

Quando è arrivata la prima lettera dell’avvocato della banca le sue paure si sono trasformate in realtà e ha iniziato a temere il peggio. Calogero aveva paura di perdere quell’immobile nel quale aveva investito i soldi frutto dei suoi sacrifici.
Non voleva arrivare al pignoramento della casa.
Avrebbe voluto negoziare con la banca e trovare un’accordo prima di arrivare alla vendita all’asta.
Ma per qualche motivo non c’era riuscito.
A niente erano valse le notti insonni a pensare ad una via d’uscita.
Ripensando al motivo per il quale il direttore gli aveva fatto mandare quella lettera, gli saliva il sangue al cervello. Uno sconfinamento di appena 10.000 euro che si era trascinato troppo a lungo solo perché non riusciva più a rientrare della somma presa in prestito.
Il direttore conosceva la storia di quel debito e Calogero non capiva perché si era accanito così tanto. Non se li era mica goduti o spesi per farsi una vacanza.
Quei soldi gli erano serviti per riacquistare la merce da vendere nella sua tabaccheria quando, quei ladri maledetti, erano entrati e si erano portati via tutto quello che c’era di valore. Dagli accendini preziosi ai tabacchi più pregiati. Le scatole con i sigari, i computer, la stampante… perfino il registratore di cassa avevano rubato.
Aveva dovuto ricomprare tutto per poter riaprire il negozio e per farlo aveva chiesto aiuto alla sua banca. Una piccola banca locale, con poche filiali e pochissimi dipendenti che erano per lo più persone originarie di quelle terre.
Persone conosciute, insomma.
Il direttore si era dimostrato disponibile ad aiutarlo all’epoca del furto, ma quando dopo un anno Calogero non era riuscito a rientrare dei soldi presi in prestito aveva iniziato a fare pressioni per farseli restituire.
Glielo ricordava tutti i giorni entrando a comprare le sigarette.
Qual è il momento giusto per iniziare a negoziare con la banca
Con il tempo i rapporti si erano guastati. Dalle semplici richieste con modi scherzosi il direttore era passato ai toni bruschi. Aveva perfino smesso di passare in tabaccheria.
Lo aveva convocato ufficialmente, comunicandogli che la banca non poteva più mantenere aperta la posizione nei suoi confronti e pretendeva la restituzione della somma con le buone o con le cattive.
Le cattive erano arrivate.
Quella lettera su carta intestata di uno studio legale significava solo una cosa. Il bisogno di farsi difendere da un avvocato che rispondesse per le rime a quelle parole minacciose che suonavano come un’estorsione a norma di legge.
Il primo professionista che ogni imprenditore sceglie per negoziare con la banca
In Italia si contano all’incirca 246.786 avvocati, per cui è statisticamente molto probabile che tu abbia un cugino, un amico, un conoscente o il cugino di un tuo amico che ha abbracciato la professione forense e per vivere difenda in tribunale persone e aziende.
Se sei un imprenditore o un commerciante la probabilità di conoscere questo “professionista amico” aumenta in maniera esponenziale, perché raddoppiano le possibilità che tu abbia avuto bisogno dei suoi servizi.
Non hai solo i problemi di un privato cittadino, ma anche quelli dell’azienda.
Dall’avvocato non ci vai solo in caso di problemi col condominio, litigi per l’eredità e divorzi ma anche per tutte le problematiche che derivano dall’attività d’impresa. Principalmente recupero crediti, ma anche qualche ricorso contro i problemi causati dalla burocrazia italiana.
Autorizzazioni, licenze, tasse, crediti, separazioni… l’avvocato amico ti supporta in tutto, è economico (quando non lavora apparentemente gratis) e conosce te, la tua famiglia e le tue condizioni.
Quindi, ti tratta bene…
Questo almeno è quello che pensano tutti gli imprenditori che ho conosciuto e che prima di affidarmi la gestione dei debiti della loro attività sono passati dalle “amorevoli cure” dell’amico avvocato e ne sono rimasti scottati.
Succede molto più spesso di quanto si creda.
Rimanere scottati, intendo.
Calogero come in tutte le altre occasioni in cui aveva avuto bisogno del consiglio di un legale era andato da suo cugino avvocato, che aveva lo studio nel paese vicino ed era sempre disponibile a dargli una mano.
Gli lasciava giusto qualcosa per coprire le spese, in contanti. Niente parcelle, preventivi, fatture… bastava la parola tra parenti.
Anche questa volta aveva preso i suoi documenti e si era recato nello studio di suo cugino che come al solito si era ritagliato il tempo per ascoltare tutta la storia. Senza fare troppe domande, aveva chiacchierato davanti ad un caffè e gli aveva detto cosa doveva fare.
Il cugino avvocato aveva la sensazione che c’era qualcosa che non quadrava nel calcolo degli interessi. Si vedeva ad occhio nudo. Probabilmente anatocismo, ma anche l’usura non si poteva escludere. Calogero doveva chiedere i documenti alla banca e poi avrebbero trovato qualcuno per fare una perizia.
Intanto il cugino avvocato avrebbe mandato una raccomandata infarcita di dettagli giuridici estratti dalle più recenti sentenze dei tribunali di tutta Italia, direttamente all’attenzione dell’amministratore delegato e al consiglio di amministrazione.
Era il mese di novembre.
Calogero aveva fatto la richiesta, ma la banca gli aveva risposto che avrebbe dovuto pagare circa dieci euro per ogni documento richiesto. E doveva portare la cifra in contanti, prima di ricevere i documenti.
Questa cosa gli puzzava di illegale e per questo prontamente avvisò il cugino, che nel dubbio confermò i suoi sospetti. Avrebbe inserito anche questa cosa nella lettera che stava preparando per inviarla all’amministratore della banca.
Intanto poteva risparmiarsi questa spesa.
La fortuna di avere un cugino avvocato, che tutela i tuoi interessi. Calogero tornò a dormire sonni tranquilli, in attesa che tutto si mettesse a posto.
Lui era disponibile a pagare, ma la banca doveva aspettare che avesse la possibilità di farlo.
Il cugino lo aveva rassicurato sul fatto che per quella cifra la banca non avrebbe mandato all’asta la casa.
Il momento in cui inizi a dubitare dell’avvocato che hai scelto per negoziare con la banca e perché conviene trovarne subito un altro
Qualche mese dopo gli arrivò a casa la notifica del decreto ingiuntivo.
La banca non solo non aveva risposto alla raccomandata che aveva inviato il cugino avvocato, ma aveva addirittura continuato a mandare avanti l’azione legale.
Per di più, la comunicazione era stata utilizzata come prova del debito nell’atto inviato dalla banca ed era il documento sulla base del quale il giudice aveva dichiarato il decreto “provvisoriamente esecutivo”.
Questo era quello che aveva inteso Calogero leggendo l’atto scritto l’avvocato della banca.
Subito si recò dal cugino avvocato che gli confermo la teoria sulla provvisoria esecutività del decreto. Non avevano i quaranta giorni di rito per presentare l’opposizione è interrompere l’azione legale in attesa del giudizio.
Il giudice aveva riconosciuto le ragioni della banca e aveva concesso che l’azione esecutiva si dividesse in due filoni.
Da un lato, opponendosi al decreto Calogero poteva controbattere argomentando le motivazioni per le quali non doveva quei soldi alla banca. Dall’altro la banca poteva procedere dopo dieci giorni con l’atto di pignoramento.
Nemmeno di fronte a questo errore evidente il cugino si tirò indietro.
Non lo fanno mai, fintanto che non sei tu a revocargli l’incarico.
Secondo il suo parere professionale la banca si era comportata in maniera scorretta e il suo collega non aveva rispettato i principi del loro codice deontologico. Se ne sarebbe occupato immediatamente, proponendo all’Ordine di sanzionare i comportamenti scorretti.
Calogero che si fidava di suo cugino, ma era un commerciante molto furbo e aveva iniziato ad indagare su internet e a navigare in rete a caccia di informazioni.
Ho controllato i dati del software che gestisce i contatti con i potenziali clienti. Aveva scaricato una delle mie guide gratuite a gennaio e da allora aveva letto tutte le mail informative.
Ma la fiducia nelle capacità di tuo cugino avvocato non crolla nemmeno di fronte all’evidenza della sua incapacità a gestire determinate questioni. Il rapporto che vi lega, la vicinanza geografica e la conoscenza personale sono delle componenti fortissime nella costruzione della fiducia.
È vicino e lo puoi raggiungere in ogni momento.
“Chi lo conosce a questo che invia le mail e chi mi dice che è vero quello che racconta?”
Non posso darti torto.
Molti imprenditori ragionano in questo modo per cui, se anche tu sei tra questi, non sentirti in colpa per nessun motivo.
La maggior parte dei clienti si affidano a me perché ho stretto rapporti di collaborazione con i professionisti che gli sono più vicini. Oppure quando gli altri hanno sbagliato e la situazione é diventata veramente drammatica.
I primi sono più fortunati dei secondi.
Calogero non é tra loro.
Il cugino è andato avanti a gestire il contenzioso con la banca fino a quando non é arrivato il temuto pignoramento della casa.
Solo in quel momento si é convinto a chiamarmi. Pochi giorni fa.
A distanza di 13 mesi dalla prima volta che é entrato in contatto con le informazioni che divulgo gratuitamente attraverso diversi canali e in una condizione molto difficile da rimediare, dopo aver letto tutto quello che si poteva leggere e dopo che la scarsa esperienza del cugino avvocato nella gestione delle negoziazioni con le banche era arrivato l’atto di pignoramento della casa.
Quali sono gli errori di tuo cugino avvocato che più di altri porteranno al pignoramento della casa
Dopo aver ascoltato la sua storia, approfondito le cause della sua crisi di liquidità ed aver fatto le domande necessarie ad inquadrare il caso, ho chiesto a Calogero di poter vedere tutta la documentazione che il cugino avvocato ha inviato alla banca.
I carteggi, come dicono loro in gergo.
Gli errori commessi sono balzati subito all’occhio del legale più giovane del mio Ufficio Studi (ho usato il caso come test per verificare la sua preparazione).
Vediamoli insieme, in modo che anche tu possa prendere in mano tutte le raccomandate inviate da tuo cugino che fa l’avvocato e possa capire, da solo, se la tua casa sta per finire all’asta come quella di Calogero.
Errore #1 – Inviare la comunicazione alla sede legale della banca, all’attenzione dell’amministratore delegato o del consiglio di amministrazione
Quando scrivi ad una banca, non stai scrivendo ad un entità astratta. Scrivi ad un’azienda, con una propria struttura organizzativa, dove ci sono persone che hanno dei ruoli e fanno delle cose.
A seconda delle dimensioni dell’istituto di credito ci sono sedi sparse sul territorio ed ogni sede avrà determinati uffici e competenze. All’interno di ogni ufficio ci sono delle divisioni dedicate alla gestione di determinati aspetti della vita della banca.
La gestione del contenzioso con i clienti (il reparto “crediti deteriorati” per intenderci) è quasi sempre centralizzata, ma distaccato dalla sede legale della banca, dove ci sono gli uffici dell’alta dirigenza.
Molti professionisti sembrano ignorare questi banalissimi principi di organizzazione aziendale e si limitano ad inviare le comunicazioni alla sede legale della banca, quella che si trova sui registri della Camera di Commercio.
Credendo che tanto basti perché è quanto prescritto sostanzialmente dal codice di procedura civile.
Peccato che, per quanto sia formalmente corretta e assolutamente valida quando si tratta di consegnare degli atti per avviare una causa, questa mossa sia un errore tattico banale quando devi negoziare con la banca.
Semplicemente perché la negoziazione non è obbligatoria e la banca può decidere di ignorare le comunicazioni ricevute ed il loro contenuto senza violare alcuna legge o principio etico.
La maggior parte delle proposte viene addirittura inviata all’attenzione dell’amministratore delegato della banca, con il risultato che quasi sempre le proposte vengono cestinate direttamente dalle segretarie o girate tramite posta interna agli uffici competenti.
Che quasi sempre gli fanno fare la stessa fine.
Ecco perché se nella copia delle lettere che hai in mano c’è l’indirizzo della sede legale della banca e il nome dell’amministratore delegato, dovresti preoccuparti seriamente del risultato ottenuto.
Errore #2 – Trasmettere una proposta transattiva senza argomentarla
Le proposte transattive sono delle comunicazioni di carattere più o meno ufficiale nelle quali una parte propone le sue condizioni per chiudere un contenzioso.
L’altra parte può accettare o meno la proposta ricevuta oppure può proporre condizioni differenti. Per decidere in un modo anziché in un altro deve raccogliere delle informazioni, valutare le soluzioni alternative e scegliere se aderire o meno all’offerta.
Questi principi di base sono tanto più veri quando da una parte c’è un imprenditore e dall’altra una banca.
L’imprenditore ha un debito, la banca usa il suo potere contrattuale e le condizioni di legge privilegiate di cui gode per chiedere il rientro della somma prestata.
Molti legali omettono tutte le informazioni utili a portare una banca a scegliere di accettare una determinata proposta anziché un’altra.
Non so se il motivo sia da cercare nel fatto che non lo ritengono necessario perché per dare valore alla proposta basta la carta intestata o se ignorano il modo in cui argomentare una proposta alla banca in modo da stimolare determinati meccanismi decisionali, ma so che non mi è mai capitato di leggere una proposta preparata da un avvocato esterno al mio network elaborata in modo da far capire all’ufficio contenzioso della banca che quella era la migliore soluzione possibile.
Occorre una motivazione valida per portare la banca ad accettare un pagamento diverso da quello che è previsto dal contratto e dalla legge, pertanto scrivere una proposta piena di parole in legalese per comunicare che su un debito di 100 si è disponibili a pagare 50 non è la soluzione giusta.
Nota bene.
Ho usato “portare” e non “costringere” perché il creditore non è obbligato ad accettare una transazione, ma bisogna fargli capire perché la banca dovrebbe accettare condizioni di pagamento diverse da quelle stabilite contrattualmente.
Errore #3 – Inserire nella proposta transattiva dettagli utili a provare il riconoscimento del debito
Uno degli errori più frequenti nell’impostazione di una negoziazione con la banca è quello di riempire la proposta di dettagli utili a provare il riconoscimento del debito senza esserne consapevoli.
Questo è il motivo per il quale molti decreti ingiuntivi vengono notificati con la clausola della provvisoria esecutività, che consente al creditore di continuare l’azione esecutiva e quindi il percorso verso il pignoramento dei beni senza necessità di discutere sulla correttezza degli importi richiesti.
Sembra un controsenso rispetto al punto precedente, ma molte delle proposte che mi sono capitate sotto mano nel corso degli anni non contengono tutte le informazioni che dovrebbero essere comunicate alla banca per favorire una risposta positiva alla proposta, ma contengono moltissimi dettagli che gli avvocati dei creditori possono sfruttare per richiedere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
Come se tra colleghi ci si facesse, involontariamente, un favore.
Il riconoscimento del debito è un concetto giuridico molto noto (prova a scriverlo su google) ma per qualche sconosciuto motivo molti degli avvocati di famiglia lo ignorano nel momento in cui devono affrontare la trattativa per la chiusura di un debito verso le banche.
Ma lo stesso discorso vale anche quando il debito è verso altri tipi di fornitori.
Quindi fai molta attenzione a quello che tuo cugino avvocato ha scritto nelle lettere inviate.
C’è il rischio che la negoziazione con la banca salti perché hai regalato al legale di controparte delle armi per dare più forza alla sua azione di recupero del credito.
Errore #4 – Confidare nel “potere” della raccomandata di interrompere le azioni legali
L’utilizzo della formula posta raccomandata nelle trattative serve sostanzialmente a fornire una data certa della comunicazione ed a garantire la ricezione del documento.
Il servizio postale viene utilizzato per dare ufficialità a questi due aspetti della comunicazione.
Nella prassi giuridica l’invio di un documento a mezzo raccomandata serve a dare inizio al conto alla rovescia inserito nel contenuto del documento. Si parte dalla data di ricezione per calcolare i giorni inseriti nella formula “…entro x giorni dal ricevimento della presente”.
Per velocizzare la comunicazione a volte la raccomandata viene anticipata da un fax. Le email e le PEC sono considerate ancora strumenti tecnologici per intenditori e appassionati dell’informatica.
Esiste però una consolidata prassi professionale secondo la quale una volta inviata la raccomandata si aspetta una formale risposta alla stessa, senza la quale tra colleghi non si va avanti per le vie legali.
Funziona così nella maggior parte dei casi.
Il problema è che nella negoziazione con la banca questa regola non scritta non esiste.
Non esiste sia perché la proposta transattiva non è un atto legale soggetto ad approvazione del tribunale, sia perché quando il tuo cugino avvocato scrive alla sede legale della banca, non sta scrivendo ad un suo collega, ma ad una società privata.
In quanto società non è tenuta a rispettare né i principi del codice deontologico né tantomeno le regole non scritte di un determinato ordine professionale. Conosciute o sconosciute, poco importa. La banca può ignorarle tranquillamente.
Questo è il motivo per il quale la raccomandata priva di risposta non bloccherà nessun tipo di azione legale avviata dalla banca nei tuoi confronti.
Ed il motivo per il quale, se entro 15 giorni dall’invio non hai ricevuto una risposta, dovresti seriamente iniziare a preoccuparti perché molto probabilmente il tuo fascicolo sta passando da una scrivania all’altra dell’ufficio contenzioso senza che tu ne sappia nulla.
Errore #5 – Credere che la negoziazione con la banca sia proporre una cifra bassa per poi aumentare l’offerta fino a quando non accettano
La tecnica di negoziazione basata sul partire da una cifra molto bassa per poi arrivare a quella giusta per l’accordo è una di quelle prese in prestito direttamente dai fumetti della Disney.
In particolare, chi la adotta era appassionato delle storie di Zio Paperone, il ricco miliardario famoso per il deposito pieno di monete d’oro e per la sua capacità di negoziare le condizioni di affari milionari, sfiancando la controparte fino a raggiungere la cifra desiderata.
Ogni trattativa dello Zione si chiedeva con l’avversario che, esausto, accettava un importo molto basso per chiudere l’accordo.
La negoziazione non è questo.
Senza voler fare un trattato teorico, in sintesi bisogna trovare un punto di equilibrio nella cifra offerta rispettando i parametri di scelta della controparte. Per argomentare la proposta devi conoscere anche in che modo il creditore fa le sue scelte.
Chiaramente è più facile negoziare con la banca se si conosce il perimetro entro il quale decide.
La tecnica per la quale si parte da un importo basso e poi, di fronte ad un rifiuto, si aumenta la somma offerta non solo è poco efficace, ma rischia seriamente di danneggiarti perché comunichi alla banca (che magari non ti risponde) due cose.
- Non sai come negoziare con gli istituti di credito, quindi sei una controparte debole e facile da battere sia prima delle azioni legali, sia in causa.
- Stai nascondendo dei soldi che hai ma che non gli vuoi restituire. Quindi, probabilmente se va avanti con la resistenza alla fine cederai ed otterrà quello che vuole.
Come evitare che questo succeda?
Impara ad argomentare la proposta nel modo corretto, formula delle offerte accettabili e giustifica l’aumento delle somme offerte in maniera credibile.
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Ora hai due strade davanti a te
Puoi ignorare tutto quello che hai letto in questo articolo e tornare ad affrontare i problemi della tua azienda come hai fatto fino ad ora, incrociando le dita nella speranza che il tuo amico avvocato non ti stia usando come cavia per sperimentare la sua capacità di negoziare con la banca.
Oppure puoi fermarti a riflettere su quello che hai appena letto e sulla mossa giusta da fare adesso.
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