

Il concordato in bianco, o concordato con riserva, serve a godere subito degli effetti della procedura concorsuale.
Come mai si arriva a questi punti?
Il principale problema degli imprenditori in difficoltà non è il patrimonio che rischiano di perdere, il fatto che non riescano a pagare i debiti o le figure di merda che sono costretti a fare con i fornitori e i dipendenti che conoscono da una vita.
A tutto questo, a vivere sul filo di un rasoio, dopo un po’ di tempo volente o nolente ti abitui.
L’ostacolo più grosso per gli imprenditori in difficoltà è la perdita di concentrazione causata dal tempo che devi per forza dedicare alla gestione dei problemi che si accavallano. È questo che fa precipitare le cose.
A dover gestire tutto da solo, a dover dedicare la maggior parte del tempo a seguire i problemi causati dalla mancanza di denaro anziché la crescita del tuo business, finisci col perdere la lucidità, la capacità di individuare soluzioni e di convincere i tuoi clienti che quello che gli stai offrendo è proprio quello di cui hanno bisogno.
Per dirlo in altre parole quando scoppia una crisi di liquidità vai in paranoia, diventi inefficace (spesso senza rendertene conto) e questo porta la tua azienda al tracollo.
Vieni trascinato in un vortice che ti spinge sempre più in basso in un marasma fatto di telefonate, litigi, mancanza di concentrazione ed errori, che paghi sempre a caro prezzo.
Quando sei in questa situazione non riesci a focalizzarti sulle attività necessarie a far entrare soldi in cassa. È impossibile.
Passi le tue giornate a rispondere a centinaia di telefonate, a parlare con i direttori delle banche, a scappare dai fornitori inferociti, ad aspettare che l’avvocato ti riceva per discutere del decreto ingiuntivo che ti ha fatto recapitare il tuo ex dipendente e ad inseguire il commercialista perché ti dia, finalmente, una soluzione. Soluzione che puntualmente provoca più danni che benefici.
Non puoi restare focalizzato sull’attività. Ed è per questo che la crisi peggiora.
In una situazione del genere normale che quando ti propongono di alleviare la tua sofferenza presentando una domanda di concordato in bianco per poi richiedere la procedura di concordato preventivo, la soluzione ti sembra troppo bella per essere vera.
Non ti sembra possibile ricevere l’aiuto dei tribunali che hai tanto temuto, pronti a fare da scudo all’attacco dei tuoi creditori, mentre tu ritorni alla tua attività di imprenditore.
Non ti sembra possibile perché in effetti non lo è.
Concordato in bianco: case history
Ti racconto di un tipico caso da concordato preventivo preceduto dalla domanda di concordato in bianco.
Ne parlavo proprio ieri sera con un imprenditore del Sud Italia che dopo essere entrato a far parte del nostro gruppo ha deciso di prendere la sua auto e venire nei nostri uffici.
Aveva bisogno di sapere che esistevamo davvero, doveva stringerci la mano ed avere la conferma che quello che lo aveva convinto a pagare la parcella per la consulenza era stato condiviso davvero con uno staff di professionisti.
È normale, succede di frequente, siamo abituati a questo.
La maggior parte dei nostri clienti arriva dalle azioni di marketing, tutto avviene senza che sia realmente necessario incontrarsi di persona ed è il modo più efficace ed efficiente per organizzare il lavoro.
Ma una stretta di mano ha comunque il suo peso ed è sempre un privilegio incontrare gli imprenditori che ci concedono la loro fiducia.
Nicola mi ha raccontato di essere entrato nell’azienda creata dal padre e dallo zio quando tutto era già finito. Lo zio era passato a miglior vita e i suoi eredi avevano estromesso il padre di Nicola dall’azienda di famiglia.
Quest’uomo dopo decenni di lavoro era rimasto con un pugno di mosche in mano e un’azienda indebitata che metteva a repentaglio la sua unica casa.
I due fratelli avevano creato dal nulla un’importante realtà industriale e per più di 30 anni avevano lavorato gomito a gomito. Formalmente, però, allo zio era intestata la parte buona dell’azienda, al padre di Nicola una vecchia società da mettere in liquidazione dopo aver pagato i debiti.
Alla morte dello zio, i nipoti e la cognata li avevano praticamente cacciati, dividendo con un muro in cartongesso il capannone che avevano acquistato con i soldi delle due società.
Nicola e suo padre si erano rimboccati le maniche ed avevano ricominciato da zero. Anzi, da sotto zero perché c’erano i debiti da ripagare.
Ma ci erano riusciti ed in pochi anni avevano fatto crescere il fatturato, avevano pagato quello che dovevano pagare ed avevano iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel.
Poi, all’improvviso, il consiglio sbagliato dalla persona giusta.
Il loro commercialista, il professionista più quotato della città, quello dal quale si entra solo con la raccomandazione, li aveva convinti ad aderire ad una delle prime rottamazioni promosse dal governo per fare cassa.
Non avevano i soldi per pagare il debito, ma il commercialista li aveva rassicurati: “I soldi ve li darà la banca, avete un capannone libero da ipoteche, non c’è da preoccuparsi”.
Fiduciosi avevano fatto richiesta nella banca indicata dal consulente, che prontamente aveva raccolto i documenti. Ma come spesso accade in questi casi, i tempi per l’erogazione del mutuo non erano quelli promessi al momento della firma.
Impedimenti, nuove carte, altre firme… burocrazia bancaria.
Intanto però erano prossimi alla scadenza delle rate per la rottamazione. Rassicurati dal mutuo che sarebbe arrivato, utilizzarono gli affidamenti e i soldi ricavati dall’anticipo delle fatture. Con il prestito in arrivo avrebbero coperto tutto e avrebbero avuto i soldi per pagare le due rate restanti.
Ma la pratica di mutuo fu bocciata senza possibilità di appello e la rottamazione finì per decadere.
Le regole della rottamazione erano chiare. Se saltavi una rata, perdevi i soldi e lo sconto.
Per pagare le prime tre rate avevano usato i soldi degli affidamenti, anticipando fatture che non erano riusciti ad incassare. In pochi mesi erano stati risucchiati dal vortice delle fatture da sostituire con altre fatture e avevano accumulato debiti con i fornitori e i dipendenti.
In poche parole, si erano bloccati. Erano rimasti senza soldi né idee su come trovarli.
Tutto il lavoro fatto per risalire la china era andato sprecato.
Ma due imprenditori tenaci come loro, non si potevano certo fermare di fronte a decine di migliaia di euro bruciate senza alcun beneficio. C’erano già passati. Era arrivato il momento di trovare una nuova strategia.
Avevano l’idea per un nuovo rilancio imprenditoriale, ma avevano bisogno di una mano a gestire i debiti.
Dove andare se non dal loro professionista di fiducia?
Concordato preventivo in bianco, va bene sempre?
Il concordato preventivo (e il concordato in bianco) come soluzione a scatola chiusa per ogni genere di problema aziendale.
Proseguiamo con la storia di Nicola.
La riunione era stata agghiacciante.
Seduti nella grande sala riunioni, intorno al gigantesco tavolo in mogano, il commercialista gli aveva presentato un avvocato di fiducia ed avevano iniziato a parlare della soluzione: presentiamo il concordato in bianco.
Senza fare domande, senza sapere quali fossero le intenzioni di Nicola e di suo padre, senza sapere che tutte le posizioni bancarie erano state garantite dalle firme di tutta la famiglia.
Non sapevano nulla delle esposizioni, non conoscevano nulla del business, nemmeno erano al corrente del grado di indebitamento. Avevano tirato i dadi è scelto, tra tutte le alternative possibili, quella più facile per loro e più costosa per l’imprenditore.
Presentiamo il concordato, vendiamo il capannone e paghiamo i debiti. Fine.
L’unica certezza era la parcella. Cinquantamila euro a testa, da pagare in anticipo, prima di staccare la spina all’azienda morente.
Fortunatamente Nicola ha preso tempo, ci ha contattato e abbiamo iniziato a lavorare al risanamento della sua azienda, che non necessita di alcuna procedura di concordato.
Le 3 ragioni (+ una) per non scegliere il concordato preventivo
“Ma quindi non conviene fare il concordato?”
La verità è che per come stato concepito il concordato preventivo poco si adatta alla crisi di un’azienda di medie e piccole dimensioni, in quanto non garantisce quella flessibilità che invece sarebbe necessaria in una condizione di crisi di liquidità.
Ma vediamo adesso quali sono le ragioni alla base di questa affermazione.
#1 – Il concordato con riserva è una procedura costosa e rischiosa
Anche se pensata come formula per risolvere le crisi aziendali riducendo al minimo la perdita di valore degli asset, il concordato preventivo è una procedura estremamente costosa da mettere in piedi, al punto da diventare inaccessibile per la maggioranza delle aziende.
Devi avere soldi o qualcuno disposto a prestarteli, anche solo per iniziare l’iter burocratico.
Gli oneri per la predisposizione dei documenti, per la redazione del piano di concordato e per l’attestazione sulla veridicità delle informazioni trasmesse ai creditori sono interamente a carico dell’azienda e dell’imprenditore, che devono farsi carico della remunerazione dei professionisti.
Bisogna coinvolgere almeno tre figure professionali già nella fase preliminare del concordato, quella prima della presentazione del piano, e occorre ingaggiare professionisti disposti ad assumersi un rischio molto alto.
Qualora ci dovessero essere dei problemi, infatti, questi potrebbero trovarsi costretti a rispondere personalmente per i danni causati dei creditori. Per tale ragione i professionisti disponibili si fanno giustamente ben pagare.
A dire il vero, il costo eccessivo è in realtà il minore dei mali.
Il vero problema è che oltre ad essere una procedura estremamente costosa, il concordato preventivo è drammaticamente rischioso.
Dopo tutti gli sforzi e le spese, rischi che l’azienda comunque fallisca.
Il piano di concordato, infatti, viene passato al microscopio da un professionista esperto nominato dal tribunale, il cui compito principale è quello di scovare tra i documenti tutto ciò che non è coerente e quindi potrebbe non funzionare.
La responsabilità principale del commissario, in buona sostanza, è questa.
Qualora il commissario incaricato dal tribunale trovasse qualche elemento di incoerenza nel piano di concordato (per non parlare dei problemi causati dal maquillage dei numeri di bilancio) darebbe senz’altro parere sfavorevole, proponendo come alternativa la procedura fallimentare.
Nel dubbio gli conviene comunque esprimere parere sfavorevole, giusto per non rischiare.
Tra l’altro, anche se commissario fosse favorevole, il piano presentato deve comunque essere approvato dalla maggioranza dei creditori, secondo formule tecniche che non staremo qui a ricordare.
Quello che devi sapere, come imprenditore, è che non hai modo di convincere i tuoi creditori parlando con loro. Questi infatti devono accettare la proposta sulla base della documentazione presentata dal commissario.
L’interazione personale, che potrebbe agevolare un eventuale voto favorevole, anche se non è espressamente vietata, non è prevista dalla procedura e raramente i professionisti la appoggiano.
D’altronde, si sa che costa meno fatica scrivere una lettera standard piuttosto che incontrare ciascun creditore per spiegare le ragioni della proposta.
Tralasciando le considerazioni personali, in buona sostanza una volta presentata domanda di concordato non puoi negoziare, non puoi parlare e non puoi convincere i tuoi creditori, che si limiteranno dare un voto sulla base di quello che riescono a comprendere dal piano industriale presentato loro dal commissario.
E se non ottieni la maggioranza dei voti favorevoli, l’alternativa più probabile è il fallimento.
#2 – Il concordato preventivo: perdi il controllo ma mantienti le responsabilità
Molti imprenditori pensano che una volta presentata la richiesta di concordato in bianco e quindi aver ottenuto la sospensione delle procedure esecutive avviate dai creditori, possano ritornare a lavorare come facevano prima, anzi con maggiore serenità.
Altri invece ritengono che una volta presentato il piano di concordato si siano liberati delle incombenze legate alla gestione dell’azienda e si possano dedicare ad altri progetti, a quei sogni lasciati nel cassetto che offrono più possibilità di guadagno.
Nessuna delle due alternative corrisponde alla realtà.
Devi sapere che a differenza del fallimento, che ti libera effettivamente dal peso di gestire i problemi dell’azienda, per tutta la durata del concordato la gestione aziendale ordinaria resta una tua prerogativa, anche se ogni tuo atto viene vagliato da un commissario che ha la naturale propensione a richiedere l’approvazione del comitato dei creditori, in modo da non rischiare.
In altri termini a te resta l’onere di gestire l’azienda, ma non hai la possibilità di farlo liberamente.
In un’azienda sottoposta a concordato, quindi, le azioni dell’imprenditore vengono rallentate, le iniziative diventano difficili da portare avanti e perfino pagare le bollette dell’energia può diventare complicato.
Immagina se, dall’oggi al domani, la tua azienda diventasse una elefantiaca macchina burocratica nella quale ogni decisione diventa una lunga odissea. Come se diventasse un ministero o un ufficio della pubblica amministrazione.
Non potrebbe sopravvivere, giusto?
Ecco, il concordato porta inevitabilmente a questa trasformazione, perché ogni decisione deve passare al setaccio da tre differenti organi, ognuno dei quali ha interessi contrastanti rispetto agli altri.
Questo nuovo peso burocratico ti fa perdere di competitività rispetto alla concorrenza ed in poco tempo ti ritrovi con clienti che ti abbandonano, fornitori che decidono di dedicare ad altri le proprie attenzioni e dipendenti chiave che saltano dalla nave che sta affondando.
In queste condizioni il piano non può essere rispettato ed i risultati ottenuti dalla gestione aziendale diventano per forza di cose minori alle attese.
Così la procedura non va a buon fine e si trasforma in quello che avevi cercato di evitare: il fallimento.
#3 – Concordato con riserva e banca
Il concordato preventivo, il concordato in bianco e anche la liquidazione volontaria offrono alle banche una valida ragione per escutere le fideiussioni personali
La sola domanda di concordato in bianco o l’omologa di una proposta di concordato preventivo sono condizioni sufficienti affinché le banche alle quali hai rilasciato garanzie escutano le fideiussioni personali rilasciate dai garanti.
I soci (e chiunque abbia firmato delle garanzie personali per le obbligazioni societarie) si ritrovano così catapultati in un mondo fatto di atti, carte bollate e udienze in tribunale. Il rischio è vedano strapparsi dalle mani tutto il proprio patrimonio personale.
Non tutti ti avvisano che anche in caso di voto favorevole al concordato, le banche non rinunciano alla possibilità di rivalersi sui soci per il valore delle garanzie.
Paradossalmente, qualora la procedura si dovesse chiudere dopo molti anni (cosa non improbabile), i garanti potrebbero essere costretti a pagare in anticipo il debito residuo per poi eventualmente rivalersi sul concordato per la quota spettante alla procedura.
Quindi, mentre il concordato può essere una soluzione vantaggiosa per i creditori aziendali (anche se non raramente), rischia di diventare un vero proprio incubo per i soci che hanno firmato garanzie personali a favore delle banche.
Il rischio che i creditori si rivalgano sul patrimonio personale dei soci naturalmente aumenta in maniera esponenziale nel caso in cui a fare richiesta di concordato sia una società di persone, con tutti i distinguo tecnici derivanti dal tipo di società adottata.
ll pericolo inimmaginabile del concordato in bianco
Esiste un ulteriore fattore di rischio che nessun imprenditore prende in considerazione quando gli viene proposta la possibilità di avviare una procedura di concordato preventivo o di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’articolo 67 della legge fallimentare.
Se la società dispone di asset vendibili sul mercato, come immobili, brevetti, tecnologie o semplicemente un portafoglio clienti appetibile, con la presentazione della domanda di concordato accendi un faro che richiama l’attenzione degli affaristi delle aste fallimentari.
Come il commissario Gordon richiama Batman puntando il fascio di luce verso il cielo, così anche tu richiami all’azione una serie di soggetti che dispongono della liquidità per andare a caccia di affari nelle cancellerie dei tribunali, acquistando a costo zero e comunque ad un prezzo di saldo una parte dei beni aziendali, se non addirittura l’intera azienda.
Come posso fare questa analisi per la mia azienda in stato di crisi?
Non so come sia messa la tua azienda, quale sia la tua particolare condizione, che rischi corri, che posizioni scoperte hai, che punti di forza potresti usare in una trattativa con la banca. Non so nemmeno se il concordato sia la soluzione giusta per la tua crisi aziendale.
Insomma, non conosco i tuoi problemi in particolare, ma quello che posso dirti è che aspettare che qualcosa si risolva NON è la strategia giusta in NESSUN caso.
Per darti più informazioni avrei bisogno di entrare nel dettaglio del tuo business e conoscere i segreti per comprendere DAVVERO ciò che serve, per riuscire a capire come hai impostato i tuoi rapporti con i creditori.
Per questo il mio percorso con ogni imprenditore che vuole salvare la sua azienda inizia sempre con un’analisi preliminare in cui si raccolgono tutti i materiali necessari a capire quale sia lo stato di salute dell’azienda e sopratutto cosa potrebbe succederle da un momento all’altro se continui sulla strada che stai intraprendendo.
Questo è quello che potremmo fare anche per te, definire e analizzare le tue linee di credito, il tuo fatturato, il tuo rapporto con in fornitori per far sì che tu sappia come e da dove iniziare per salvare il tuo business.
Con più di 1700 casi gestiti e circa 300 imprenditori in crisi seguiti quotidianamente (in media), siamo lo staff tecnico che i nostri clienti utilizzano per liberare la loro azienda dai debiti a partire proprio da quella prima valutazione.
Quello di cui avrebbe bisogno anche la tua azienda, adesso, prima che sia troppo tardi.
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2 commenti. Nuovo commento
Buona sera, sono un piccolo imprenditore artigiano, che è da un po’ di giorni che ho iniziato a leggere il vostro libro, e leggo sul telefonino i messaggi che voi inserite per salvare imprenditori, tutto sembra che voi conoscete tutti i problemi imprenditoriali e che si possono risolvere , la mia perplessità il vostro guadagno da dove lo prenderete ,e come, e quando, visto che l’imprenditore e già impiccato dai debiti? Quanto costa queste consulenze? Dove si trovano vostri uffici? Come si può raggiungere se uno vuole venire di persona?
Ciao Serafino, ti confermo abbiamo una certa esperienza sul tema.
Al di là delle risorse che mettiamo a disposizione gratuitamente, abbiamo diversi livelli di servizio a pagamento che possono essere acquistati dagli imprenditori in difficoltà. Nel senso che un imprenditore in crisi può decidere di:
– sfruttare solo le informazioni gratuite, leggendo il blog, le guide gratuite ed i video;
– acquistare le risorse per il fai-da-te come il libro, la membership mensile e i videocorsi monotematici;
– pagare per avere qualcuno che fa il lavoro al posto suo, acquistando i nostri servizi.
Un’azienda è in crisi quando le uscite superano le entrate, ma le entrate ci sono. Se l’azienda non ha fatturato è da chiudere, non da salvare, ed i debiti devono essere pagati liquidando i beni di proprietà.
Se non ci sono beni e i garanti non rischiano nulla, si può ricorrere alle procedure fallimentari senza timore di dilapidare il patrimonio. Ovviamente trovando un professionista che controlli che non ci siano “schifezze” nei bilanci e che, laddove possibile, rimedi agli errori amministrativi commessi prima di portare i libri in tribunale.
Il nostro lavoro “con le mani nella malta” viene svolto al fianco degli imprenditori che sono alla guida di aziende che ancora lavorano, che generano quindi fatturato e che, per questo, possono pagare anche il servizio specialistico.
Solitamente, tra l’altro, il risparmio ottenuto con i nostri interventi supera dalle 5 alle 15 volte la spesa sostenuta per poter fruire dei servizi di consulenza, quindi magari vale la pena farci un pensiero se l’attività operativa genera fatturato.
I nostri uffici sono a Lugano, in Svizzera, ma ci organizziamo per ricevere i clienti anche in Italia, a Milano in particolare, ed in Spagna, a Barcellona, dove risiedono alcuni professionisti che lavorano con noi in telelavoro.