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Ti sei mai chiesto se le fonti di finanziamento che utilizzi per mandare avanti la tua azienda siano quelle giuste per far crescere la tua azienda in sicurezza?
Gli investimenti in asset e persone, nonché le spese necessarie per arrivare sul mercato, vendere, produrre e consegnare i prodotti o erogare i servizi devono trovare necessariamente una copertura finanziaria.
Nulla che tu già non sappia.
Sai benissimo cosa vuol dire farsi carico della responsabilità di trovare le risorse finanziarie a copertura delle spese di gestione e degli investimenti, senza esporre l’azienda a troppi rischi e senza rimetterci il capitale proprio.
Il compito non è affatto facile, dato che esistono diverse modalità per finanziare un’azienda.
Il fabbisogno finanziario può essere coperto con le tue risorse personali, con quelle che chiedi in prestito, con quelle che raccogli da investitori più o meno inconsapevoli e con quelle generate dall’attività operativa.
La vera difficoltà sta nella necessità di valutarle attentamente prima di scegliere quella giusta, tenendo conto delle caratteristiche della fonte dei capitali, delle obbligazioni connesse ai rapporti contrattuali, del rischio associato alle diverse fonti di finanziamento e del costo del denaro.
Per quanto possa sembrare semplice, definire la struttura finanziaria giusta per la tua impresa non è per niente un gioco da ragazzi.
Ecco perché la maggior parte delle PMI lavora con una struttura finanziaria sbilanciata, spesso molto fragile, che genera costi sproporzionati rispetto alla redditività del capitale investito e porta, inevitabilmente, alla carenza di liquidità nel medio-lungo periodo.
Come progettare la struttura finanziaria corretta per la tua azienda?
Le opzioni tra le quali scegliere dipendono dal modello di business e dal contesto nel quale decidi di operare, ma spesso gli imprenditori non sanno nemmeno di averne più di una.
La prima alternativa all’autofinanziamento: il canale bancario
Tra le migliaia di aziende che ho assistito in oltre 15 anni di consulenza, ho riscontrato un minimo comune denominatore: la scelta della fonte di finanziamento ricade quasi sempre sul debito bancario o sul denaro preso in prestito da parenti e amici, quello che io chiamo “family financing“.
Non si va molto lontano da queste due alternative.
Nessun’altra fonte di finanziamento viene presa in considerazione, se non in misura marginale.
Apparentemente nulla di strano, se fanno tutti così ci sarà un perché.
Eppure c’è da stare attenti a limitare al solo canale bancario l’accesso al capitale necessario per finanziare l’azienda, e, soprattutto, bisogna prestare molta attenzione alle condizioni richieste per accedere al credito e al costo del denaro.
Ma soprattutto c’è da valutare con cautela il modo in cui la struttura finanziaria viene determinata dalla combinazione dei diversi prodotti bancari e dei soldi degli investitori privati.
Nella maggior parte una struttura finanziaria basata sulle banche alimenta una crescita aziendale poco sostenibile.
Il ricorso al credito bancario è spesso troppo costoso, inefficiente e altamente rischioso.
E la versione rapida e moderna delle banche, le cosiddette “fintech”, non eliminano questi problemi, dato che, in cambio della velocità di erogazione garantita dalla tecnologia, applicano al denaro un costo che viaggia molto vicino al limite massimo concesso dalla legge contro l’usura.
Potrei citarti le storie di migliaia di imprenditori condannati a guidare aziende con margini prossimi allo zero, perché costretti a pagare interessi salati agli istituti di credito.
Senza contare le centinaia di aziende finite sull’orlo del baratro a causa delle banche che revocavano loro i fidi.
Solo ieri ho ricevuto nei nostri uffici di Lugano Mattia, produttore di articoli sportivi per biker, che non sapeva più dove sbattere la testa per tirare fuori il denaro necessario a coprire le spese di gestione.
Tutto quello che entrava nelle casse dell’azienda veniva assorbito dai costi dei mutui e delle linee di credito, come se le banche fossero attaccate all’azienda in “modalità sanguisuga”.
Io non sono contrario alle banche per principio.
Nessun direttore di banca mi ha mai picchiato, anche se, quando all’inizio della mia carriera seguivo personalmente le trattative per conto dei primi clienti, mi è capitato di essere trattato molto male da qualcuno di loro.
Ricordo, come se fosse accaduto ieri, l’appuntamento nella filiale di un grosso gruppo a Treviso, quando al mio buongiorno il direttore si era alzato in piedi di scatto ed aveva iniziato ad urlare e ad insultarmi.
Come se i soldi prestati al mio cliente fossero i suoi e il debito fosse mio.
Ma a parte questi simpatici ricordi di vita dal fronte, non ho mai avuto alcun problema con le banche, anche se non sono tra i miei fornitori di liquidità prediletti e la maggior parte delle mie aziende lavora prevalentemente in autofinanziamento.
Credo che i finanziamenti bancari possano essere ottimi strumenti per accelerare la fase di crescita di un’azienda, quando le finanze aziendali godono di ottima salute e l’imprenditore ha il pieno controllo dell’azienda, con un sistema di controllo di gestione che gli permette di valutare le anomalie e le inefficienze.
I finanziamenti bancari, se ben correlati agli asset e richiesti nella fase giusta della vita aziendale, permettono di velocizzare la conquista delle quote di mercato e di raggiungere la soglia produttiva oltre la quale l’azienda può sfruttare i benefici delle economie di scala.
Ma quando le banche sono la principale fonte di finanziamento di un’impresa, se non l’unica, i rapporti bancari sono destinati a drenare risorse dall’attività produttiva, riducendo la liquidità disponibile per coprire le spese e finanziare gli investimenti.
Succede semplicemente perché basare la propria struttura finanziaria sui prodotti bancari ti impone di sostenere costi per interessi crescenti nel tempo.
Più l’azienda si indebita col sistema bancario, più il rischio percepito dalle banche aumenta, più aumentano i costi delle nuove linee di credito, più la marginalità si riduce e gli utili si abbassano, più l’azienda è costretta ad indebitarsi.
E così via, in una spirale che conduce l’azienda a navigare in acque sempre più agitate fino a quando il rischio è troppo elevato e le banche riducono il loro sostegno.
Mattia, ad esempio, nell’ultimo anno era arrivato a pagare 4.700 euro al mese tra spese bancarie e commissioni, contro i 1.500 euro iniziali.
In un periodo nel quale i tassi di interesse erano praticamente prossimi allo zero sul mercato dei capitali.
Quando gli istituti di credito fiutano le difficoltà finanziarie di un’impresa, infatti, vendono i loro prodotti a condizioni sempre peggiori per l’imprenditore e la sua PMI, perché devono coprirsi dal rischio di credito, che esplode quando l’azienda inizia a manifestare i primi problemi di liquidità.
E se vengono meno le risorse per sostenere le spese del debito bancario, si accumulano ritardi nel pagamento delle rate o degli interessi, si passa dalla padella alla brace.
Le banche ritirano il loro appoggio e fanno pressione per rientrare del credito concesso, il prima possibile e prima di tutti gli altri creditori.
Alla pressione delle spese, si somma la fatica mentale.
L’imprenditore inizia a trascorrere giornate intere per cercare soluzioni utili a far quadrare i conti.
Mattia mi ha raccontato che ormai non riusciva quasi più a dedicarsi alla parte produttiva del suo lavoro, quella che gli piaceva di più.
Non riusciva a seguire gli acquisti produzione, le vendite, gli accordi con nuovi partner e produttori.
Passava le sue giornate al telefono con i direttori di banca per riuscire a ottenere dilazioni o trovare nuovi accordi che, puntualmente, non riusciva a rispettare.
Una situazione più che normale, quando la struttura finanziaria poggia sui finanziamenti bancari e l’azienda inizia ad avere qualche problema di marginalità.
Se l’imprenditore è costretto a dedicare la maggior parte del tempo alla gestione delle relazioni con le banche, invece che dedicarsi alla vendita, al marketing, all’attività produttiva, prima o dopo ne risente tutta l’attività e la macchina rallenta sempre di più.
Mattia non è l’unico, sai?
Anche Andrea, rivenditore di orologi d’epoca, ha rischiato grosso perché non riusciva a focalizzarsi sugli aspetti commerciali, determinanti a far funzionare la sua attività.
Era in affanno e costantemente preoccupato dalle continue tensioni di cassa e non riusciva a concentrarsi sul fatturato e sulle reali esigenze dell’azienda a causa di continue distrazioni.
Un imprenditore che deve concentrarsi per far funzionare in maniera efficiente la propria attività, non può lasciarsi trascinare dalle rogne causate dai problemi di liquidità.
Lo capisco bene.
Mi sveglio tutti i giorni prima dell’alba, per seguire in prima persona le attività di marketing, coordinare la squadra, approfondire ogni singola problematica delle aziende che assistiamo, formare i miei collaboratori e stringere nuovi rapporti commerciali.
So bene cosa voglia dire costruire un’azienda da zero, essere appassionato del proprio lavoro e totalmente concentrato su questo.
Non riesco a staccare neanche quando dormo, finché non trovo la quadra ai problemi dei miei Assistiti, non mollo l’osso.
Non potrei pensare di riuscire a far tutto e seguire bene i miei Assistiti se un bel giorno dovessi iniziare a fare i conti con i direttori di banca per risolvere i problemi di liquidità di qualcuna delle mie aziende.
Per non parlare dell’ansia che proverei se rischiassi di subire la revoca delle linee di credito da parte delle banche e, per questo, dovessi addirittura temere la paralisi dell’attività.
Da imprenditore non lo sopporterei, ed è per questo che le nostre procedure dedicate alla gestione dei rapporti con le banche permettono all’imprenditore di potersi scaricare completamente del problema, delegandone la gestione ad un professionista competente che agisce come direttore finanziario.
La consulenza in questi casi non basta: è l’affiancamento operativo che permette all’imprenditore di liberare la testa e ritornare a concentrarsi sul proprio lavoro.
Ma i rischi delle fonti di finanziamento esterne non finiscono certo qui.
Possono alimentare anche una crescita insostenibile nella misura in cui, per ripagare i debiti e i costi sempre maggiori, si rincorre il fatturato e si continuano ad acquisire lavori in perdita.
Nei casi peggiori un euro in più di fatturato porta direttamente a 10 o venti centesimi di perdita, quindi alzarlo di 100.000 euro in un anno significa andare in perdita di 20.000 euro, anche se apparentemente l’azienda sembra andare meglio.
Lo sa molto bene Anna, titolare di uno storico maglificio, con una storia aziendale straordinaria alle spalle, che, a causa di decenni caratterizzati da vendite sottocosto, aveva accumulato un buco di 500.000 mila euro.
Mica spiccioli.
Il loro rapporto con le banche era viscerale, tutta l’attività si basava sugli anticipi degli ordini ricevuti.
Era bastato che un solo grosso cliente venisse meno perché l’azienda restasse completamente paralizzata, stretta tra i debiti con le banche che tartassavano senza sosta l’imprenditrice e i fornitori che non facevano arrivare i filati necessari alla produzione.
La raccolta di capitali come alternativa all’autofinanziamento: quali sono i limiti?
Optare per investitorI esterni, non sempre conviene.
Certo, c’è la condivisione del “rischio di impresa”, ma se la partecipazione non è ad azionariato diffuso, corri il rischio di restare impantanato in una lunga serie di bracci di ferro con i tuoi soci finanziatori.
Ci capita spesso, con le start-up che hanno raccolto fondi da investitori privati, di passare intere settimane a negoziare anche per ottenere l’approvazione di minime variazioni nelle modalità di gestione dell’azienda, dei rapporti con i fornitori, con le banche o con i clienti.
Gli investitori possono frenare gli investimenti o ostacolare le decisioni e possono far mancare il loro appoggio quando le cose vanno male, perché non sono disponibili a mettere altri soldi in azienda se hanno subito delle perdite ma ostacolano l’ingresso di nuoci capitali.
E se le cose vanno bene?
Un investitore ben capitalizzato potrebbero decidere di scalare la partecipazione e assumere il controllo della società scavalcando l’imprenditore, potrebbe vendere le quote ai concorrenti oppure contestare le decisioni dell’imprenditore, ostacolandolo in consiglio di amministrazione, come successo a Salvatore.
Lui e altri soci gestivano un’azienda di lavorazione e distribuzione di pesce congelato, con un giro d’affari che sfiorava i 16 milioni di euro, che ha rischiato il collasso a causa di un irrimediabile disaccordo tra i soci.
L’azienda vendeva in perdita, sosteneva costi troppo elevati rispetto agli incassi, il ciclo di cassa era completamente sbilanciato e l’indebitamento fuori controllo.
Solo uno di loro si era reso conto dei problemi, perché masticava più degli altri di economia e di gestione amministrativa.
Tutti gli altri semplicemente erano convinti che tutto filasse liscio.
I bilanci venivano chiusi in utile, non c’erano problemi apparenti e per questo hanno ostacolato qualunque intervento necessario a fermare la grave emorragia di denaro che aveva colpito la loro attività, reputandola inutile.
Se Salvatore fosse stato solo a decidere per il bene della sua azienda non si sarebbe perso un anno di tempo, prezioso per risolvere i problemi di liquidità che, invece, sono solo peggiorati drasticamente.
In tutte queste circostanze, comuni alla maggior parte delle PMI che ho seguito fino ad ora, la soluzione migliore è l’autofinanziamento.
Sono fermamente convinto che l’autofinanziamento sia per una PMI il modo più sano e sicuro di crescere e garantire la continuità aziendale, in questo articolo voglio fartelo conoscere più da vicino.
Cos’è l’autofinanziamento?
L’autofinanziamento è una strategia per finanziare l’azienda senza far ricorso a fonti esterne.
Permette, infatti, di finanziare la crescita del fatturato e gli investimenti attraverso le risorse generate dall’attività caratteristica dell’azienda, in tutto o in parte.
Tra tutte, è la fonte di liquidità più trascurata dagli imprenditori e quella meno conosciuta.
È forse la più bistrattata perché meno facile da gestire e meno immediata rispetto ai finanziamenti bancari o al ricorso agli investitori.
Ciò nonostante rimane l’unica in grado di garantire una crescita progressiva e sostenibile, nonché totalmente controllabile dall’imprenditore.
Sfruttare l’autofinanziamento non vuol dire rinunciare ad altre fonti di liquidità.
L’autofinanziamento può essere inserito all’interno di una strategia di ottimizzazione finanziaria più ampia, come una delle fonti di finanziamento, ma può diventare l’unica modalità di finanziamento dell’azienda.
È estremamente flessibile perché si adatta sia in fase di start-up aziendale, che in fase di crescita o persino di declino.
In buona parte degli affiancamenti operativi di aziende in difficoltà, ad esempio, implementiamo procedure finalizzate ad accrescere la rilevanza dell’autofinanziamento nella struttura finanziaria aziendale, con risultati straordinari.
È l’ingrediente che ci permette di cambiare la sorte di tante aziende che, altrimenti, sarebbero destinate a chiudere.
L’autofinanziamento permette, infatti, di non bruciare risorse e di preparare l’azienda a ottenerne ancora di più nei successivi round di finanziamento, se e quando l’organizzazione e l’imprenditore saranno pronti a scalare.
Nella fase di crescita è ideale perché consente di ridurre il rischio di credito per l’azienda e il rischio imprenditoriale a carico dei soci.
Quando l’azienda è in fase di declino, poi, diventa lo strumento finanziario perfetto per massimizzare la redditività della liquidità già investita e ridurre gli esborsi finanziari a servizio del debito accumulato.
Non è stato immediato per me implementarlo nelle differenti condizioni in cui versavano le aziende che ho seguito.
Ci sono voluti anni di studio, tanta gavetta, innumerevoli ore spese a elaborare strategie, procedure, tecnologie e framework da adattare in base alla situazione finanziaria di partenza.
Ho dovuto riadattare un metodo che normalmente viene utilizzato dalle grandi multinazionali, quelle su cui mi sono fatto le ossa nei primi anni della mia carriera.
Quando mi sono reso conto che questo metodo, se opportunamente rielaborato, poteva essere applicato alle PMI, non ho esitato un attimo a mollare tutto per lanciarmi a piene mani in questa impresa.
Salvare il maggior numero di piccole e medie aziende, indirizzandole verso una crescita sana e indipendente dalle logiche, a tratti perverse, dei finanziamenti esterni, è diventata la mia missione.
Ho elaborato un metodo unico, che ha risolto oltre 1900 casi aziendali, e ad oggi ho fatto dell’autofinanziamento il mio Vangelo di vita, personale e professionale.
Credo profondamente che un’azienda in grado di autofinanziarsi possa alimentare la sua crescita tramite le risorse che genera internamente, cioè le risorse derivanti dall’attività caratteristica.
E un’azienda sana, in grado di muoversi sulle sue gambe e contando solo sulle sue forze non può che far bene alla sua comunità, contribuendo a far girare l’economia, generare ricchezza e creare posti di lavoro preziosi.
E non lo credo come chiunque può credere in una divinità.
Ci credo perché l’ho visto, sperimentato, collaudato, verificato e consolidato.
L’autofinanziamento è una tecnologia finanziaria concreta, che si fonda sulla configurazione del modello di business.
Dipende dalla tipologia di clientela, dalle relazioni con i fornitori, dall’organizzazione della produzione e dal ciclo di cassa.
O meglio, dal modo in cui l’imprenditore le progetta e le implementa.
Come misurare l’autofinanziamento?
Per misurare il grado di autofinanziamento di un’azienda si può utilizzare con buona approssimazione il margine operativo lordo, anche se non basta, perché lo misura solo in termini economici, ma non dice nulla sulla capacità finanziaria dell’azienda.
Per misurarlo in questi ultimi termini occorre calcolare il ciclo di cassa, quindi i tempi di incasso, i tempi di pagamento e la rotazione del magazzino.
Inserirlo tra le fonti di finanziamento che la tua strategia finanziaria prevede, permetterà anche a te di ridurre il rischio imprenditoriale e stabilizzare la crescita della tua azienda, senza dover più subire i tracolli derivanti da un ammanco da parte di una delle fonti esterne.
Come tutte, però, anche l’autofinanziamento presenta vantaggi e svantaggi, in base all’utilizzo che se ne fa.
Prima di inserirlo nella strategia finanziaria della tua azienda, quindi, è opportuno sapere bene a cosa si va incontro, nel bene e nel male.
Ecco le ragioni per cui dovresti implementare l’autofinanziamento nella tua azienda
#1 INDIPENDENZA E LIBERTÀ NELLE SCELTE IMPRENDITORIALI
Immagina per un attimo di non dover più trascorrere metà delle tue giornate a preparare documenti da inviare alle banche.
Niente più telefonate, nessuna anticamera, niente rinvii, fiato sospeso in attesa del responso finale da parte del direttore di filiale, più di tutto, nessun bilancio ritoccato.
Non hai più bisogno di dover spiegare nulla a nessuno, l’azienda è in grado di camminare sulle sue gambe e non ha bisogno di nessun tipo di supporto esterno.
E tu sei finalmente concentrato sul tuo lavoro, libero di fare le scelte che ritieni più opportune per il tuo business.
Questa è la sensazione che ha provato Anna, dopo decenni di dipendenza dalle banche, di scartoffie, solleciti, intimazioni al rientro, business plan, bilanci truccati… tutto per ottenere qualche spicciolo a costi proibitivi.
Questo è il primo “miracolo” che l’autofinanziamento è in grado di realizzare.
Quando siamo intervenuti per riorganizzare completamente la struttura dei costi aziendali e abbiamo reso le vendite più profittevoli, la sua azienda è riuscita a ricavare la liquidità che le serviva, dall’interno.
Un processo lungo e non certo facile, ma che in un anno e mezzo l’ha completamente sganciata dal giogo delle banche.
Il primo vantaggio che otterrai dell’autofinanziamento, quindi, è l’indipendenza e la flessibilità nelle scelte di investimento.
Seguendo questa strategia non dovrai più giustificare le scelte di investimento né alle banche né agli investitori.
Prenderai le tue decisioni più velocemente.
Sarai più rapido nel cogliere le opportunità di mercato e non perderai più tempo in processi burocratici inutili.
Potrai persino apportare cambiamenti al modello di business o ripensarlo integralmente, senza preoccuparti degli aspetti connessi alle fonti di finanziamento utilizzate, a prescindere che la tua azienda sia una start-up o debba attraversare una fase di rinnovo di asset e prodotti.
Non solo, se il tuo business è in grado di autofinanziarsi, puoi anche “licenziare” i clienti in perdita senza subire conseguenze derivanti dalle scelte finanziarie che hai fatto.
L’azienda di Anna, ad esempio, dopo essersi svincolata gradualmente dalle banche e dalla fonte di finanziamento basata tutta sugli anticipi fatture, ha potuto selezionare i clienti realmente profittevoli con cui andare avanti e interrompere i rapporti con quelli che non conveniva mantenere.
Non essendoci più alcun vincolo verso questo strumento finanziario, ha potuto farlo.
#2 SPINTA ALLA MASSIMA EFFICIENZA
Una struttura finanziaria impostata sull’autofinanziamento va a braccetto necessariamente con l’implementazione di un sistema di controllo di gestione strategico in grado di monitorare le entrate e le uscite.
Senza questo, sarebbe impossibile individuare eventuali inefficienze e intervenire sui reparti aziendali che drenano inutilmente liquidità.
Lavorando sul caso di Mattia, il produttore di articoli per biker, abbiamo applicato una procedura di spending review che ci ha permesso di tagliare costi non necessari e di ricavare la liquidità utile a ripagare il debito bancario e ad effettuare nuovi investimenti per la crescita del suo business.
Ma soprattutto, rinegoziando i debiti con la banca e ottenendo condizioni di pagamento del debito meno gravose e più in linea con i flussi di cassa aziendali, è stato possibile reperire le risorse di cui aveva bisogno per mandare avanti l’attività.
Sganciarsi dai finanziamenti bancari e attrezzarsi per contare solo sulle risorse che derivano dalla propria attività, costituisce un’ottima palestra per allenare il controllo sulle spese da effettuare, in funzione delle risorse che entrano.
Proprio le risorse limitate mettono l’imprenditore nelle condizioni di avere un maggior controllo di gestione sulle entrate e sulle uscite, in modo da valutare con crescente attenzione gli investimenti in asset, servizi e persone.
Una strategia di crescita che consente al business di svilupparsi con il minor impiego di risorse possibile, e quindi con una maggiore produttività, riducendo costantemente i costi.
L’autofinanziamento, inoltre, ti induce a prestare maggiore attenzione alle possibilità di risparmio, permettendoti di tagliare subito tutte le spese inutili e di evitare investimenti in asset che non sono strettamente necessari.
A un anno dal nuovo metodo di gestione delle finanze aziendali, Mattia, non solo ha ripagato buona parte dei debiti contratti con le banche, ma ha potuto controllare il ROI degli investimenti e delle spese che sosteneva, mantenendo solo quelle con ritorno positivo.
#3 CICLI DI CASSA PIÙ SOSTENIBILI
Dopo che Salvatore e i suoi soci si sono messi d’accordo sulla necessità di intervenire per arginare l’emorragia di liquidità, abbiamo lavorato immediatamente sul ripristino di un ciclo di cassa virtuoso.
Il problema fondamentale della sua azienda era, infatti, che pagava con largo anticipo le forniture, ma non riusciva ad ottenere pagamenti dai clienti prima di 90-120 giorni.
Quando la cassa gira così male, il fatturato può arrivare anche alle stelle, sul conto aziendale restano sempre pochi spiccioli.
Applicando alcuni dei nostri protocolli per arrivare all’autofinanziamento, la sua azienda è riuscita in poco tempo a implementare cicli di cassa più sostenibili.
Lo sforzo di non ricorrere più a finanziamenti esterni per alimentare il fatturato lo ha indotto, di fatto, a prestare maggiore attenzione nel mantenere un ciclo di cassa efficiente per la sua azienda, a prescindere dalle spinte del mercato.
Ha quindi ridotto le dilazioni di pagamento concesse ai clienti, creato offerte che prevedessero pagamenti basati sulle caratteristiche del livello di servizio connesso alla vendita.
In questo modo ha potuto finanziare buona parte della produzione.
Al contempo abbiamo lavorato sulle forniture per ottenere pagamenti più lunghi dai fornitori.
Nessun cliente e nessun fornitore diventa indispensabile quando disponi delle tecniche giuste, e questo ti permette di aprire il tavolo della contrattazione.
#4 MAGGIORE STIMOLO ALL’INNOVAZIONE
Lavorando con Anna per rimettere in sesto le finanze del suo maglificio sono rimasto impressionato dalla straordinaria evoluzione che ha seguito la sua catena produttiva.
Per anni avevano seguito un metodo di lavorazione dei capi ed elaborazione dei prototipi molto tradizionale e dispendioso.
Il fatto di beneficiare di risorse immediate e pronte ad essere utilizzate, da parte delle banche, non le permetteva di osservare quanto pesanti fossero certi processi organizzativi.
Riducendo drasticamente i finanziamenti bancari, le risorse sono diventate più scarse e la curva di apprendimento dell’imprenditrice e del suo team si è impennata e la comprensione di ogni aspetto rilevante per il successo del business si è amplificata.
Sono state prese decisioni di “make-or-buy” che mai erano state introdotte prima, lasciando in azienda solo le fasi di lavorazione a maggior valore aggiunto.
L’organizzazione era più stimolata a lavorare con efficienza in termini di costi e a sviluppare un set di competenze molto più versatile.
In più, la necessità di poter investire solo una parte delle risorse generate, l’ha spinta subito a creare prodotti e servizi allineati alle esigenze del mercato, che i clienti volessero comprare e pagare in fretta.
#5 RIDUZIONE DEL RISCHIO PER GLI ERRORI NELLA GESTIONE FINANZIARIA
Un po’ tutti gli imprenditori che ho assistito nella risoluzione dei problemi di liquidità, inclusi Salvatore, Mattia, Anna, in un modo o nell’altro, stavano rischiando il proprio patrimonio personale.
Succede quando l’indebitamento raggiunge un livello così elevato che i creditori, pur di recuperare parte delle somme che spettano loro, sono pronti a mettere le mani su ville di famiglia, conti correnti, collezioni private di gran valore.
Un rischio che aumenta tanto più, quanto più elevato è il valore del patrimonio personale.
Anna stava seriamente mettendo una taglia sulla prestigiosa villa di famiglia ereditata dal nonno, nella quale ancora viveva la madre, inconsapevole dei problemi dell’azienda.
Anche Salvatore rischiava la casa dei suoi genitori.
E Mattia?
Beh, lui aveva già firmato fideiussioni a garanzia dei prestiti bancari che non riusciva più a ripagare.
Comprendi bene che se le risorse vengono spremute dall’interno dell’azienda, nessuno ti chiede garanzie o si sogna lontanamente di mettere le mani sui tuoi beni.
Lavorare per mettere in sicurezza il patrimonio personale, in modo assolutamente lecito e trasparente, è parte del nostro Metodo di lavoro.
La famiglia è uno dei miei valori a cui tengo di più, tutto ciò che deriva da loro, anche una semplice fotografia scattata ad una delle mie figlie, per me ha un valore inestimabile.
Pensare di poter mettere a rischio anche solo un mattone di ciò che condivido con loro, mi farebbe perdere il sonno.
Anche solo immaginare la sofferenza e il senso di vergogna e frustrazione che prova un imprenditore che sta seriamente rischiando quanto ricevuto in eredità o costruito con ogni goccia di sudore, mi fa male.
Per questo mi impegno a diffondere il più possibile il ricorso all’autofinanziamento come fonte principale per alimentare le risorse necessarie alla propria attività.
Non accedere a risorse finanziarie esterne riduce il rischio di errori di gestione ma soprattutto riduce l’entità delle conseguenze che derivano da questi sbagli.
Certo, gli errori si commettono, ma si pagano in termini di mancate opportunità non di ripianamento finanziario magari garantito da qualche fideiussione personale.
#6 INCREMENTO DEL VALORE DELL’AZIENDA
“Non ci era mai capitato di essere corteggiati dalle banche”.
Queste sono state le parole di Salvatore, al termine del nostro percorso di affiancamento operativo.
Il fatto che l’azienda vada avanti principalmente grazie all’autofinanziamento determina un incremento del suo valore e del suo appeal per i finanziatori esterni.
Avviare un’attività con l’autofinanziamento e mantenerla in questo stato il più a lungo possibile, alimentando la crescita attraverso flussi di cassa operativi, porta ad una valutazione più elevata quando gli investitori mettono i soldi in società.
Non solo, anche le banche sono portate a concedere i crediti a condizioni migliori, se si decide di sfruttare anche questo canale.
In buona sostanza diventi un imprenditore più ricco, perché la tua quota in società non si diluisce cedendo prima del tempo le quote agli investitori esterni e la redditività del capitale investito remunera solo la tua partecipazione in azienda.
Non rimborsa il debito e non ci sono dividendi da distribuire agli azionisti.
Questi benefici possono essere traslati anche su aziende che stanno attraversando momenti difficili come quelli che tanti imprenditori vivono in questo periodo.
I veri svantaggi dell’autofinanziamento: puoi tollerarli?
Prima di avviare una nuova collaborazione con un’azienda, soprattutto se c’è in ballo l’implementazione dei protocolli necessari per introdurre l’autofinanziamento e sostituire altre fonti, ci tengo a mettere in chiaro tutti i possibili aspetti positivi e negativi a cui l’azienda andrà incontro.
Mi piace spiegare ogni procedura e ogni azione che verrà implementata e a quali conseguenze dovrà prepararsi l’impresa.
Faccio della serietà e della trasparenza valori fondanti della mia vita è della mia professione e tutti i miei Assistiti devono essere pienamente consapevoli delle conseguenze dei nostri interventi, sia prima, che durante la loro applicazione.
Uno di loro, Giovanni, titolare di un calzaturificio, aveva riscontrato a un paio d’anni dall’applicazione dell’autofinanziamento, ad esempio, che non riusciva più ad acquistare dai fornitori beneficiando della scontistica di cui aveva usufruito prima di seguire questa nuova strategia.
Non aveva torto, anzi, era pienamente consapevole che questo può essere uno degli svantaggi dell’autofinanziamento.
Gestire un’azienda che si autofinanzia è molto più impegnativo che sfruttare i finanziamenti esterni, non ne ho mai fatto mistero.
Ecco perché nei nostri percorsi di affiancamento operativo, mentre facciamo le cose che servono all’imprenditore lo formiamo (o formiamo il suo team) perché acquisisca una crescente autonomia operativa sul Metodo.
Per la stessa ragione, ci sono dei risvolti che, in prima battuta, possono darti la sensazione di aver fatto dei passi indietro, invece che in avanti.
In poche parole possono esserci degli svantaggi.
Uno tra tutti, quello che aveva riscontrato Giovanni, acquisti meno efficienti dai fornitori.
Almeno fino a quando non stipuli contratti di fornitura precisi.
Succede perché gli ordinativi sono fatti soltanto sul venduto e non puoi fare stock di magazzino, avvantaggiandoti degli sconti di quantità.
Se pensi, però, a tutte le risorse che rimarrebbero bloccate in magazzino, perché i prodotti non vengono venduti, tra i due mali, una scontistica inferiore è certamente il minore.
Ma è da tenere in conto.
Sempre per dovere di trasparenza devi sapere che questo non è l’unico lato negativo.
Un’azienda che si autofinanzia cresce più lentamente rispetto a una che usufruisce di finanziamenti esterni.
Si tratta però di una crescita più solida, ben pensata e soprattutto meno rischiosa.
L’acquisizione di asset e l’inserimento di persone, fattori fondamentali per la crescita aziendale, in questo caso vengono fatti in maniera più graduale, perché strettamente connessi all’incasso dei crediti verso i clienti e alla marginalità delle vendite.
Allo stesso modo potresti perdere opportunità di mercato, perché magari non ci sono ancora le risorse necessarie a finanziare una maggiore produzione e soddisfare richieste particolari da parte di un cliente.
Le risorse finanziarie di un’azienda che si finanzia da sola, infatti, sono disponibili solo in maniera progressiva e non in un’unica soluzione e immediata come avviene con i finanziamenti bancari o da parte degli investitori.
Anche l’accumulo di capitali in vista di nuovi investimenti richiede quindi più tempo, proprio perché progressivo.
Una condizione che, di conseguenza, può comportare anche uno stallo della crescita.
A ben guardare però si tratta solo di rinviarla a un momento successivo.
Non c’è il rischio di indebitarsi fino al collo solo per portarla avanti nel momento in cui lo si sceglie di fare.
Ogni decisione legata al business, secondo la strategia dell’autofinanziamento, viene presa sulla base di informazioni certe, verificate e concrete.
Questo avviene perché, come ti ho già accennato più su, l’autofinanziamento va di pari passo con l’implementazione di un sistema di controllo di gestione strategico, che permetta di monitorare l’andamento di tutte le variabili fondamentali per il successo del business.
Sotto certi aspetti può essere uno svantaggio, perché richiede un monitoraggio continuo, un lavoro costante, schemi abbastanza serrati perché deve restituire dati precisi e in grado di portare a galla immediatamente eventuali inefficienze.
In caso di perdite, anche se c’è il rischio che manchino le risorse per coprirle, è comunque un rischio ridotto o calcolato, proprio perché chi tiene le redini della struttura finanziaria sei tu.
Tenendo d’occhio sempre i numeri aziendali, ti accorgeresti subito di eventuali segnali di difficoltà e riusciresti a porre rimedio in tempo.
Quanto scritto, però, non vale in caso di perdite importanti, perché con l’autofinanziamento non c’è margine derivante dalle vendite e se l’imprenditore non ha le risorse, le perdite rischiano di non trovare copertura perché non ci sono investitori esterni.
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Nel mio libro Aziende che si finanziano da sole ho affrontato questo e altri temi in maniera più dettagliata, con esempi pratici presi dai progetti che abbiamo realizzato.
È un libro in cui si parla di finanza, di aziende, di azioni da fare per realizzare un’azienda in grado di crescere e di espandersi senza bisogno di risorse esterne e solo sulla base dei propri flussi di cassa.
Ma si parla anche di come applicare queste procedure alle aziende che attraversano dei momenti difficili, come quelle che tanti imprenditori stanno attraversando in questo periodo.
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Aziende che si Finanziano da Sole
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