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Ti è mai capitato di ritrovarti con meno soldi in cassa di quelli necessari a pagare le fatture, gli stipendi, gli F24 e le altre scadenze di fine mese? Se è successo, ho una brutta notizia da darti: questi sono indicatori di crisi aziendale.
Ad alcuni degli imprenditori che Assisto con il mio network professionale capita di vivere esperienze del genere e, quando succede, devono scegliere chi pagare e chi sacrificare a causa della mancanza di denaro.
Una situazione terribile per un imprenditore, nella quale è quasi sempre l’emotività a farla da padrona.
Sentimenti contrastanti annebbiano il cervello e fanno perdere lucidità anche a persone abilissime nel loro lavoro, che si trovano a vivere situazioni sconosciute e sono impreparati ad affrontarle.
“Non mi era mai capitato prima…”
Questa è la frase che sento ripetere più spesso da questi imprenditori.
È normale che quando ti mancano i soldi per rispettare gli impegni della tua azienda, arriva un punto in cui ti senti smarrito e confuso.
Il timore di non farcela, la paura di perdere tutto e quella maledetta sensazione di impotenza, prima o poi colpiscono ogni imprenditore in difficoltà finanziaria e non preparato alla gestione della crisi economica della sua azienda.
Ed è normale che quando sono le emozioni a guidare le tue scelte, il rischio di sbagliare, di buttare al vento i soldi, aumenti in maniera esponenziale.
Quindi oggi vorrei regalarti una strategia basata su 3 domande specifiche, che ti permetterà di ridurre il rischio di crisi aziendale.
La risposta a queste domande ti permetterà di avere a disposizione un criterio di scelta oggettivo e di non sprecare i pochi soldi che hai in cassa.
Se ti senti schiacciato dalla pressione dei creditori aziendali e non sai chi pagare per primo, le strategie che imparerai leggendo questo articolo, ti permetteranno di deciderlo senza mettere a rischio la continuità aziendale.
Decidere quale creditore pagare per primo, quando in azienda manca il denaro sufficiente a coprire tutte le spese, è come giocare alla roulette russa o, per essere più al passo con i tempi, come ritrovarsi in una partita di Squid Game.
In base alla mossa che decidi di fare, puoi vincere o perdere tutto quello che hai costruito.
Quando l’azienda è in crisi?
La stretta sui pagamenti è a tutti gli effetti un segnale di crisi aziendale.
Di quelli che si presentano di solito all’ultimo stadio di un lungo processo deterioramento della struttura finanziaria aziendale.
Come comportarsi allora in una situazione di crisi aziendale?
Quando si verifica, a meno che l’imprenditore non abbia i nervi saldi e una strategia ben chiara in mente, difficilmente riuscirà a compiere scelte giuste.
E non è un fatto di abilità nel proprio lavoro.
Ogni imprenditore sa svolgere il suo mestiere al meglio. Sa prendere decisioni complesse, per il bene della propria azienda, e affrontare le difficoltà che gli si parano davanti nell’acquisire nuovi clienti e servirli al meglio.
Sedersi alla scrivania ricoperta da fatture inevase e solleciti di pagamento, sapendo che la coperta finanziaria è così corta da non riuscire a coprire tutti, però, è un’altra storia.
Si materializza davanti ai tuoi occhi la possibilità che l’impresa non possa farcela.
Dopo mille battaglie vinte, questa potrebbe rivelarsi l’ultima.
Un’esperienza che può lanciare nel panico e costringere anche l’imprenditore più lucido e di polso a seguire solo l’onda emotiva del momento.
Questo, almeno, è quello che è successo a Teresa, imprenditrice di seconda generazione a capo di un’azienda con seri problemi di liquidità.
Da oltre quindici anni ha ereditato la sartoria di famiglia, in quel di Prato, specializzata nella creazione di capi leggeri per uomo e donna.
Gonne, abiti, camicie, realizzati artigianalmente con tessuti pregiati, ma anche accessori in pelle, sono i prodotti di punta del suo business.
Un’azienda che da 65 anni si è affermata a piccoli passi come punto di riferimento delle più note case di moda nazionali e internazionali.
Ereditata dal papà Italo, che ha iniziato producendo gonne in serie, Teresa l’ha portata ad un livello ancora più alto, riadattando la produzione e cucendo tessuti leggeri per capi più di tendenza.
Ha quindi dovuto ampliare i laboratori di produzione, acquistare nuovi macchinari, assumere personale, allargato gli spazi, rilevando un capannone su cui ha persino acceso un mutuo ipotecario per il quale la banca aveva chiesto garanzie aggiuntive.
“Solo una formalità, nulla di che, basta una firma”, le aveva detto il direttore di banca, che però aveva vincolato al destino dell’azienda l’appartamento nel palazzo storico ereditato dai genitori.
Il settore, in effetti, è parecchio particolare.
L’impostazione finanziaria si basa per buona parte sulle linee di credito attivate per la realizzazione dei lavori.
La creazione dei capi richiede l’anticipo di grosse somme.
Acquisto di tessuti pregiati, accessori, pietre, manodopera, sono tutte spese che rientreranno col tempo.
Le case di moda saldano ill lavoro solo 90/120 giorni dopo la consegna e tante volte anche oltre.
Quando le commesse arrivavano da stilisti emergenti, ad esempio, i tempi di incasso potevano diventare biblici.
Lavorare senza i finanziamenti bancari sarebbe stato impensabile per lei.
Anticipi ordini, sconti fatture e castelletti Ri.Ba erano gli strumenti più utilizzati dalla sartoria.
Tutto era sempre filato liscio.
Tra alti e bassi il lavoro non era mai mancato e Teresa era sempre stata in grado di onorare tutti i pagamenti, senza far mancare nulla a nessuno.
Quando la concorrenza cinese a Prato ha preso il sopravvento, però, le regole del gioco sono cambiate drasticamente.
Come uscire dalla crisi aziendale?
I problemi di liquidità aziendale non ti permettono di prendere decisioni lucidamente, te lo assicuro.
Negli ultimi anni, soprattutto nel pratese, le sartorie cinesi sono venute fuori come funghi.
I prezzi stracciati con cui realizzano i capi di abbigliamento hanno costretto le aziende come quella di Teresa a misurarsi con una concorrenza sleale è spietata.
Prima che i cinesi conquistassero il mercato tessile , l’azienda di Teresa creava all’incirca 35.000 capi all’anno.
Con il passare del tempo, però, le commesse sono diminuite, i clienti scappati uno dopo l’altro e la produzione drasticamente ridotta.
Anche il personale impiegato ha dovuto fare i conti con una crisi annunciata.
Per non lasciare nessuno a casa, molti di loro sono stati messi in cassa integrazione a rotazione.
C’era stato un periodo nel quale perdevano ordini che venivano annullati dopo che avevano già acquistato i materiali.
Tanti semilavorati forniti alle sartorie esterne di cui si servivano per alcune lavorazioni, sono rimasti fermi in magazzino, a causa del fallimento di molte di queste.
L’attività aziendale in pochi anni ha subito una vera e propria battuta d’arresto, un’impresa storica in stato di crisi aziendale.
Il fatturato era precipitato e l’azienda si era ritrovata ben presto a raschiare il fondo.
Il crollo del volume d’affari non era stato seguito da una altrettanto repentina riduzione dei costi che l’azienda era comunque chiamata a sostenere.
Nonostante la diminuzione del lavoro, le spese da onorare erano rimaste molto alte.
Affitto di immobili, fornitori, rate dei mutuo, piani di rientro sulle linee di credito, fisco, tutte voci di costo che non avevano subito la benché minima flessione.
Come fare ad onorarli tutti se l’azienda stava navigando in acque sempre più burrascose?
Bisognava fare scelte e farle velocemente, prima di superare le scadenze imposte.
Ma quando la liquidità inizia a venir meno questo diventa tutt’altro che un gioco da ragazzi.
Smarrimento, confusione, paura di non farcela, il timore di perdere tutto, una maledetta sensazione di impotenza hanno colpito Teresa.
Come risolvere una crisi aziendale?
Quando sono le emozioni a governare le decisioni, però, il rischio di buttare soldi al vento aumenta in maniera esponenziale.
Ed era esattamente quello che le stava succedendo.
Non era mai stato nel suo stile saltare il pagamento di una fattura o di una sola rata di mutuo.
Ritrovarsi nella situazione di chiedere continuamente dilazioni ai suoi creditori la stava uccidendo.
Aveva la sensazione di comportarsi esattamente come quei clienti che erano scappati da lei, dalla sera alla mattina, per maggiore convenienza.
Lei non avrebbe mai voluto fregare nessuno, avrebbe pagato tutti puntualmente come aveva sempre fatto, solo che questa volta le mancavano i soldi.
Gli errori che si commettono seguendo solo le proprie emozioni possono minare seriamente il futuro dell’impresa
Per un certo periodo Teresa aveva anche provato a tener fede agli impegni finanziari dell’azienda, cercando di accontentare tutti, nessuno escluso.
Ha strizzato fino all’ultima goccia di liquidità per soddisfare la banca e pareggiare le linee di credito concesse.
Ha tentato di tenere buoni i fornitori pagando loro una parte delle fatture presentate, anche se non a tutti.
Pensava che questi “contentini” sarebbero serviti a tenere tutti buoni ancora per un po’, nella speranza di trovare una soluzione e venir fuori da un momento così drammatico.
Ma se c’è una cosa che ho imparato nel mio lavoro, costantemente a contatto con le PMI, è che banche e fornitori non si accontentano mai delle briciole.
E che i problemi non passano solo aspettando.
Quando in ballo ci sono rate e fatture arretrate, per i creditori diventi una preda da divorare.
Le banche fiutano la crisi, peggio di un leone con una gazzella ferita, e fanno di tutto per “acciuffarla” e divorarla.
I fornitori, invece, diventano tanto più aggressivi quanto più delicata è la situazione finanziaria che anche loro si trovano ad affrontare.
In questo caso, l’aggressione diventa più una forma di difesa che di attacco vero e proprio.
Una logica che non ha fatto sconti neanche all’azienda di Teresa.
All’ennesima rata insoluta, la banca con cui aveva acceso i fidi le ha imposto un piano di rientro ai limiti dello strozzinaggio.
Spaventata da quest’azione così forte e inaspettata, dati i decennali rapporti di amicizia con il direttore dell’istituto di credito, Teresa ha destinato i pochi spiccioli che aveva al saldo degli anticipi concessi dalla banca.
Una mossa che può risultare letale se distrae somme dal pagamento di un mutuo ipotecario, come quello che aveva acceso Teresa anni addietro, per l’acquisto del nuovo capannone.
In un sol colpo, se la banca lo avesse deciso, poteva far sparire denaro e patrimonio immobiliare alla stessa velocità con cui un pilota cerca di tagliare il traguardo in una gara di Formula 1.
La situazione con i fornitori non era più confortante.
Teresa sperava di trovare in loro maggiore comprensione, almeno con i più storici, quelli che le rifornivano i tessuti più ricercati e con cui ormai aveva intessuto rapporti quasi amichevoli.
In prima battuta, in effetti, sono anche stati i più comprensivi e tolleranti, ma non a lungo.
Quando i tempi di attesa si sono protratti per oltre un anno e si sono resi conto che mancava la disponibilità di denaro per saldare i loro assegni, non hanno tardato a farsi sentire a suon di protesti.
La situazione finanziaria della sartoria ormai era critica, come quella di un paracadutista a cui non si è aperto neanche il paracadute d’emergenza, in piena caduta libera.
La liquidità era sempre più risicata, Teresa sempre più nel panico.
Ormai agiva solo mossa dall’angoscia di dover fare a tutti i costi qualcosa per arginare questa emorragia di denaro che non pareva arrestarsi né rientrare.
Così ha iniziato a tagliare costi che in quel momento riteneva superflui e non legati a doppio filo all’attività produttiva.
Ha quindi revocato l’incarico alle agenzie che si occupavano delle campagne promozionali e di marketing, ridotto la rete vendita e tagliato drasticamente gli investimenti nelle iniziative commerciali.
Queste attività potevano attendere, bisognava dare linfa alla catena produttiva, tornare a creare più capi possibile per venderli ai clienti rimasti.
Un’idea tutt’altro che felice, anche se comprensibile e comune alla maggior parte degli imprenditori, almeno nel breve periodo.
Nel medio-lungo periodo, eliminare quasi del tutto le iniziative commerciali si traduce nell’impossibilità a reperire nuovi clienti.
È come rinunciare a una grossa fetta di fatturato futuro, solo per tirare avanti la baracca ancora per qualche mese.
In pratica, allungare i tempi dell’agonia.
Come affrontare una crisi aziendale?
La bussola che ti guiderà nella scelta delle priorità di pagamento più strategiche, quando manca il denaro per pagare tutti
Quando l’azienda versa in condizioni finanziarie così delicate, la pressione dei creditori aumenta e riuscire a ragionare lucidamente sembra impossibile.
Il margine di errore aumenta in maniera esponenziale.
È un po’ come essere un elefante in una cristalliera, più ti muovi e più rischi di rompere qualcosa e arrecare danni sempre più gravi.
Ovviamente la cosa non è voluta.
Nessuno compirebbe azioni a danno della propria azienda, se solo avesse un’alternativa sul tavolo e fosse informato delle conseguenze di alcune scelte all’apparenza innocue.
E il nocciolo della questione è proprio questo.
Le conseguenze peggiori di un momento di difficoltà economica si possono evitare se si riescono a prevenire le conseguenze.
Quindi, anche se stai vivendo un momento difficile, cerca di mantenere la calma e di seguire questi pochi e semplici consigli operativi.
Ecco come superare la crisi aziendale.
Come selezionare i fornitori da saldare per primi e i costi da tagliare in modo razionale, quando il denaro inizia a mancare nelle casse aziendali
Tentare di accontentare tutti, come ha fatto Teresa, in maniera indiscriminata, ti farà perdere denaro più velocemente, senza che tu riesca a cavarne un ragno dal buco.
Presto i soldi finiranno e non ce ne sarà più per nessuno, né per i creditori più “mansueti” né per quelli più aggressivi.
Allo stesso modo, seguire la logica dell’accondiscendenza verso i creditori più rabbiosi, a discapito di quelli meno aggressivi, non vale come regola “salva impresa”.
È utile invece valutare attentamente quanto sia strategico un fornitore rispetto ad un altro, quanto “potere” ha di bloccare completamente la tua attività rispetto ad altri, semplicemente sospendendoti le forniture.
Discorso analogo va fatto per i debiti verso le banche.
Loro cercheranno di tirar via dall’azienda più soldi possibile, imponendo piani di rientro con tassi improponibili, intimidendoti con azioni aggressive che minacciano i tuoi conti correnti.
La reazione più spontanea, se hai ancora denaro, sarà quella di assecondarli, dimenticando, come ha fatto Teresa, quel mutuo a garanzia che, se resta insoluto, può portarti via anche la casa, oltre a bloccarti i conti.
E non serve neanche tamponare qua e là o accontentare i creditori pagando le rate più piccole, in attesa che entri maggior denaro per assolvere a quelle più grandi.
“Quindi cosa mi resta da fare? Pregare e sperare nel miracolo?”
Certo che no.
Tutto ciò che puoi fare, prima che si presenti una crisi in forma così acuta, ma soprattutto nel mezzo della tempesta, è porti tre semplici domande, per decidere chi dovrai pagare per primo:
- il fornitore mi torna utile per produrre nuovo fatturato?
- quali garanzie ho rilasciato a questo creditore?
- posso sostituire il prodotto oil servizio che mi sta fornendo?
Bada bene che queste domande funzionano anche per le banche, se imparerai a trattarle per quello che sono: fornitori di liquidità.
In base alle risposte che ti darai, puoi assegnare un punteggio e decidere le priorità di pagamento sulla base di questo.
L’utilità marginale della produzione del fatturato, ad esempio, è un criterio fondamentale quando ti mancano i soldi per pagare tutti.
Per la stessa ragione, bisognerebbe sempre ricordare il grado e il tipo di garanzia rilasciata.
Sono proprio loro a stabilire le priorità.
Prima di arrivare all’imposizione, come successo a Teresa, il direttore di banca può anche invitarti con aria amichevole e “strizzandoti l’occhio” a rientrare prima dei fidi e poi pagare il mutuo.
Ma ti assicuro che in questo modo non sta facendo i tuoi interessi.
Ducis in fundo, il grado di sostituibilità di un fornitore e la creazione di nuove relazioni di fornitura possono decretare il successo o fallimento dell’azienda in un momento di difficoltà finanziaria.
Ecco perché è importante porsi l’ultima domanda e decidere in base a questa se pagare o meno un fornitore che, in effetti, può essere serenamente sostituito con uno che propone condizioni più vantaggiose, ad esempio.
Rispondere in maniera oggettiva a queste domande ti permetterà di mantenere il controllo, anche quando le emozioni prendono il sopravvento.
Perché la situazione cambi, devi sapere cosa rischi quando compi determinate azioni o fai determinate scelte e ridurre al minimo questi rischi, mentre ti occupi del tuo lavoro da imprenditore.
Facile a dirsi, ma non a farsi, lo so bene.
Cosa fanno gli imprenditori?
Nessuno ti ha mai insegnato questo mestiere e men che meno a destreggiarti con la crisi finanziaria della tua impresa.
È già tanto riuscire a cavare qualche parola in più al commercialista, per riuscire a risparmiare sul fisco o non avere errori in contabilità.
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Girare la testa dall’altra parte, ignorare le mille lotte che deve affronta ogni giorno, fregarsene dei suoi problemi o addirittura cercare di fregarlo, per me, vuol dire togliere alla società le speranze di evoluzione.
Tu sei il motore che fa girare l’economia, senza di te, Teresa e molti altri coraggiosi eroi che si alzano ogni mattina e aprono i cancelli della propria attività nonostante tutto e tutti, la società si siederebbe a terra in un attimo.
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