulle fatture aveva esposto notevolmente i conti della società a uno stato di estrema tensione, per via degli anticipi non onorati dai clienti, che avevano causato anche insoluti su RiBa e fatture.
Le banche avevano iniziato ad alzare un muro verso le sue richieste di concessione di proroghe o di apertura di nuove linee di credito, che le erano state via via ridotte.
Ormai le banche erano sul punto di revocare tutti gli affidamenti esistenti e si era venuto a creare un clima di generale sfiducia che rendeva complesso qualunque anticipo di nuovi contratti.
Ad aggravare la situazione c’erano le crescenti tensioni nel rapporto con i fornitori.
A causa dei pagamenti arretrati e non ancora onorati c’era stato un vero e proprio rallentamento dei rifornimenti.
Le materie prime arrivavano a singhiozzo e mettevano in difficoltà la produzione.
Come potrai immaginare, un problema non di poco per un’azienda come quella di Anna che per realizzare i suoi prodotti e mantenere inalterato il ritmo di produzione necessitava di una fornitura costante di filati.
E le difficoltà non finivano qui.
Gli effetti della mala gestione riguardavano anche il reparto amministrativo e fiscale.
Da una parte c’erano i lavoratori storici dell’azienda, quelli entrati ai tempi di suo padre e cresciuti all’interno della società che iniziavano a storcere il naso quando vedevano la loro posizione INPS ferma al palo.
Per non parlare del malcontento degli operai che andavano in pensione e non potevano riscattare subito il proprio TFR perché non era stato correttamente accantonato.
L’azienda era ancora in grado di pagare gli stipendi a tutti, ma non riusciva a far fronte ai contributi e alle ritenute d’acconto, né accantonava le somme necessarie a liquidare il TFR dei dipendenti uscenti, che restavano in attesa di tempi migliori.
Una serie di falle nella gestione finanziaria che, a dirla tutta, esponevano a gravi rischio legale le titolari.
Dall’altra parte c’era l’ambito fiscale che era tutt’altro che rose e fiori.
La gestione un po’ troppo disinvolta del commercialista aveva comportato notevoli ritardi e inadempienze nel pagamento delle imposte, che si erano sommate alle relative sanzioni.
Insomma, era in atto una vera e propria emorragia di denaro che non sembrava arrestarsi e che poteva costare molto cara al loro famiglia.
Una bella gatta da pelare.
Come si eliminano le cause della crisi aziendale prima che scoppi il caos
Un caso difficile, che non sembrava presentare margini di operatività, con scarso potere negoziale nei confronti di fornitori e clienti e la totale assenza di un sistema solido che ne garantisse la continuità nel tempo.
All’occhio inesperto poteva sembrare davvero un tunnel senza uscita, ma i margini per migliorare c’erano e li abbiamo seguiti anche grazie alla fiducia che Anna, alla fine, ci ha accordato.
Cosa dovrebbe fare uno specialista per evitare la crisi aziendale?
Gestire la struttura finanziaria contando solo sugli incassi delle vendite e sulla liquidità che si può generare lavorando sui punti deboli dell’azienda non è una passeggiata.
Per questo molti consulenti e imprenditori preferiscono la via più semplice dei finanziamenti bancari, nonostante si ritrovino costretti poi ad accettare condizioni oggettivamente improponibili.
È la stessa logica che ha guidato il commercialista di Anna, che aveva preferito “magheggiare” sui bilanci (per scoprire quanto è importante, leggi questo articolo —> Il documento che ti aprirà le porte delle banche, anche se te le hanno già chiuse in faccia(Si apre in una nuova scheda del browser), per spianarle la strada nelle richieste di nuove linee di credito, piuttosto che controllarle i conti trimestralmente, quantificare le perdite man mano e proporre i correttivi.
Ma non solo.
Aveva preferito adottare strategie poco ortodosse e ancor meno proficue in ambito fiscale, che avevano causato ulteriori debiti, piuttosto che programmare razionalmente le uscite fiscali.
D’altronde non è facile per un solo professionista avere mille occhi su altrettanti clienti, ognuno con una situazione e una storia differente, e gestirne al meglio anche la contabilità e adempimenti burocratici.
Diverso è il discorso invece se viene coinvolto un network di professionisti, con conoscenze e competenze nei più disparati ambiti della gestione aziendale, in grado di controllare e guidare le procedure con una visione a 360° sui problemi di natura operativa e finanziaria.
È esattamente questo l’approccio che ho seguito con il mio team verso l’azienda di Anna: un allentamento graduale, seppur doloroso, dei rapporti che la legavano alle banche e una strategia basata sull’autofinanziamento aziendale attraverso un metodo che fa leva su 4 differenti aree da cui è possibile ricavare il denaro necessario a risanare la struttura finanziaria dell’intera azienda.
Più nel dettaglio, abbiamo effettuato interventi orientati a:
- Riportare marginalità positiva delle vendite, incoraggiando da una parte la delega di parte della produzione per conto terzi a minor valore aggiunto all’esterno, dall’altra realizzando una nuova linea produttiva a marchio proprio in affiancamento e compensazione dell’attività primaria;
- Sganciare l’azienda dal giogo delle banche in modo da ridurre al minimo la loro influenza nella continuità aziendale e salvaguardare in questo modo anche il know-how, la capacità produttiva e gli impianti per la produzione di maglieria;
- Stabilizzare le vendite, attraverso indicazioni strategiche mirate a supportare Anna nel compimento delle giuste strategie di vendita;
- Assicurare la continuità delle forniture, per evitare rallentamenti o spiacevoli intoppi nei ritmi di produzione.
Una strategia minuziosa e approntata su misura sul caso di Anna, che non ha lasciato nulla al caso ed è stata declinata in una sequenza di interventi che, come puoi intuire, abbiamo dispiegato su quattro differenti aree, parallelamente.
Per aumentare la marginalità positiva, infatti, abbiamo dovuto agire anche sui costi di gestione, coinvolgendo i sindacati e tagliando il personale, senza dimenticarci di ridurre l’impatto finanziario mensile dei costi di uscita del personale, portandolo al di sotto di quelli della gestione corrente.
Per svincolarla dallo stretto legame con le banche, abbiamo effettuato trattative dolorose quanto proficue attraverso la presentazione delle criticità aziendali funzionali all’ottenimento di stralci dei debiti, che hanno permesso all’azienda di Anna di registrare incredibili risparmi, anche alla luce della situazione di partenza e del patrimonio personale a garanzia del rientro dal debito.
Ancora, abbiamo supportato l’azienda nel definire accordi con i fornitori in grado di garantire da una parte una fornitura continuativa e dall’altra dei piani di rientro dei debiti verso di loro spalmati su un orizzonte temporale più lungo, giustificato da un progetto imprenditoriale più solido.
Infine, abbiamo guidato l’imprenditrice nella negoziazione di vendita di parte di queste attività a un soggetto che potesse darle una mano nella distribuzione dei capi a marchio proprio.
Tutte operazioni delicate, che hanno richiesto tempo, analisi, pianificazione e un periodo lungo tre anni.
Ecco i risultati del lavoro svolto da uno specialista nella risoluzione dei problemi che conducono alla crisi aziendale
La tecnica del boostrapping che abbiamo adottato, che fonda la costruzione della struttura finanziaria sull’autofinanziamento piuttosto che sulle richieste di finanziamento esterno, come hai visto, non è di facile applicazione, né alla portata di tutti.
Richiede fatica, costanza, monitoraggio, azioni precise, che se attuate da professionisti specializzati possono condurre a risultati efficaci ed estremamente concreti.
A tre anni dal primo contatto di Anna con me e Bruno, il gestore del progetto che ha seguito il caso e coordinato il team, siamo riusciti a ottenere per la sua azienda diversi risultati positivi.
#1 – Aumento dei margini e del volume d’affari
Grazie alla riduzione dei costi e al confronto sulle decisioni strategiche il maglificio ha registrato un aumento dei margini di profitto e del fatturato ed ancora oggi macina risultati positivi.
La possibilità di non dover gestire più le problematiche dell’azienda ma di “scaricarne il peso” sul Gestore, ha permesso alle sorelle di dedicarsi allo sviluppo di progetti a elevato margine e alla distribuzione dei capi a marchio proprio.
#2 – Incremento del patrimonio aziendale e tutela di quello personale
Finita la fase di gestione delle emergenze, abbiamo implementato le procedure per sistematizzare la formazione e valorizzare il know-how aziendale, attraverso soluzioni che consentiranno di trasmetterlo nel futuro.
Le soluzioni negoziali adottate e le operazioni patrimoniali che le hanno seguite hanno permesso di ridurre l’esposizione al rischio di esproprio del patrimonio personale, senza sottrarlo ai creditori (commettendo atti illeciti, come propongono di solito i ciarlatani che vendono la protezione patrimoniale)
#3 – Riduzione dell’indebitamento e miglioramento dei risultati di bilancio
Sono stati ottenuti stralci molto importanti con differenti istituti di credito, riportando risparmi di diverse centinaia di migliaia di euro.
Per essere più preciso, abbiamo ridotto i suoi indebitamenti con una banca di credito cooperativo da 96.000 a 32.000 Euro, con una banca popolare da 189.000 a 80.000 euro, con una primaria banca a livello nazionale, da 270.000 a 180.000 euro, con una dilazione di pagamento da 24 a 72 rate, nonostante la posizione fosse sottoposta a decreto ingiuntivo esecutivo.
Questi risparmi sono stati registrati tra le sopravvenienze di bilancio della società ed hanno permesso ad Anna di “ripulire” le scritture zoppe accumulate negli anni dal commercialista bohémien.
#4 – Riduzione dei costi di gestione
Analizzando la struttura organizzativa e quella della produzione, abbiamo realizzato operazioni di riduzione delle spese correnti che hanno portato ad un risparmio strutturale del 42%, a parità di pezzi prodotti.
Questo straordinario risultato è stato ottenuto attraverso la riduzione del personale in forze, senza peraltro scatenare alcuna vertenza da parte degli ex dipendenti (nonostante la rappresentanza sindacale) la dilazione nel pagamento del TFR a 36 mesi, la delega delle fasi di produzione a basso valore aggiunto e la riduzione dei costi di locazione e amministrazione.
#5 – Riequilibrio della struttura finanziaria
Abbiamo ottenuto il riequilibrio della struttura finanziaria grazie all’ottenimento degli stralci con le banche e alcuni fornitori non strategici, ma non solo.
Sono stati negoziati piani di rientro sostenibili nei confronti dei fornitori strategici, con una dilazione di pagamento sul debito accumulato e contratti di acquisto per le forniture future, senza rischiare alcun atto legale da parte loro e garantendo allo stesso tempo la continuità della fornitura.
Abbiamo avuto la possibilità di sfruttare la rottamazione delle vecchie cartelle esattoriali e una maggiore dilazione nel tempo di quelle non rottamabili, presentando le richieste agli organi competenti.
Risultati molto positivi che hanno permesso di scongiurare la crisi aziendale, ridurre le inefficienze e creare una struttura finanziaria solida e sostenibile sulla quale poggiare le basi per il rilancio.
“Anna, com’è stata l’esperienza con Giuseppe ed il suo network professionale?”
La lezione da imparare per scongiurare ogni crisi aziendale
La tecnica dell’autofinanziamento che abbiamo applicato sul caso di Anna è un modello valido in molteplici condizioni differenti e replicabile in numerosi settori produttivi.
Certo non in tutti.
Non può essere utilizzato per determinate categorie attività o in certe fasi della vita di un’azienda.
Ci sono modelli di business che non possono essere finanziati attraverso la tecnica del bootstrapping, come ad esempio quelli che rischiano enormi investimenti iniziali a fronte di ritorni sulle vendite molto in là nel tempo o ancora quelle che hanno bisogno di una grande quantità di denaro per avviare la produzione (anche se potrebbe essere adattato, ma di questo parleremo in seguito).
Ciò nonostante questo modello può essere applicato in molti settori, inclusi quelli che non hanno alcun problema con le banche o con i creditori in generale, per il semplice fatto di avere la possibilità di prevenirli prima che si verifichino.
Ci sono poi diversi altri approcci che normalmente seguiamo nella risoluzione dei casi aziendali e che rientrano nel più ampio Metodo Di Domenico™, l’unico metodo scientifico applicato su 1879 casi aziendali di successo, nei più disparati settori produttivi.
Un metodo che ci guida nell’applicazione di specifici principi, che consentono all’imprenditore di sfruttare le soluzioni più performanti e adatte ai suoi problemi e a me di rimanere lucido e applicarle con altrettanta razionalità.
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