

I problemi di indebitamento di un’azienda possono essere affrontati in ogni momento, ma il tempo che passa tra l’inizio delle difficoltà e la messa in atto di un piano di intervento organizzato si paga sempre a caro prezzo.
Questo perché, anche se nel frattempo fai qualcosa per tamponare il problema, quando sarà necessario intervenire seriamente il prezzo da pagare sarà più alto.
Per farti capire la differenza che passa tra un intervento di ristrutturazione dei debiti fatto nella fase iniziale della crisi ed uno avviato solo come ultima spiaggia, come tentativo in extremis, ti parlerò delle storie di due imprenditori che hanno preso strade diverse.
Giovanni e Michele hanno scelto di intervenire in momenti differenti della crisi delle loro aziende e si sono trovati ad affrontare conseguenze completamente diverse.
Quali sono i primi segnali di crisi e come rimediare in tempo
Michele è un imprenditore del nord ovest che ha costruito un’azienda di dimensioni superiori alla media nel settore delle autoriparazioni. Un meccanico che ha iniziato a lavorare più di quarant’anni fa ed ha costruito negli anni un’azienda sana.
Quindici dipendenti divisi su due sedi, due capannoni di proprietà, un giro d’affari di tutto rispetto.
Negli anni ha superato molti periodi di crisi ma ha sempre risolto i suoi problemi contando solo sulle sue forze e sui consigli del ragioniere e del suo avvocato di famiglia.
L’azienda ha iniziato ad avere difficoltà a causa dell’aumento dei costi di gestione e delle difficoltà economiche dei clienti, che pagavano sempre meno e sempre più malvolentieri.
Ufficialmente in pensione da qualche anno, Michele ha rinunciato a godersi il meritato riposo perché nella sua azienda hanno iniziato a lavorare i suoi figli, ai quali sta passando il lavoro un po’ per volta.
Non pensa che siano ancora pronti a fare tutto da soli, anche se ormai sono grandi.
Michele è sempre stato un imprenditore onesto, di quelli che si sentono moralmente obbligati a pagare tutti debiti, anche se non ritiene giusto pagare tanti interessi sui finanziamenti.
Per anni l’azienda ha fatturato abbastanza da permettergli di pagare i fornitori, i dipendenti, le banche e tutte le spese da sostenere per realizzare i suoi obiettivi di imprenditore.
Ha commesso anche tanti errori, ma è sempre stato in grado di pagarne il prezzo senza grosse difficoltà.
Negli ultimi anni la situazione è un po’ cambiata e gli incassi sono iniziati a diminuire in maniera lenta, ma costante. Mentre il fatturato è rimasto praticamente invariato, i clienti hanno iniziato a pagare con più difficoltà e sono iniziate ad arrivare le prime fatture non pagate, che hanno causato non pochi problemi con il direttore di banca.
A causa della mancanza di liquidità, Michele ha iniziato a rimandare il pagamento delle tasse e dei contributi, poi a non versare l’IVA, poi a chiedere la sospensione del mutuo del capannone.
Ha provato a trattare da solo con le banche per ottenere dei nuovi prestiti, ma si è reso conto che la situazione non stava andando bene e che non avrebbe avuto le forze per pagare tutti i debiti.
I suggerimenti del suo ragioniere lo hanno portato a caricarsi delle spese per la rivalutazione del capannone, in modo da abbassare il carico delle imposte in caso di vendita.
Peccato che Michele non avesse nessuna intenzione di vendere il capannone per ripagare i debiti, né voleva rinunciare al suo sogno di lasciare ai figli un’attività sana.
Per questo ha deciso di rimediare alle prime difficoltà della sua azienda, contattandomi.
Le azioni da fare per una ristrutturazione dei debiti priva di rischi
Dopo aver valutato la situazione dell’azienda e i potenziali pericoli a cui Michele era esposto, abbiamo elaborato una strategia per ottenere diversi risultati. L’obiettivo principale era quello di evitare che degli intoppi nell’andamento dell’azienda potessero costargli tutto ciò che aveva costruito.
Come molti della sua generazione, lavorava con una ditta individuale che lo esponeva a rischi personali enormi, nonostante non ci fossero evidenti vantaggi.
Bisognava per prima cosa ridurre il rischio che i creditori potessero impedire all’azienda di lavorare con i propri conti correnti, poi eliminare la possibilità di subire aggressioni dei beni personali e infine gestire il passaggio dell’attività dal padre ai figli.
Il tutto, possibilmente, senza mettere in allarme i fornitori, le banche, i dipendenti e la clientela.
Nella fase della crisi in cui si trovava l’azienda è stato possibile mettere in piedi ed attuare una strategia che nel lungo periodo ci ha permesso di raggiungere tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati.
Non senza intoppi, sia chiaro.
La liquidità necessaria per finanziare l’operazione è stata ricavata rinegoziando le condizioni di pagamento di alcune forniture e dilazionando alcuni pagamenti a scadenza ravvicinata su un orizzonte temporale più lungo.
Avendo iniziato in tempi non sospetti, è stato relativamente facile muovere le leve delle casse aziendali per ricavare il denaro necessario e pagare tutto.
Sia le banche che i fornitori sono stati contenti dell’intervento di ristrutturazione dei debiti e oggi l’azienda di Michele viaggia a gonfie vele. Il suo patrimonio è giustamente tutelato dal rischio d’impresa e il passaggio generazionale è stato completato al costo minore possibile.
Ecco perché le azioni disorganizzate dei consulenti tradizionali non possono arginare i danni
Dall’altra parte abbiamo Giovanni.
Giovanni è titolare di una farmacia in una città del sud Italia. Ha ereditato il negozio dal padre e ha portato avanti con successo l’attività per molti anni.
Il volume di affari è aumentato sotto la sua gestione, grazie anche ad alcune iniziative che gli hanno permesso di allargare il negozio e la gamma di prodotti offerti. Non solo farmaci, ma anche prodotti per la cosmetica e servizi di analisi.
Le sue capacità personali gli hanno permesso di portare il fatturato ben oltre i normali livelli di un’attività commerciale come la sua. I soldi non sono mai mancati e si è potuto permettere per anni molti “sfizi”. Non ha mai avuto figli ma, avendone le possibilità economiche, ha cresciuto e viziato quelli della sorella.
Attirati dalla professione e stimolati dalle possibilità economiche garantite dall’attività della farmacia, i suoi nipoti hanno studiato per diventare farmacisti come lo zio e, una volta superato l’esame di stato, sono diventati parte integrante dello staff aziendale.
L’attività è andata avanti per molti anni senza grossi problemi.
Giovanni ha sempre saputo gestire con maestria le entrate e le uscite, in equilibrio tra i ricavi dei prodotti da banco e i crediti maturati nei confronti dell’azienda sanitaria locale, con pagamenti a 210 giorni di media.
Le linee di credito per anni sono state sfruttate solo per anticipare l’incasso delle fatture fatte agli enti pubblici.
Poi, in pochi mesi, c’è stata un’esplosione nel livello di indebitamento verso le banche e verso i fornitori, quando ha deciso di investire nella ristrutturazione del negozio.
Nonostante le rassicurazioni dell’impresa incaricata di seguire i lavori, la farmacia è rimasta chiusa per più di tre mesi ed il fatturato ha subito un brusco arresto.
Sono iniziati gli insoluti con i fornitori ed il pagamento in ritardo degli stipendi. Ma la batosta è arrivata quando uno dei creditori è giunto al pignoramento dei crediti verso l’azienda sanitaria locale. Niente più ricavi dai farmaci.
Giovanni ha tentato di reagire in più modi. Ha resistito inventando ogni genere di stratagemma per continuare a tenere aperto il negozio e a servire i suoi clienti. È arrivato perfino ad acquistare al dettaglio i farmaci da vendere, pur di aprire la serranda.
Con un’attività in perdita, uno stile di vita completamente cambiato e immerso in una situazione di crisi che non aveva mai dovuto affrontare, ha cercato di aggrapparsi alla professionalità di differenti “esperti”.
Nel corso degli anni ha cambiato cinque studi legali e sei commercialisti. É partito, come tutti gli imprenditori, dai professionisti della sua città, seguendo i suggerimenti di conoscenti e amici che consigliavano questo avvocato o quel commercialista.
Si è reso conto, mentre il tempo passava, che non riceveva il supporto necessario per risolvere il problema di indebitamento alla radice, ma solo assistenza sulle urgenze: l’opposizione al decreto ingiuntivo, la rateizzazione della cartella esattoriale.
Mancava la visione d’insieme.
La cocciutaggine lo ha aiutato a mandare avanti il negozio, in condizioni avverse, per oltre cinque anni. Sono rimasti ad aiutarlo i nipoti, che hanno lavorato mesi interi senza percepire lo stipendio.
Fino a quando non è arrivato il colpo di grazia.
Un’istanza di fallimento da uno di quei creditori che erano arrivati tardi nella corsa al pignoramento e che non erano riusciti ad ottenere nulla dalla procedura esecutiva.
Solo in quel momento Giovanni, in preda alla disperazione, si è messo a cercare una soluzione che andasse oltre gli studi professionali della sua provincia.
Quando mi ha raccontato la sua storia era in lacrime. Mi ha spiegato ciò che era successo e il punto a cui era arrivato. Gli errori commessi dai professionisti a cui si era rivolto e i soldi sprecati procedendo a tentativi per risolvere i problemi.
L’udienza al tribunale fallimentare era prevista entro un mese e mezzo, non aveva soldi e nemmeno proprietà immobiliari. L’unico bene di valore era la licenza della farmacia. E poi c’erano i nipoti. I tre ragazzi che avevano scelto per il loro futuro di lavorare come farmacisti, seguendo le orme dello zio.
Cosa rischi di perdere aspettando troppo a prendere in mano la situazione
In una condizione del genere, l’unica soluzione possibile passa dallo sfruttamento degli strumenti messi a disposizione della legge fallimentare.
Nonostante il parere contrario del suo ultimo avvocato, che stava tentando di sbloccare una parte del credito pignorato per permettere il pagamento del creditore che aveva richiesto il fallimento (ed incassare subito la sua parcella) Giovanni ha abbracciato la strategia di ristrutturazione del debito che avevo elaborato per lui.
Bisognava sfruttare il concordato preventivo, assicurandosi l’accettazione del piano di risanamento aziendale da parte dei creditori.
La richiesta di un concordato preventivo in bianco ci ha permesso di guadagnare il tempo per perfezionare il piano da presentare ai creditori. Giovanni avrebbe ceduto, tramite un affitto di azienda, il negozio e la licenza ai nipoti che si impegnavano a rinunciare agli stipendi arretrati ed a versare il canone per un periodo di tre anni.
Alla fine di questo triennio, avrebbero saldato il residuo e rilevato definitivamente i beni dell’azienda. Il denaro per l’acquisto sarebbe arrivato dai terreni che i nipoti di Giovanni avevano ricevuto in donazione dal padre.
In questo modo i creditori avrebbero avuto un ritorno molto più alto rispetto all’ipotesi del fallimento.
Siamo riusciti a salvare la farmacia, ma a costo di parecchie rinunce e numerose perdite.
Il negozio ha riaperto, ma con un volume di affari molto più basso di quello della gestione precedente. I margini si sono ridotti, perché i fornitori non hanno comunque preso di buon occhio lo stralcio dei propri crediti e i nipoti di Giovanni si sono dovuti rivolgere a distributori più piccoli. I terreni sono stati svenduti perché il mercato immobiliare è fermo e l’urgenza di ottenere la liquidità ha costretto ad accettare condizioni non proprio vantaggiose.
Nonostante il successo dell’operazione, ci sono stati parecchi morti sul campo di battaglia.
Quale alternativa scegliere per non farti mettere con le spalle al muro
Se avessimo iniziato a lavorare anche solo due anni prima sulla strategia di risanamento aziendale si sarebbero potuti trovare accordi con i fornitori e le banche creditrici per permettere alla farmacia di rientrare delle esposizioni su un arco temporale anche di cinque o dieci anni.
La vendita dei beni di famiglia non sarebbe stata necessaria o comunque si sarebbe potuta fare con la calma necessaria a non rimetterci la metà del valore di mercato.
E tu, quale delle due alternative preferiresti?
Personalmente sceglierei la prima.
Muoversi per tempo quando si manifestano i primi segnali di difficoltà economica ti permette di mettere in atto soluzioni migliori in termini di risultati raggiungibili e riduzione delle perdite.
Hai più risorse per gestire la situazione, più tempo per poter raggiungere degli accordi transattivi e, se decidi di affidarti ad un esperto in grado di portare avanti la ristrutturazione al posto tuo, più energie per dedicarti al tuo lavoro ed aumentare gli incassi.
In casi simili, l’attesa porta ad un peggioramento della situazione tale per cui si può intervenire solo con azioni traumatiche, sia per l’azienda che per la famiglia dell’imprenditore coinvolto nel risanamento.
La vendita dei beni, il licenziamento del personale, le rinunce personali, possono essere evitate lavorando fin da subito sulla gestione della situazione economica nel suo complesso.
Devi giocare bene le tue carte.
Un’analisi professionale dei flussi di cassa e delle tue linee di credito, che metta in evidenza i tuoi punti di forza e soprattutto i tuoi punti di debolezza, ti permette di evitare conseguenze che possono portare al dissesto finanziario la tua attività e la tua famiglia.
Si possono negoziare le condizioni di qualsiasi posizione debitoria in maniera professionale, utilizzando tutte le armi disponibili per ottenere l’equilibrio economico necessario.
Il momento migliore per farlo è quando ci sono segnali di difficoltà ma non si sono ancora raggiunti livelli di crisi tale da rendere la ristrutturazione dei debiti un processo traumatico per l’azienda e per l’imprenditore.
Si possono elaborare soluzioni e strategie di gestione che devono essere tagliate su misura per il tuo caso specifico, studiate ed adattate da uno Specialista del Debito.
Strumenti che se utilizzati in tempo permettono di ridurre, se non di annullare, le conseguenze di una segnalazione negativa in Centrale Rischi.
Devi solo deciderti a prendere il toro per le corna e agire nel modo giusto, senza trascurare i debiti della tua azienda e i problemi che trascinano dentro la tua vita.
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Ad maiora.
Giuseppe