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Molti imprenditori sono convinti di riuscire ad ottenere giustizia contro i comportamenti abusivi degli istituti di credito portandoli in tribunale. Vogliono fare causa alla banca e comunque, anche se non arrivano a tanto, credono di riuscire ad avere la meglio minacciando i funzionari in filiale o quelli incaricati del recupero del credito.
Pensano che spaventare gli addetti al lavoro di bassa manovalanza possa aiutarli ad evitare l’inevitabile. Ma non è così, anzi, spesso è vero il contrario.
La rabbia, la frustrazione e la sensazione di essere stato tradito dopo che per anni ti sei sacrificato credendo di creare un rapporto di collaborazione con la banca, prendono il sopravvento e ti spingono a fare gesti, a prendere iniziative ed a tentare azioni che non fanno altro che peggiorare la situazione.
E spesso in questa rincorsa verso la crisi più nera non sei da solo, ma sei guidato da questo o quel consulente di turno, che ti convince a far prevalere il senso di giustizia sulla ragione dei freddi numeri.
Ti porta le sentenze, ti fa assaporare la vittoria, ti fa sentire in tasca i soldi del rimborso. E ti trascina in una guerra nella quale, quasi sempre, è l’unico vero vincitore.
Questo è esattamente quello che è successo ad Alessandra, architetto e amministratore di una società immobiliare che ha vissuto una breve parentesi di gloria imprenditoriale ed un lungo, inesorabile incubo nella peggiore delle crisi con le banche.
Quella in cui sono a rischio non solo la tua azienda, ma anche i tuoi beni personali.
Ripercorrendo la sua storia ti spiegherò perché fare causa alla banca e sperare che l’istituto di credito si senta minacciato e per questo rinunci al suo credito è la peggiore delle strategie di gestione di una crisi finanziaria aziendale e quale, invece, deve essere l’approccio corretto.
Alla fine di questo articolo avrai imparato come difendersi dalle banche nel modo giusto, dato che 99 volte su 100 azioni sconsiderate come far causa alla banca per anatocismo e usura bancaria, nella convinzione che siano gli interessi bancari la causa di tutti i problemi.
Ma facciamo un passo alla volta.
Alessandra aveva iniziato la sua avventura nel campo immobiliare dopo una brillante carriera come architetto, in un grande studio romano. La società che aveva costituito con il marito, ingegnere edile, era nata nella fase finale di quel fortunato periodo del mercato immobiliare terminato tra il 2007 e il 2008.
Erano partiti come tanti.
Avevano messo insieme i soldi risparmiati, quelli ricevuti in eredità ed avevano investito tutto in un progetto immobiliare alle porte della Capitale.
Come per la maggior parte delle iniziative immobiliari, i soldi non sarebbero arrivati dai soci, ma si sarebbe fatto largo utilizzo dei prestiti bancari. E come in quasi tutte le aziende, le linee di credito ottenute non erano correlate agli investimenti ed il costo non era proporzionato al rendimento.
Nemmeno erano stati calcolati i rendimenti attesi.
Come una struttura finanziaria debole scatena il desiderio di fare causa alla banca
La maggior parte degli imprenditori costruisce la propria azienda con un modello di business basato sui fondi provenienti dall’esterno ed è per questo che il loro destino resta legato a doppio filo alla principale fonte di finanziamento delle piccole aziende, le banche.
Me questa è anche la ragione per la quale, ad ogni revisione periodica degli affidamenti, la poltrona di un piccolo imprenditore scricchiola.
Il motivo per il quale corri sempre il rischio di ricevere la telefonata del direttore della tua banca che ti chiede cosa sta succedendo e ti preannuncia che devi rientrare delle linee di credito.
Questo è ancora più vero per le società che operano nel settore immobiliare.
Si può comunque fare qualcosa per evitare il problema.
Quando non progetti il tuo business per renderlo finanziabile tramite i ricavi delle vendite ed hai bisogno di ricorrere ai finanziamenti delle banche, devi quantomeno prestare attenzione alla tipologia di prestiti che stai richiedendo.
Senza voler entrare nello specifico delle diverse tipologie di finanziamento e del modo in cui dovresti correlarli ai tuoi investimenti (maggiori dettagli li puoi trovare nel libro Aziende che si finanziano da sole), devi sapere che ogni tipologia di prestito si distingue per la modalità di rimborso.
Se non vuoi trovarti a gambe all’aria, devi scegliere il prestito in funzione del tipo di flusso di cassa previsto dall’investimento che stai per fare.
Quindi bene, ma non benissimo, se utilizzi il fido per comprare i semilavorati che ti servono per terminare la produzione e consegnare un ordine, per alimentare il circolante insomma, male se quei soldi li usi per acquistare un macchinario, un furgone o per rifare l’arredamento del tuo ufficio.
Questo perché nel primo caso in poco tempo recupererai l’intero investimento grazie all’incasso ricevuto dal cliente, magari in un’unica soluzione e senza essere costretto ad anticipare la fattura, mentre nel secondo il rendimento atteso sul macchinario si recupera in quattro, cinque o più anni.
Purtroppo però spesso non puoi scegliere.
Alessandra, come molti imprenditori, aveva preso tutto quello che le era stato concesso senza badare molto alla forma.
Mutui ipotecari e chirografari per cominciare, ma soprattutto linee di credito temporanee da rinnovare ogni sei mesi. Fidi di cassa e anticipi fatture, tanto per essere chiari.
In un settore come quello immobiliare finanziare un progetto utilizzando linee di credito revocabili è davvero una brutta, bruttissima idea. Se la banca, per una qualsiasi ragione, non dovesse accordarti la proroga, il rischio che l’azienda salti diventa molto, molto probabile.
E le cose vanno anche peggio quando, a garantire le esposizioni a revoca, ci sono le solite, maledette, garanzie personali.
Questo vale per l’immobiliare, certamente, ma è vero ogni volta che decidi di fare un investimento utilizzando le linee di credito revocabili. A prescindere dal tuo settore.
La causa alla banca come strumento (scorretto) per sistemare i problemi di tensione finanziaria
La crisi del mercato immobiliare aveva rallentato di molto il progetto di sviluppo immobiliare di Alessandra, che tra fornitori che sparivano, clienti che rinunciavano alla caparra pur di non completare l’acquisto e inevitabili lungaggini burocratiche, aveva sforato di molto i tempi previsti per il completamento del complesso.
Le difficoltà a consegnare gli appartamenti rendevano impossibile incassare i corrispettivi delle vendite e questo aveva generato delle inevitabili tensioni finanziarie sui conti affidati.
“Ma cosa si intende per tensione finanziaria?”
Una linea di credito è tecnicamente in tensione finanziaria quando viene utilizzata, per la maggior parte del tempo, oltre la soglia dell’80% dell’affidamento totale.
Questo vuol dire, ad esempio, che se nel mese utilizzi il tuo fido da 10 mila euro per più di 8 mila euro, la tua azienda sta vivendo un periodo di tensione finanziaria. E lo stesso vale per le linee che ti permettono di anticipare fatture e ricevute bancarie.
Hai bisogno di anticipare più dell’80% del tuo fatturato? Non hai il controllo finanziario della tua azienda.
Questo, almeno, è quello che pensano le tue banche quando, una volta al mese, vanno a controllare come stai utilizzando i soldi che ti hanno prestato.
I ritardi sull’avanzamento del progetto avevano costretto Alessandra a dare fondo a tutte le linee di credito temporanee per diversi mesi. Le banche glielo avevano permesso, senza manifestare insofferenza, fino a quando su uno dei conti manco la copertura per pagare un assegno in prima presentazione.
Immediata scatto la segnalazione al CAI e, nonostante il successivo pagamento, inevitabile fu la lettera di revoca degli affidamenti.
Un piccolo passo falso aveva scatenato una vera e propria valanga.
Quali sono gli eventi che precedono la scelta di fare causa alla banca
A pochi mesi dalla prima lettera di revoca tutte le banche iniziarono a ritirare il proprio appoggio e a chiedere la restituzione degli strumenti di pagamento.
Senza più la possibilità di pagare con gli assegni, in un settore come quello dell’edilizia, nel quale rappresenta ancora la principale forma di pagamento, ben presto anche i fornitori migliori si sarebbero allontanati.
Nel giro di pochi mesi Alessandra si era ritrovata senza più linee di credito, senza appoggio da parte dei fornitori e con una vagonata di immobili sul groppone, da liquidare in fretta per far fronte all’emergenza finanziaria.
Se non si fosse mossa per arginare il problema da sola, le banche l’avrebbero comunque costretta a farlo e, non trovando soddisfazione del credito nel complesso immobiliare in costruzione, si sarebbero impossessate anche dei suoi beni personali.
Come spesso accade, però, non ci fu l’assalto alla diligenza e questo fu il vero problema.
“Ma come un problema? Mi sembra una cosa positiva invece…”
Prima di continuare, permettimi di chiarire un aspetto molto importante se stai iniziando ad avere qualche problema di liquidità.
Contrariamente a quanto molti imprenditori pensano, le banche non si muovono rapidamente per aggredire il patrimonio dei loro clienti.
Non perché non siano pronte a farlo o perché sei amico del direttore che ci ha messo una buona parola, ma perché sono apparati burocratici nei quali le procedure rallentano quello che altrimenti sarebbe il percorso più logico.
Ad esempio, capita spesso che dopo la decadenza del beneficio del termine o le comunicazioni di messa a sofferenza, gli atti giudiziari tardino ad arrivare.
La ragione sta nella tempistica necessaria ad “assegnare” la pratica a qualcuno che ne curi il recupero
Ma si tratta della classica quiete prima della tempesta.
La bassa marea che precede lo tsunami.
Gli imprenditori che mi contattano, quelli che si ritrovano per la prima volta in una situazione di crisi finanziaria, immaginano da subito scenari apocalittici, con gli ufficiali giudiziari che lanciano dalle finestre di casa le valigie con gli effetti personali.
In realtà a questa fase si arriva in un momento successivo, quando si é molto avanti nella procedura di recupero e la situazione è diventata già praticamente ingestibile.
La differenza tra una storia a lieto fine ed il dissesto finanziario dell’imprenditore e della sua famiglia la fanno le azioni che decidi di fare nel periodo che passa tra i primi segnali di crisi e il momento nel quale gli ufficiali giudiziari bussano al tuo campanello.
Purtroppo però molti sovrastimano questo arco temporale.
Pensano di avere molto più tempo di quanto non ne abbiano in realtà.
Questo perché quando le banche ritirano il loro appoggio alla tua azienda, non lo fanno dichiarando guerra, ma agiscono lentamente. Riducono le linee, non ti permettono di rinnovare le fatture anticipate, non ti danno i blocchetti degli assegni e, dopo qualche tempo, bloccano il conto.
All’inizio sembra molto meno grave di quando non lo sia in realtà.
E questo di solito peggiora le cose perché il problema viene sottovalutato fino a quando non diventa molto difficile e costoso da risolvere.
Non solo.
In questa prima fase ti propongono delle soluzioni che sembrano anche ragionevoli, con le quali ti costringono, però, a fare delle concessioni che normalmente non saresti disposto a tollerare.
Di solito accetti questi accordi con ingenua superficialità, senza valutare le implicazioni per la risoluzione generale della crisi aziendale e questo ti porta, nella maggior parte dei casi, ad una condizione ancora peggiore di quella dalla quale stavi fuggendo.
Purtroppo questo capita anche quando ti affidi al giudizio dei consulenti provenienti dal mondo del credito, che hanno scarsa familiarità con i problemi di finanza dei piccoli imprenditori.
Alessandra ha avuto la sfortuna di incontrarne uno.
La persona che convince l’imprenditore a fare causa alla banca e le ragioni che spingono a farlo (e non sono quelle economiche)
La prima volta che l’ho sentito al telefono ho avuto modo di pesarlo dal punto di vista professionale.
Era stato incaricato di verificare quale fosse la mia strategia per superare lo stallo in cui aveva cacciato l’azienda e per questo mi aspettavo il solito terzo grado dei consulenti che vogliono fare le pulci al mio metodo di lavoro.
Mi sono sorpreso quando, per più di mezz’ora, mi ha elencato i suoi presunti successi.
Poi ho capito.
Pensava veramente che le sue lettere alla direzione avessero bloccato le banche, perché in un anno erano arrivati solo due decreti ingiuntivi. Ci credeva davvero.
Quello che avrebbe scoperto, se avesse trattato migliaia di casi, è che normalmente il recupero del credito tramite una procedura esecutiva inizia dopo circa 12 mesi dalla sofferenza, a meno che la banca non abbia ragione di temere che le garanzie possano essere fatte sparire prima.
Alessandra aveva concesso a tutte le banche la garanzia ipotecaria su una porzione del patrimonio immobiliare e la fideiussione sui suoi beni personali, quindi nessuna banca temeva che le garanzie venissero a mancare.
Ma il consulente in questione era seriamente convinto che i direttori delle filiali avessero avuto paura di lui.
Immagina per un momento di essere nei panni del tuo direttore di banca.
Ma non quando alle 4 e mezza torna a casa dalla famiglia, certo del suo stipendio a fine mese. Chiudi gli occhi e immagina di essere seduto alla sua scrivania quando si trova a dover risolvere un caso complicato come il tuo, dal quale dipende la sua carriera.
Quello di un imprenditore al quale la banca ha prestato dei soldi, che non sta pagando il dovuto e che quasi sicuramente diventerà un problema da gestire.
Ogni volta che un cliente diventa insolvente, i superiori del tuo direttore analizzano il suo lavoro, verificano se ha rispettato le procedure e, se non lo ha fatto, lo puniscono.
Il direttore smette di far carriera, il suo stipendio non cresce e, se i numeri della sua filiale sono peggiori della media, viene spedito nelle sedi più sperdute, quelle filiali dei paesini di montagna nelle quali nessuno, a parte i residenti, vorrebbe lavorare.
Per il direttore di una filiale le pratiche incagliate possono diventare un vero problema.
Sono una patata bollente che deve essere spostata in fretta.
Ecco perché in prima battuta prova a forzare la mano per ristrutturare la posizione e mantenerla lontana dai radar dei controlli interni, ma se non ci riesce subito non fa altro che alzare le mani e passarla al livello di recupero successivo.
Se non lo facesse, rischierebbe il posto.
Ed è questo il motivo per il quale se non senti più il direttore della tua filiale e sei stato forte abbastanza da resistere alla tentazione di firmare un accordo capestro, puoi mettere la mano sul fuoco che la tua posizione è in gestione ad un livello più alto, in mano a persone più preparate a farti scucire fino all’ultimo soldo.
I presunti 18 anni di esperienza in banca del consulente di Alessandra non gli avevano, evidentemente, permesso di scoprire queste procedure.
Lui credeva di aver bloccato ogni tentativo dei suoi ex colleghi scrivendo loro una bella lettera raccomandata.
Come se non bastasse, aveva farcito la lettera facendo notare le irregolarità dei conti. Anche se non aveva fatto perizie era sicuro che qualcosa da recuperare ci fosse. E lo aveva messo nero su bianco.
Devo ammetterlo. Su queste note, ho smesso di ascoltarlo. Quindi non so cosa abbia detto dopo.
La mancanza di esperienza nello campo specialistico delle crisi d’impresa e la presunzione di conoscere il sistema bancario gli aveva fatto commettere degli errori molto gravi nella gestione del denaro, del patrimonio e delle garanzie.
Aveva tagliato le gambe all’azienda, chiuso molte delle strade possibili.
Alessandra aveva venduto gli appartamenti più appetibili e i soldi erano stati utilizzati per chiudere solo una parte dei prestiti ipotecari. Le banche avevano ancora la possibilità di riscuotere le garanzie personali e lo avrebbero fatto entro pochi mesi.
D’altronde avevano esaurito il patrimonio liquidabile, non avevano fatto accordi tombali e non c’erano prospettive di recuperare altro dalla società. Era bloccata e i conti correnti lo dimostravano.
Se sei nella condizione di avere con la stessa banca delle esposizioni con diversi gradi di garanzia, l’unico modo per liberarti del debito e trovare un accordo che ti permetta, tramite la liquidazione del patrimonio, di estinguere tutto e liberare i garanti.
Altrimenti ti ritrovi a dover sperare che la banca si spaventi quando minacci di portarla in tribunale perché qualcuno ti ha detto che forse gli interessi sono usurai.
Ecco perchè la causa alla banca non fa paura al direttore, ai dirigenti e nemmeno all’amministratore delegato
Devo farti una confessione che ha sconvolto molti degli imprenditori con cui ho avuto il piacere di parlare nel corso degli anni.
Le banche non hanno paura delle cause promosse dai piccoli imprenditori.
Davvero. Sono certe di passarle indenni. Ed è esattamente così.
Solo negli ultimi dieci anni il sistema bancario ha superato, senza grossi scossoni, ben tre fronti di attacco giudiziario e stanno brillantemente risolvendo il quarto, uscendone più forte che mai.
Negli anni 2008 – 2010 c’è stato il filone dei derivati spazzatura venduti agli imprenditori e le banche hanno subito molte meno perdite di quante fossero le commissioni incassate.
Poi è stata la volta degli interessi anatocistici, cioè gli interessi calcolati sugli interessi, e questo scoglio è stato brillantemente superato con – addirittura – un cambiamento favorevole della normativa.
Quindi è stata l’annata dell’usura, vera o presunta, dei mutui ipotecari.
Oggi è di moda attaccare le banche che hanno venduto i propri titoli prima di fallire, ma i tentativi sono talmente fallimentari che non finiscono nemmeno sulle pagine di cronaca locale dei quotidiani gratuiti.
Le banche sono ancora tutte in piedi, i fallimenti delle piccole aziende sono stati decine di migliaia.
Questo non vuol dire che tu non possa farti giustizia.
Solo che sarebbe meglio risolvere prima le problematiche aziendali e poi, se ti avanzano tempo e risorse, le questioni di principio.
Questo era quello che avrebbe dovuto capire Alessandra prima di sprecare le sue ultime risorse economiche in inutili tentativi di portare le sue banche in tribunale.
Sono diverse le ragioni per le quali le banche non sono preoccupate delle azioni legali che possono arrivare dai piccoli imprenditori e i motivi per i quali tu, come titolare d’azienda, dovresti tenere bene a mente tutto questo.
Dalle ragioni che sto per elencarti dipendono le scelte che farai per il destino finanziario della tua azienda. Quindi prendi una penna e segnati queste regole.
# 1 Le banche hanno più tempo
Per quanto quel maledetto debito sia importante rispetto al fatturato della tua azienda, nel bilancio di una banca sei un numero in mezzo a tanti. Lo so che è brutto da dirsi, ma c’è da farsene una ragione.
Che sia di 10, di 100 o di 1 milione, la tua esposizione rappresenta lo 0,000…1% dei crediti incagliati nell’attivo della banca.
Quindi non vale il detto “pochi maledetti e subito”.
Devi costruire una trattativa e portare avanti una proposta che abbia senso in base alle politiche di bilancio della banca e al modo in cui le loro procedure prevedono di estinguere le posizioni come la tua.
Oppure puoi sparare a caso e sperare nella fortuna.
Ma torniamo al punto.
Quello che deve essere chiaro è che, paragonata ai numeri di una banca, qualsiasi posizione non degna di passare dalle decisioni del consiglio di amministrazione può essere “gestita domani”.
Non ci sono “urgenze” se la soglia scelta per segnalare un problema è 1 milione di euro e la pratica media di una PMI è 200 mila euro.
Ed è per questo che le pratiche si muovono lentamente da un ufficio all’altro. Non certo perché il tuo avvocato ha mandato la raccomandata direttamente all’amministratore delegato.
#2 Le banche hanno più mezzi
La strada che passa dal tribunale è costosa, estremamente costosa. E le banche hanno più risorse finanziarie di te.
Quando si lanciano carichi di rabbia in un’azione legale gli imprenditori non tengono conto di quanto gli possa costare la stessa. Non parlo solo delle parcelle dell’avvocato di turno, quello è il minore dei mali.
Il tempo è denaro.
Una situazione irrisolta, raccolta per anni in un fascicolo dimenticato tra i polverosi scaffali delle cancellerie dei tribunali, toglie risorse economiche, energie e tempo che potrebbero essere impiegate in maniera più efficace.
Ma non solo.
La situazione stagnante ti impedisce di cogliere opportunità, di utilizzare appieno il sistema creditizio, di riacquistare l’equilibrio finanziario del quale ogni azienda ha bisogno.
La mia domanda è questa: hai le risorse economiche per finanziare la causa, il costo dell’attesa e le opportunità di guadagno che ti sfuggono?
Perché le banche non hanno problemi a finanziare cause decennali con i loro fondi e lo faranno se l’obiettivo è quello di portare a casa la vittoria.
# 3 Le banche hanno la legge dalla loro parte
Il sistema bancario rappresenta il principale settore economico nella maggior parte dei Paesi industrializzati.
Le banche hanno sostituito le fabbriche, gli sportelli le attività commerciali, i dipendenti di banca gli operai. Basta guardarsi intorno per capire quanto la banca sia presente nell’economia.
Un industria potente come quella bancaria è in grado di influenzare le decisioni dei Governi, l’emanazione delle leggi e le scelte dei decisori.
Non è un mistero che ogni forza politica asseconda le esigenze del settore bancario introducendo questa o quella legge, anche a discapito dei cittadini, delle parti più deboli. Per quanto non sia giusto funziona così e tu non puoi nascondere la testa sotto la sabbia. Devi accettare questa regola e agire di conseguenza.
Negli ultimi anni sono state emanate leggi per:
- permettere alle banche di alzare i tassi di interesse senza il pericolo di incorrere nel reato di usura;
- rendere lecito il calcolo degli interessi sugli interessi, chiudendo per sempre le porte in faccia all’anatocismo;
- garantire alle banche in crisi finanziaria la possibilità di tenersi i soldi dei cittadini che hanno comprato azioni o obbligazioni della stessa banca;
- consentire addirittura la possibilità di tenersi i soldi dei conti correnti in caso di difficoltà finanziaria grave.
Senza considerare il fatto che sono state cambiate le regole del mercato del lavoro, è stato abolito l’articolo 18 e sono stati introdotte norme per permettere alle banche di ridurre il costo del personale e di scaricare il peso di questa scelta sulle casse dello stato.
Queste sono solo alcune delle leggi con le quali fare i conti quando decidi di avviare un’azione legale nei confronti delle banche.
Capisci perché nessuna banca teme minimamente l’azione legale di un imprenditore?
La storia di Davide contro Golia e la lezione che l’imprenditore deve imparare prima di fare causa alla banca
Nella Bibbia c’è una storia che mi ha sempre affascinato. La storia del piccolo Davide che sconfigge, con l’astuzia, il gigante Golia.
Durante la guerra tra il popolo di Israele e i Filistei, l’esercito degli Ebrei sembra avere la peggio a causa della presenza di un gigante fortissimo tra le fila dei Filistei: Golia, appunto.
Golia sfida l’esercito di Israele ad un duello per porre fine alla guerra e solo il giovane Davide, un pastore, si offre di affrontarlo. Ma invece delle armi convenzionali utilizza una piccola fionda, lancia un sasso contro il gigante che stramazza al suolo e con un gesto rapidissimo si scaglia su di lui e lo decapita.
L’astuzia (e la fede, secondo la Bibbia) permettono al piccolo Davide di sconfiggere il gigante Golia.
Immagina di essere Davide e di dover battere il tuo gigante.
Non puoi pensare di utilizzare le stesse armi ma devi adottare tecniche, metodo e strategie che ti permettano di uscire vittorioso spostando lo scontro su un terreno differente da quello nel quale il tuo avversario è più forte.
La migliore mossa da fare per salvare un’azienda in crisi senza fare causa alla banca
Devi scegliere.
- Puoi decidere di ignorare le informazioni che ti ho dato, considerarle il delirio di un “uomo delle banche” e continuare a seguire la linea che hai deciso, schiantandoti contro il muro delle cause alle banche andando avanti per tentativi, tra consigli di avvocati, commercialisti e professionisti di ogni sorta che improvvisano un lavoro. Se per te fino ad oggi ha funzionato e non provi un tremito ogni volta che ti chiama la banca, allora fai pure…
- La seconda scelta è affidarti a qualcuno che si occupa di questo da anni, qualcuno che ha contatti con le banche in continuazione, che sa cosa succede e come ragionano dall’altra parte, che ti permetta di concentrarti solo e soltanto sulla tua azienda, senza tormentarti fra appuntamenti in banca, telefonate continue e assillanti.
Il tempismo è fondamentale in questo campo, intervenire nel momento giusto altrettanto, per il semplice fatto che trattare con banche, finanziarie, fornitori, ogni creditore insomma, quando hai ancora dei soldi in mano è un conto; farlo quando sei disperato e disposto ad accettare qualsiasi cosa un altro.
Non basta seguire qualche consiglio improvvisato, per sistemare una situazione difficile, serve un piano, una strategia, pensata da chi fa questo di mestiere.
È per questo che ho messo insieme un team di esperti, capaci di fornirti il supporto e l’assistenza che ti servono per superare questo momento.
Un gruppo con ogni competenza necessaria, giuridica e finanziaria, che lavora come fosse un’unica persona.
Un team di esperti che ha lavorato su quasi duemila casi di imprenditori in difficoltà e che lavora seguendo un metodo di lavoro, il mio metodo, pensato apposta per risolvere i problemi delle imprese, il Metodo Di Domenico.
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